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Non tutto è perduto, ancora

Se la politica riuscirà a tornare alla sua funzione di guida del paese l’Italia ha ancora delle chanches da giocare: c’è una vitalità sotterranea che non emerge nei numeri macro ma si nota in tante iniziative sul territorio…
A cura di Luca Spoldi
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Napolitano-elezione

L’Italia ha bisogno di un governo e un governo forte, autorevole, in grado di governare bene, essere presentabile ai partner europei, fare le necessarie riforme che ridefiniscano l’ambito dello stato sociale e riducano i suoi costi e gli sprechi (della politica e non solo), che moralizzi la vita pubblica e privata (vogliamo parlare dei milioni di euro di bonus che nel 2012 sono stati ancora distribuiti ad amministratori incapaci di grandi e medie aziende, banche e assicurazioni in tutta Italia?), che riduca un fisco asfissiante e una burocrazia opprimente, che consenta alla “generazione perduta” dei 25-35enni di tornare ad avere qualche prospettiva di un futuro migliore senza aspettare che tra 10 o 15 o 20 anni, magari al traino dell’Asia o dell’Africa, l’economia si riprenda da sola e torni a crescere. Così è veramente stucchevole vedere la continua “melina” tra il vuoto che avanza e il vuoto che non vuole andare via: se qualcuno dei nostri rappresentanti crede di avere una ricetta valida (e ve ne sono a mio modo di vedere, certo bisogna avere le competenze idonee per svilupparla e proporla in sede europea) chieda l’incarico, formi un governo, ottenga i voti necessari e inizi a governare.

Se avrà avuto ragione (anzi, se avranno visto che dovremo per forza di cose vedere una “grande coalizione” formata da almeno due gruppi su tre dei principali raggruppamenti emersi dall’ultima tornata elettorale) bene: si vedranno i primi risultati e gli italiani sapranno ricompensare i propri salvatori. Se avrà/avranno avuto torto, vae victis, uno o più raggruppamenti politici imploderanno e comunque la situazione si sbloccherà e si potrà fare un altro tentativo dopo una nuova consultazione che a quel punto, si spera, avverrà con regole migliori del “porcellum” che ci ha regalato questo equilibrio auto-bloccante che non fa bene all’economia di un paese dove ogni giorno mille aziende chiudono i battenti, due o tre mila persone in più battono la testa e non sanno come arriveranno a fine mese, i giovani per avere un’opportunità debbono sempre di più guardare all’estero e 2.000 euro di debito, di cui 170 da rinnovare da qui ad agosto, restano sotto la minaccia di nuovi “downgrade” sia da parte delle agenzie di rating (quello di Moody’s è nell’aria da qualche giorno e potrebbe materializzarsi entro la prossima settimana in caso di ennesima fumata nera dai palazzi della politica) sia dei mercati stessi, già resi nervosi dal “pasticciaccio brutto” (anche se alla fine non così dannoso, forse e comunque difficilmente evitabile) di Cipro.

Non tutto è perduto, a patto che ci si muova con decisione e con idee chiare (ribadisco: idee in grado di fronteggiare un’emergenza che si valuta in miliardi di debito a rischio e milioni di posti di lavoro persi, non in poche decine o centinaia di milioni di euro e qualche migliaia di posti di lavoro da “rimoralizzare”). La cosa positiva è che se non indugiamo solo in questa drammatizzazione che molto fa gioco ai suoi protagonisti politici ma molto meno agli interessi degli italiani, si notano ancora segnali positivi dal nostro tessuto produttivo. Certo non nei numeri macro: i prezzi alla produzione a febbraio hanno segnato un incremento su base annua dello 0,3%, quelli al consumo dell’1,7% in marzo, entrambi segnali di come la “gelata” della domanda domestica prosegua e sia destinata a non migliorare in tempi tanto rapidi. Eppure qualcosa si muove: sempre in marzo il clima di fiducia delle imprese mostra un lieve miglioramento rispetto al mese precedente (passando da 77,6  a 78 punti, ma restando distanti dai 100 punti di inizio 2005), grazie “al miglioramento della fiducia delle imprese manifatturiere, a fronte della diminuzione registrata nel settore delle costruzioni e del commercio al dettaglio e del leggero calo dell'indicatore nelle imprese dei servizi di mercato”, come informa l’Istat.

Non è molto ma è qualcosa, cui andrebbe sommato tutta una serie di iniziative legate al mondo delle start up e dello sviluppo dell’innovazione che continuano a dispiegarsi in tutta Italia, da Nord a Sud (basti dire del progetto “Kublai in campo” che in questi giorni ha fatto tappa a Napoli trovando tante idee e tanta voglia di crescere nonostante le difficoltà del momento). Il che è una conferma della vitalità della nostra economia e dei nostri imprenditori, forse più di quelli aspiranti che di quanti già si trovano ad affrontare ogni giorno la difficile arte di far sopravvivere la propria azienda a una crisi lunga e in buona misura autoindotta da una classe politica europea (ed italiana) scarsamente affidabile. Per cui non perdiamo tempo, di cose da fare ce ne sono fin troppe di tempo per farle sempre di meno: non sprechiamone più.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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