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Omicidio della tabaccaia, Folletto condannato a 30 anni di carcere

Il killer della tabaccaia di Asti, Maria Luisa Fassi, reo confesso, è stato condannato a 30 anni di reclusione. L’accusa aveva chiesto l’ergastolo. L’uomo si era difeso, affermando di avere agito perché disperato per i troppi debiti.
A cura di Biagio Chiariello
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Pasqualino Folletto, l’ex magazziniere che il 4 luglio scorso uccise per rapina con 44 coltellate Maria Luisa Fassi nella tabaccheria di corso Volta, ad Asti, è stato condannato a 30 anni di reclusione. E’ stato il giudice Alberto Giannone ad emettere la sentenza. “Una sentenza in linea con quanto richiesto”, ha commentato il pm Luciano Tarditi. “È di fatto un ergastolo”, ha aggiunto il legale di parte civile delle famiglie Fassi e Vignale, Pierpaolo Berardi. Folletto, 47 anni, presente in aula al momento della condanna, aveva deciso di farsi giudicare con rito abbreviato proprio per evitare il carcere a vita, chiedo dall'accusa. I reati a carico dell'uomo erano rapina premeditata con armi e omicidio aggravato della crudeltà.

Folletto aveva subito confessato ai carabinieri e al pm l'omicidio della Fassi. “Il nostro assistito ha risposto in modo sincero, tra le lacrime, a tutte le domande – hanno riferito gli avvocati che lo assistono, Silvia Merlino e Stefano Romagnolo – e ha ribadito di avere agito perché disperato per i troppi debiti, con le banche e con i parenti, che si era fatto per pagare le cure della figlia malata”. "La moglie del nostro assistito – avevano aggiunto i difensori – è addolorata e sconvolta. Non si immaginava neppure lontanamente una cosa del genere e verrà presto in carcere a trovare il marito".

Folletto sapeva che nella tabaccheria di via Volta non c’erano telecamere di sicurezza. Ad incastrare erano stati fotogrammi ripresi da una telecamera di un locale vicino alla tabaccheria. A quel punto era arrivata la confessione. I suoi legali avevano puntato forte sul fatto che il 47enne fosse affetto da ludopatia (il vizio del gioco). Proprio le 44 coltellate sarebbe stato un sintomo di compulsività tipica dei giocatori patologici, secondo gli avvocati.

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