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Immigrazione, parla un testimone: “400 morti in un naufragio, molti minorenni”

Il dramma dell’immigrazione avrebbe fatto nuove vittime. E’ quanto emerge dalle testimonianze raccolte da Save the Children tra i 150 superstiti, sbarcati oggi a Reggio Calabria dalla nave Orione.
A cura di Biagio Chiariello
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Una notizia, che anche alla luce degli ultimi drammatici dati sull’immigrazione in Italia, fa raggelare il sangue nelle vene. Nel canale di Sicilia si è verificata l’ennesima tragedia della disperazione. Sarebbero circa 400 le vittime di un naufragio avvenuto a 24 ore dalla partenza dalla Libia: tra queste molti sarebbero giovani, probabilmente minori. È quanto emerge dalle testimonianze raccolte da Save the Children tra i 150 superstiti, sbarcati a Reggio Calabria dalla nave Orione.

Proprio nella giornata di oggi si è superato il numero di profughi arrivati lo stesso giorno di aprile del 2014. Il 14 di un anno fa erano 20.705 oggi sono 21.122. Ma la situazione è angosciante per il numero di immigrati pronti ad arrivare in Italia e per l’ingovernabilità del fenomeno. Tra l’11 e il 13 aprile, secondo Save the Children, sono giunti oltre 5.100 migranti in 18 sbarchi a Lampedusa, in Sicilia, Calabria e Puglia. Tra loro ci sono circa 450 bambini, tra cui 317 non accompagnati. “Molti di loro hanno vissuto esperienze atroci di violenza subita e assistita e hanno perso amici, parenti o i genitori, anche negli ultimi naufraghi. Secondo i racconti, la situazione in Libia è sempre più fuori controllo, e inaudita è la violenza anche per le strade. E’ fondamentale garantire un’adeguata accoglienza e il necessario supporto anche psicologico, in particolare ai più vulnerabili” ha dichiarato Valerio Neri, direttore generale di Save the Children.

"Nei pressi di Tripoli abbiamo vissuto per quattro mesi in una fabbrica di sardine. Eravamo più di mille persone. Mangiavamo una sola volta al giorno e non potevamo fare nulla. Se qualcuno parlava con un amico o un vicino, veniva picchiato. Tutto questo per estorcere altri soldi. Ti facevano chiamare a casa, dicendo che stavi per morire e nel frattempo ti picchiavano, così i tuoi familiari sentivano le tue urla" ha raccontato Bherane, di 17 anni, all'organizzazione.

E ieri pomeriggio è avvenuto un episodio a dir poco inquietante. Trafficanti di esseri umani avrebbero sparato (non ad altezza d’uomo) colpi di arma da fuoco per tenere a distanza soccorritori italiani e islandesi nell’ambito di un’operazione Frontex al largo della Libia. L’obiettivo era rimpossessarsi di un’imbarcazione dopo che i 250 migranti a bordo erano stati messi in salvo. Lo segnala oggi l’agenzia Ue per il controllo delle frontiere, Frontex, in un comunicato nel quale si attribuiscono questi comportamenti “alla carenza di barche a disposizione dei trafficanti di esseri umani”. La nota evidenzia che si tratta della seconda volta quest’anno che malviventi usano la forza per riprendersi imbarcazioni dopo che il loro carico di migranti è stato messo in salvo. “E’ un segno del fatto che i trafficanti di esseri umani sono a corto di barche e sono sempre più pronti a usare armi per recuperare barche usate per trasportare migranti,” commenta il direttore esecutivo di Frontex, Fabrice Leggeri.

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