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Salvini contro la Curia di Bologna: “A Bergamo delocalizza e lascia in strada 50 famiglie”

L’attacco del leader leghista che accusa la Diocesi di aver chiuso la sede Bergamasca della Faac ereditata dall’ex proprietario. Ma la Curia replica: “Non è la Diocesi a gestire la Faac ma un trust”.
A cura di Antonio Palma
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Dopo i botta e riposta a distanza con il segretario della Cei, il leader leghista Matteo Salvini di nuovo contro le istituzioni ecclesiastiche cattoliche. Questa volta lo scontro è con la Curia di Bologna accusata da Salvini di aver chiuso la filiale Faac nel bergamasco lasciando in strada 50 addetti e le relative famiglie. "Io sto con la Chiesa che parla poco e fa tanto e anche il vescovo di Bergamo, Beschi, anziché attaccare me, faccia una telefonata al vescovo di Bologna, che ha chiuso la Faac e lasciato tanti italiani senza lavoro" ha attaccato infatti il leader del Carroccio Matteo Salvini dal palco della Bèrghem Fest di Alzano. "Lasciare a casa 50 persone a Grassobbio nel nome del profitto, per chiudere in Italia e aprire in Bulgaria, non mi sembra una scelta degna dello spirito di una Curia. Se parlassimo di una fabbrica in crisi potrei capire, ma qui c’è un impresa che guadagna alla grande e mette in difficoltà 50 famiglie" ha poi insistito Salvini al Corriere di Bologna, annunciando di voler chiedere un incontro con il cardinale Carlo Caffarra.

"Mi stupirei se a tanta attenzione da parte dei vescovi per i profughi che sbarcano si accompagnasse la scelta di chiudere un’azienda. Per un imprenditore privato vige la regola del mercato, ma la Faac non è un’azienda qualsiasi: è della Curia bolognese" ha sottolineato ancora Salvini. La risposta della Curia bolognese però non si è fatta attendere. Il vicario generale, monsignor Giovanni Silvagni, infatti ha replicato: " Ogni persona di buon senso e minimamente informata ha ben presente che non è la Diocesi a gestire la Faac. Noi non gestiamo i finanziamenti, né il personale, né le filiali che vengono aperte o chiuse nel mondo. Tutte queste decisioni non sono di nostra competenza". La Curia infatti dopo aver ereditato da Michelangelo Manini l'azienda ne ha affidato la gestione a un trust. L’Arcidiocesi resta beneficiaria dei dividendi, ma la nuda proprietà, le azioni e il diritto di voto sono stati da allora trasferiti ai componenti del trust, che ha durata trentennale.

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