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“Sarà presidente”. La previsione dello storico americano sulla vittoria di Donald Trump

La vittoria di Donald Trump non è arrivata come un fulmine a ciel sereno per il professor Allan Lichtman, storico statunitense che mesi prima della consultazione elettorale dell’otto novembre aveva previsto con estrema sicurezza l’ascesa e il trionfo del tycoon americano.
A cura di Charlotte Matteini
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Presidente Trump

I sondaggi hanno fallito clamorosamente, gli esperti hanno sbagliato analisi e i grandi giornalisti e politologi che hanno sostenuto fino all'ultimo secondo una praticamente certa vittoria di Hillary Clinton, data quasi per scontata, hanno visto crollare le proprie convinzioni con l'imprevista elezione del tycoon americano Donald Trump, divenuto il 45° presidente degli Stati Uniti d'America grazie al voto di 290 "grandi elettori". La vittoria di Trump ha sorpreso un po' tutti, tranne una persona: lo storico statunitense Allan Lichtman, professore alla American University di Washington e famoso per le sue previsioni estremamente esatte, non ne sbaglia una del 1984, basate su un metodo che non prende affatto in considerazione i sondaggi. Il professor Litchman, mesi e mesi prima della nottata elettorale, aveva predetto il trionfo di Donald Trump grazie a un questionario – il "Keys to the White House" – composto da 13 semplici domande a risposta chiusa da lui ideato attraverso l'attento studio delle elezioni americane tenutesi dal 1860 in avanti. Tutti i quesiti proposti da Litchman prevedono una risposta oggettiva, meno le ultime due, e alle domande si può rispondere solamente con "vero" o falso". Ogni "vero" è un punto a favore del partito attualmente in carica e viceversa.

Per capire meglio le previsioni dello storico statunitense, ecco una traduzione del celebre questionario:

1) Il mandato del partito: dopo le elezioni di metà mandato, il partito in carica ha guadagnato seggi alla Camera dei deputati rispetto alle precedenti elezioni di metà mandato.

2) Competizione: non c’è stata competizione per la nomination del partito in carica

3) Il presidente in carica: il candidato del partito alla Casa Bianca è il presidente in carica

4) Terzo partito: non c’è una presenza significativa di un terzo partito o di un candidato indipendente

5) Economia a breve termine: l’economia non è in recessione durante la campagna elettorale

6) Economia a lungo termine: la crescita economica pro capite durante l’ultimo mandato è stata maggiore o uguale a quella dei due mandati precedenti

7) Riforme: l’amministrazione in carica ha effettuato importanti riforme

8) Instabilità sociale: non c’è stata una significativa instabilità sociale durante l’ultimo mandato

9) Scandali: l’amministrazione in carica non ha subito scandali importanti

10) Fallimenti militari o in politica estera: l’amministrazione in carica non ha subito importanti fallimenti militari o in politica estera

11) Successi militari o in politica estera: l’amministrazione in carica ha raggiunto importanti successi militari o in politica estera

12) Carisma del candidato del partito in carica: il candidato del partito in carica è carismatico o è un eroe nazionale

13) Carisma dello sfidante: il candidato del partito sfidante è carismatico o è un eroe nazionale


"Il mio pronostico non è influenzato dalle opinioni,
ma è solo frutto del sistema. Quest’anno Trump ha reso la previsione molto più complicata del solito, ma secondo il sistema vincerà: i democratici sono andati male alle elezioni di metà mandato, il presidente in carica non è in gara, non ci sono state grandi riforme come quella sanitaria effettuata nei primi quattro anni di Obama, non ci sono stati importanti successi in politica estera e Clinton non ha il carisma del suo predecessore", spiegò lo stesso Litchman al Corriere della Sera lo scorso 1 ottobre.

Nonostante la previsione abbastanza positiva per Donald Trump, Litchman sottolineò "non si è mai visto un candidato come Donald Trump: non ha mai fatto politica, è un bugiardo, ha incitato alla violenza nei confronti della sua avversaria, ha persino invitato una potenza straniera e ostile a immischiarsi nelle elezioni americane. Anche Ronald Reagan aveva avuto un paio di episodi discutibili, ma niente come quello che abbiamo visto quest’anno". E proprio per questo motivo il candidato atipico, quello che non avrebbe avuto alcuna opportunità di diventare il nuovo inquilino della Casa Bianca, potrebbe "rompere i pattern della storia" e "andare contro i pronostici nonostante la storia sia a suo favore", spiegò Litchman. Ma ciò non è avvenuto, Trump ha vinto ed è il nuovo presidente degli Stati Uniti d'America.

Secondo lo storico l'ascesa del tycoon americano è attribuibile ad alcuni fattori: "alla polarizzazione della politica e del partito repubblicano — soprattutto grazie al movimento ultraconservatore dei Tea Party — negli ultimi anni: oggi non esiste più alcuna connessione fra gli elettori e i leader del partito, e Trump ha saputo conquistare il sentimento dell’America conservatrice dicendo cose che i politici tradizionali non hanno il coraggio di dire". In secondo luogo, l'appoggio dei Repubblicani è invece spiegabile chiarendo un particolare che spesso viene ignorato: "C’è solo una ragione per cui il partito repubblicano ora ne sta appoggiando la candidatura: il seggio vacante alla Corte Suprema. I repubblicani faranno di tutto per evitare che sia Clinton a nominare il giudice mancante e scongiurare trent’anni di Corte Suprema democratica. E non escludo la possibilità che, una volta nominato il nono giudice, il partito chieda l’impeachment di Trump e porti alla Casa Bianca il suo vice Mike Pence, l’uomo che vogliono davvero: religioso, conservatore e amato dalla destra americana".

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