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Takashi Murakami in mostra a Milano

Il frizzante artista giapponese è in mostra a Palazzo Reale, nella Sala delle Cariatidi, dal 24 luglio al 7 settembre. Il manga e la fantascienza, l’attualità e la cultura, tutto convive e brilla nell’estetica pop di Murakami.
A cura di Gabriella Valente
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Una “sorpresa estiva”, così è stata definita dall’assessore alla Cultura di Milano, Filippo Del Corno, la mostra di Takashi Murakami, aperta da oggi 24 luglio fino al 7 settembre nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale.

Per il brillante artista giapponese, acclamata star dell’arte contemporanea internazionale, si tratta della prima esposizione in un’istituzione pubblica italiana: per l'occasione arrivano in Italia diverse serie di lavori recenti, in una proposta inedita che da un lato indaga le rinnovate modalità espressive dell'artista e dall'altro rappresenta appieno la sua estetica superflat, lo stile super-piatto, super-superficiale, che lo contraddistingue e che sprizza energia e colore nel particolare mix di pop, tradizione e sottocultura.

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Takashi Murakami – Il ciclo di Arhat è il titolo della mostra, che si apre con la grande scultura argentata e riflettente dell’Oval Buddha Silver e prosegue con i tre Arhat, tre dipinti di grande formato, lunghi dai 5 ai 10 metri, che prendono il nome dal termine sanscrito che significa “essere che ha raggiunto l’illuminazione”: in uno stile pop e fumettistico che si mescola all’attualità, alla religione, alla cultura alta e alla tradizione giapponesi, le immagini pullulanti di bizzarri personaggi rappresentano – come narrato in un antico racconto giapponese – la condizione dei monaci buddisti che affrontano il declino e la morte, e insieme a mostri demoniaci vagano, decrepiti, attraverso paesaggi psichedelici. Queste grottesche visioni in stile manga vogliono essere la recente risposta di Murakami alla tragedia del terremoto del 2011 in Giappone e del disastro di Fukushima. Dietro il tratto fumettistico piatto e brillante sono dunque elaborati riferimenti di diverso genere.

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Accattivante la serie degli autoritratti, dove l’artista si dipinge più buffo ed eccentrico di quanto non sia già nella realtà: occhiali tondi, barbetta, codino, bermuda e camicie di fantasie stravaganti. La sua figura posa su sfondi psichedelici, fantascientifici o su cumuli di teschi colorati, altro tema ricorrente della mostra correlato al dramma di Fukushima.

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Giocoso e serio, pop e colto, internazionale e profondamente legato alla tradizione giapponese, Takashi Murakami realizza icone monumentali della società del Giappone contemporaneo. È evidente, e per di più dichiarato dall’artista stesso, il fascino subito dallo stile e dalle modalità di produzione adoperati da Jeff Koons e, sopra ogni altro, Andy Warhol; ma i riferimenti estetici di Takashi e le sue fonti di ispirazione rimangono connesse all’Estremo Oriente. Proprio come Warhol, Murakami ha fondato una factory, la Kaikai Kiki, azienda e collettivo di artisti per la produzione, la promozione e il sostegno degli artisti giapponesi emergenti. Sempre come Warhol, ha fatto di sé un artista commerciale e della propria arte un prodotto in serie, lavorando per Louis Vuitton ed altri marchi famosi e producendo per il consumo di massa oggetti in stile Murakami di tutti i tipi, come agende, caramelle, giocattoli, skateboard, t-shirt.

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Neppure il cinema ha tralasciato: negli ultimi dieci anni l'artista ha realizzato un lungometraggio che mescola riprese dal vero e immagini generate al computer, per un risultato brillante, nitido e fumettistico, come i suoi dipinti. In occasione della mostra milanese, il film, Jellyfish Eyes, sarà proiettato presso l’Apollo spazioCinema questa sera, giovedì 24 luglio, alle ore 20.

Per tutte le immagini: © Comune di Milano – Flickr 

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