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Il rampollo milanese che uccise e squartò la fidanzata: la storia di Ruggero Jucker

La notte del 19 luglio 2002, Ruggero Juncker, rampollo della famiglia di imprenditori svizzero-tedesca uccide e squarta la sua fidanzata, Alenya Bortolotto. Pezzi del fegato della ragazza vengono trovati nel giardino davanti alla casa di Milano dove si è consumato il massacro. Nel 2013 è tornato libero, dopo aver scontato dieci anni di detenzione.
A cura di Angela Marino
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La storia di Ruggero Jucker è l'esempio di come, a volte, la coscienza possa varcare incomprensibilmente i limiti dell'umano e trascendere nell'inumano. Trentasei anni, Ruggero, detto ‘Poppy' era conosciuto a Milano come rampollo della famiglia di imprenditori svizzero-tedesca e come ‘il figlio di Lalla', la signora del catering di lusso milanese. Imprenditrice grintosa e dura aveva messo su una fiorente attività dalla sua cucina e aveva voluto accanto a sé Ruggero. Lo aveva aiutato a trovare una strada dopo che aveva abbandonato gli studi e il lavoro nell'azienda di impianti idraulici del papà. Lo aveva mandato a studiare cucina a New York, dove Ruggero aveva imparato ad apprezzare l'arte contemporanea.

Chi è Ruggero Jucker

Tornato a Milano, il primogenito dei Jucker aveva aperto un suo locale in via Pasquale Sottocorno lo aveva chiamato ‘Zup' e vi serviva le migliori zuppe della capitale meneghina, preparate, ovviamente dalla signora Lalla: l'imprenditrice di famiglia era chiaramene lei. All'ombra di questa figura carismatica, ‘Poppy' coltiva relazioni effimere, sembra non trovare la compagna adatta, finché, nel 2000, non incontra Alenya Bortolotto. Ventisei anni, studentessa di Scienze Politiche e commessa part time al WP Store, dove la famiglia Jucker faceva acquisti. Anche lei giovane donna della Milano bene, figlia del manager Roberto Bortolotto, che vanta tra amicizie importanti in Forza Italia, come quella con Marcello Dell’Utri, e di Patrizia Rota, assicuratrice di successo.

Il loft in via Sottocorno

I due si vedono per un anno e mezzo, periodo in cui Alenya vorrebbe passare più tempo con il suo Ruggero, di quello che il ristoratore le concede. Sono spesso a casa di lui, nel loft con le pareti gialle di via Corridoni, dove lei resta a dormire di tanto in tanto. Quella, finché il nuovo appartamento in corso di ristrutturazione non sarà pronto, sarà la tana di Ruggero: 45 metri quadri pieni di libri di fotografi nipponici che immortalano le torture sulle donne, di affilati e preziosi coltelli da sushi. Alle pareti c'è anche una foto di lui con divisa da chef e guanti in lattice. A luglio del 2002, Alenya comincia a dare piccoli segni di malcontento per la poca attenzione che il fidanzato le dedica e per la mancanza di progetti futuri. Lui dal canto suo si trincera dietro il lavoro.

Il massacro

La sera del 19 luglio Ruggero va a prenderla per andare insieme nel loft in via Sottocorno. Insieme fumano uno spinello, poi Alenya si fa una doccia e vanno a letto. Da giorni la mente di Ruggero è inquieta: è preoccupato per le sorti della zupperia, sotto pressione per le richieste di maggiore attenzione di Alenya. Guarda e riguarda in tv il film Hannibal, uscito un anno prima e ha cominciato a leggere tutti i romanzi di Thomas Harris, autore della saga sul cannibale. I demoni si agitano dentro di lui, fin quando non ne può più: alle tre comincia a urlare disperato e idrofobo, Alenya si spaventa, va verso il telefono ma lui la blocca. La ragazza, allora, fugge in bagno, ma è in trappola: Ruggero l'ha inseguita con un affilato coltello da sushi, estratto poco prima dalla confezione in cui era custodito, ancora nuovo. Sferra la prima coltellata, poi, ancora una e un'altra ancora, fino a contarne quaranta.

L'arresto

Con Alenya ancora viva, riversa davanti alla lavatrice, infierisce così forte da far schizzare pezzi di organi ovunque. La eviscera come un pezzo di carne, il suo fegato vola nel giardinetto privato adiacente al bagno. Poi la furia, scattata senza un motivo si esaurisce e Ruggero torna a essere l'uomo fragile che è sempre stato. Mette gli abiti intrisi di sangue in lavatrice. In preda al panico, ci butta dentro anche il barattolo con la marijuana e avvia il lavaggio. Alle 4 e mezza si precipita fuori, nudo e urlante. I vicini chiamano la polizia che lo trascina via mentre pronuncia frasi senza senso: "Sono Osama Bin Laden", "Sono Satana" dice.

Il movente

In sede di interrogatorio sembra recuperare lucidità: "Alenya, poverina, lei non c’entra nulla” dice. È più calmo e freddamente ammette che, però, che la sua fidanzata era "possessiva". Quella sera, poi, Alenya gli aveva raccontato di un sogno fatto da mamma Patrizia, il sogno di Alenya incinta di lui. Forse, nella condizione di estrema fragilità in cui Juncker si trovava – e che lo aveva spinto a dire alla madre, il giorno prima, di essere gay e sieropositivo – quell'episodio aveva scatenato una furia ai limiti della follia.

La sentenza

Ai limiti, appunto. Perché dagli esami tossicologici non emergono allucinogeni – eccetto lo spinello – né ci sono prove che il 36enne fosse nel mezzo di una crisi psicotica, come la difesa suggerisce. Il processo di primo grado viene celebrato dal giudice Guido Salvini, il magistrato delle stragi degli anni di Piombo, di piazza Fontana, un uomo che aveva visto i momenti più bui della storia d'Italia e che rimane dolorosamente scioccato da quel delitto assurdo, inumano, imperdonabile. Lo condanna a 30 anni, ribaltati dall'accordo raggiunto al processo d’Appello: aggravanti e attenuanti vengono portate allo stesso livello, abbassando la pena a 16 anni, con la promessa degli avvocati di non presentare ricorso in Cassazione.

Nonostante la mitezza della condanna i giudici scrivono nella sentenza: "Nella notte tra il 19 e il 20 luglio 2002 si è consumato qualcosa che è percepibile come la rappresentazione di ciò che è più vicino, nella sua essenza, all' omicidio inteso come distruzione, nel corpo e nell'immagine, di una persona".

Ruggero Jucker è stato affidato in carcere alle cure di uno psichiatra scelto dalla madre. Nel 2013 è tornato libero, dopo aver scontato dieci anni di detenzione.

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Giornalista dal 2012, scrittrice. Per Fanpage.it mi occupo di cronaca nera nazionale. Ho lavorato al Corriere del Mezzogiorno e in alcuni quotidiani online occupandomi sempre di cronaca. Nel 2014, per Round Robin editore ho scritto il libro reportage sulle ecomafie, ‘C’era una volta il re Fiamma’.
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