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Scambio embrioni: i test del DNA confermano, ma non sono della coppia che ha sporto denuncia

All’origine dell’errore ci sarebbe un caso di semi-ominimia tra le due donne coinvolte. Cinque delle sette leggere dei loro cognomi sono le stesse.
A cura di D. F.
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In alcuni pazienti in cui la patologia progredisce in una maniera sorprendentemente lenta, i ricercatori del San Raffaele di Milano avrebbero individuato 47 variazioni in una precisa porzione del genoma, la scoperta potrebbe aprire la strada verso nuove strategia di prevenzione

Gli esami del DNA hanno confermato ieri che lo scambio di embrioni all'ospedale Pertini di Roma in effetti c'è stato. "Gli ultimi riscontri – ha detto il ministro della Salute Beatrice Lorenzin – dimostrano l'ipotesi sollevata fin dall'inizio dall'ispezione ministeriale: si tratta di uno scambio tra due sole coppie, per un errore umano provocato dalla quasi omonimia dei cognomi di due pazienti e dalla insufficiente qualità delle procedure di sicurezza e tracciabilità". I test hanno dunque confermato l'incompatibilità genetica  già riscontrata dalla clinica Sant'Anna in due casi su 5 presi sotto esame. Una donna, dunque, sta portando avanti una gravidanza con due gemelli non suoi. La notizia però è che quegli embrioni non appartengono alla coppia che ha sporto denuncia.

La Procura di Roma ha acquisito i risultati dei test e sulla vicenda ha aperto un fascicolo processuale al momento senza indagati né ipotesi di reato: al momento gli inquirenti stanno vagliando il profilo penale della storia e al momento sembrano non emergere responsabilità penalmente rilevanti, mentre gli strascichi potrebbero esserci a livello civile. Con ogni probabilità l'errore sarebbe stato compiuto per un caso di semi-omonimia tra i cognomi delle due donne interessate, che hanno in comune cinque lettere su sette. Il ministro ha spiegato: "Che si tratti di uno scambio limitato alle due coppie è stato confermato dagli esami del Dna. Gli ispettori del ministero e del Centro nazionale trapianti, inviati dal ministro della Salute e coordinati dal direttore del Cnt  hanno indicato come aggiornare procedure e standard di sicurezza". "Il loro compito è per il momento terminato. Riprenderà tra circa 20 giorni quando si tratterà di verificare se tutto è stato ricondotto a norma per poter dare il permesso al ripristino dell'attività. Nel frattempo il ministero si aspetta che la Regione acceleri il percorso di accreditamento e certificazione dei centri regionali".

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