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Una donna può adottare la figlia della propria compagna per tutelare il suo equilibrio affettivo

Il tribunale per i minorenni di Bologna permette a una donna di adottare la figlia della propria compagna con cui è unita civilmente. Nella sentenza si legge che la famiglia è caratterizzata da “equilibrio affettivo” e che la coppia è “a tutti gli effetti una famiglia”. È l’ennesimo caso di stepchild adoption per una coppia omosessuale.
A cura di Maurizia Marcoaldi
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"È una famiglia dai solidi legami emotivi, organizzata rispetto ai ruoli e funzioni, in cui la coppia genitoriale è molto competente, sia sul piano materiale che su quello affettivo". Con questa motivazione il tribunale per i minorenni di Bologna si è pronunciato a favore della richiesta di adozione da parte di una donna nei confronti della figlia naturale della compagna con cui è unita civilmente. La decisione, espressa nella sentenza 116/2017, rende di fatto effettiva la stepchild adoption in una coppia omosessuale.

Il caso preso in considerazione dal tribunale di Bologna

Nella sentenza si legge che la coppia si era rivolta a una clinica all'estero per "iniziare il percorso di genitorialità" perché "desiderosa di allargare la propria famiglia". I giudici nella sentenza stabiliscono come il nucleo famigliare preso in considerazione abbia "solidi legami emotivi" e di come sia "organizzato rispetto ai ruoli e funzioni, in cui la coppia genitoriale è molto competente, sia sul piano materiale che su quello affettivo". Appare inoltre chiaro il legame di affetto con la "seconda mamma" alla quale la bambina si rivolge per l'appunto con questo appellativo. Si parla inoltre di "equilibrio affettivo".

Inoltre si legge che "la relazione della coppia si distingue per solidità affettiva, costanza nel tempo e comunanza di obbiettivi, al punto da dovere essere considerata, a tutti gli effetti, una famiglia".

Per il tribunale la bambina è sempre stata trattata come una figlia da parte di entrambe le madri e la donna che ne chiede l'adozione ha sempre provveduto al suo mantenimento, alla sua educazione e alle sue esigenze di crescita nella vita quotidiana.

La legge in Italia

In Italia l’adozione del figlio del coniuge è prevista per le coppie eterosessuali sposate da almeno tre anni o che abbiano almeno alle spalle tre anni di convivenza. A stabilirlo è la legge 4 maggio 1983, n.184 “diritto del minore a una famiglia”. Tale disposizione permette l’adozione del figlio del coniuge qualora vi sia il consenso del genitore biologico e a “condizione che l’adozione risponda all’interesse del figlio”. È richiesto il consenso del figlio qualora abbia compiuto 14 anni. Se dovesse invece avere un’età compresa tra i 12 e i 14 anni allora il ragazzo può essere ascoltato e il giudice può tenere comunque conto della sua opinione. L’adozione non è quindi automatica ma è di volta in volta il tribunale a doversi esprimere, analizzando anche “la capacità educativa, la situazione personale ed economica e l’ambiente familiare” che andrà ad accogliere il giovane. Questa legge fino al 2007 riguardava solo le coppie sposate e poi è stata estesa di fatto ai conviventi eterosessuali. La stepchild adoption non riguarda però le coppie omosessuali.

Ddl Cirinnà

La stepchild adoption era stata inserita all'interno del disegno di legge Cirinnà, ma il testo approvato in via definitiva dal parlamento l'ha esclusa. L'articolo 5 del ddl conteneva la possibilità che il genitore non biologico potesse adottare il figlio naturale o adottivo del partner. La norma era stata pensata soprattutto per rispondere alle esigenze di figli di coppie omosessuali già esistenti, nati per lo più all'estero grazie alla procreazione assistita. Questi bambini in Italia risultano figli di un solo genitore, quello biologico, e con la stepchild adoption si voleva evitare che, in caso di malattia o impossibilità dell'unico genitore, il minore potesse rimanere privo di assistenza o magari coinvolto in possibili contese familiari. Con la stepchild adoption l'altro genitore, che fino a quel momento ha svolto comunque attivamente il suo ruolo pur non essendo riconosciuto per legge, avrebbe potuto occuparsene, avendone legalmente diritto.

Quindi il testo approvato non prevede che si applichino all'unione civile le disposizioni stabilite dalla legge 4 maggio 1983. Tuttavia il primo riconoscimento di fatto di un'adozione omosessuale è avvenuto nel 2014. E oggi anche la sentenza del tribunale dei minori di Bologna si muove su questa scia.

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