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Migranti, la Ong Moas sospende le operazioni di salvataggio nel Mediterraneo

La Ong Moas – Migrant Offshore Aid Station – ha annunciato la sospensione delle operazioni di ricerca e salvataggio nel Mar Mediterraneo: “Non è chiaro cosa succede in Libia ai danni delle persone più vulnerabili i cui diritti andrebbero salvaguardati in ottemperanza al Diritto internazionale e per difendere il principio di umanità”, dunque Moas non vuole “diventare parte di un meccanismo in cui, mentre si fa assistenza e soccorso in mare, non ci sia la garanzia di accoglienza in porti e luoghi sicuri”.
A cura di Charlotte Matteini
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Moas – Migrant Offshore Aid Station – abbandona il Mediterraneo e annuncia la sospensione delle operazioni di ricerca e salvataggio al largo delle coste libiche e l'intenzione di spostare la propria azione umanitaria verso il Sud-est asiatico. L'Ong, fondata dai coniugi Chris e Regina Catambrone e operante dal 2014, ha dichiarato di aver preso questa decisione perché "non è chiaro cosa succede in Libia ai danni delle persone più vulnerabili i cui diritti andrebbero salvaguardati in ottemperanza al Diritto internazionale e per difendere il principio di umanità", dunque Moas ha ribadito di non voler "diventare parte di un meccanismo in cui, mentre si fa assistenza e soccorso in mare, non ci sia la garanzia di accoglienza in porti e luoghi sicuri. In questo contesto, e nel rispetto dei nostri principi fondativi, Moas ritiene di voler sospendere le operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo", rimanendo però in ogni caso determinata a proseguire la sua azione umanitaria laddove sia necessario. Al momento, dunque, dopo l'annuncio della Migrant Offshore Aid Station, rimane solo la Ong Sos Mediterranèe a operare nel Mediterraneo Centrale.

"Tre anni fa era la prima volta che la Phoenix prendeva il largo e si dirigeva nella zona di ricerca e soccorso (Sar) pronta per la sua nuova missione di salvare vite in mare. Da allora oltre 40mila bambini, donne e uomini sono stati salvati grazie alle nostre operazioni. Eravamo determinati a ridurre l'intollerabile bilancio di decessi nel Mar Mediterraneo e disposti a metterci in prima linea usando le nostre risorse e competenze professionali", dichiara la Ong, che aveva firmato il codice di condotta predisposto dal Viminale – evidenziando che l'obiettivo della missione avviata 3 anni fa è sempre stato quello di tendere una mano "per aiutare chi fuggendo da violenze, persecuzioni e povertà è costretto ad affidarsi a trafficanti senza scrupoli a causa della mancanza di vie sicure e legali".

"Al centro della missione Moas ci sono sempre state le persone: persone che sognano una vita migliore al sicuro e persone che le assistono con assoluta dedizione per non farle morire in mare. Durante la nostra missione 2017 iniziata lo scorso aprile abbiamo salvato e assistito 7.826 vite umane. Fra queste 2.820 solo nel mese di aprile quando abbiamo affrontato sfide senza precedenti, ripagate soltanto dalla gioia di vedere le persone finalmente salve. Al momento sono troppe le domande senza risposta e i dubbi in merito al destino di chi è intrappolato o viene riportato in Libia. Le terribili testimonianze di chi sopravvive raccontano un inferno di abusi, violenze, torture, rapimenti ed estorsioni", evidenzia la Ong.

Annunciando la sospensione delle operazioni nel Mediterraneo, Moas comunque torna a ribadire di aver sempre "monitorato le violazioni dei diritti umani a livello mondiale e concentrato impegno ed attenzione laddove si verificano gli abusi più gravi. Nel Settembre 2015 quando, dopo un naufragio nell'Egeo, il corpo di un bambino siriano di soli 3 anni venne ritrovato senza vita, abbiamo ricevuto abbastanza donazioni da poter utilizzare una seconda nave sulla rotta fra Turchia e isole greche. Inoltre, abbiamo anche tenuto sotto controllo la situazione in Myanmar dove la minoranza musulmana e apolide dei Rohingya, la minoranza più perseguitata al mondo secondo le Nazioni Unite, è vittima di gravi persecuzioni".

"Vista la crescente instabilità nel Mar Mediterraneo e la catastrofe umanitaria ai danni della minoranza Rohingya, nel suo terzo anniversario Moas ha deciso di riposizionare l'imbarcazione Phoenix nel Sud-Est asiatico per fornire assistenza ed aiuti umanitari.Attualmente è in corso un esodo mortale alla frontiera fra Bangladesh e Myanmar. Solo nei giorni scorsi, migliaia di Rohingya sono fuggiti nel vicino Bangladesh per mettersi al riparo dalle violenze in Myanmar. Molti sono morti durante la fuga e c'è sempre più bisogno di aiuti umanitari", conclude la Ong, annunciando per oggi, 4 settembre, la partenza della nave Phoneix per la sua seconda missione nel Golfo del Bengala.

Asgi contesta l'accordo Libia – Italia

“Quando arrivano i libici, a cui lo Stato italiano ha sostanzialmente consegnato la zona Sar, nessuno si può avventurare con un’imbarcazione di fortuna, perché i libici non si fanno scrupoli a sparare. Per questo condivido la scelta di Moas di interrompere l’attività, a queste condizioni non si può prestare soccorso. Continuare sarebbe stato strumentale al gioco del governo”, ha commentato Salvatore Fachile di Asgi, Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione.

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