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Il prof che non vede i suoi studenti è tra i migliori d’Italia: “Con me non copia nessuno”

Antonio Silvagni, 50 anni, non-vedente, insegna latino e letteratura al liceo in provincia di Vicenza. Ed è tra i finalisti dell’’Italian teacher Prize’. “Essere non vedenti è una cosa che può succedere, ma non bisogna arrendersi. Ai ragazzi bisogna chiedere molto”.
A cura di Biagio Chiariello
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Il mese scorso Antonio Silvagni, 50 anni, docente di latino e letteratura, è stato nominato tra i 50 finalisti su 11.000 candidature al concorso nazionale “Italian Teacher Prize” lanciato dal Ministero dell’Istruzione. Il prof del liceo Da Vinci di Arzignano, nel vicentino, ha conquistato un’attenzione particolare per le sue capacità di trasmettere il sapere e la passione per lo studio in maniera innovativa, a dispetto delle difficoltà e scarsità di mezzi. Silvagni infatti è un non-vedente. Ha iniziato ad avere problemi di vista a 25 anni, dopo la laurea e le prime esperienze in cattedra. In pochi giorni è diventato quasi cieco. E così si è dovuto reinventare per continuare ad insegnare, superando molte difficoltà.  “Ho dovuto farmi una nuova vita. All’inizio mia madre mi registrava tutti i testi sui quali dovevo studiare. Poi mia sorella per caso ha conosciuto all’università il professor Giuliano Artico, non vedente, che stava sviluppando ausili informatici per prendere appunti e memorizzare e anch’io ho scoperto il mondo dell’informatica – ricorda il prof al Corriere della Sera-. Un impiegato della segreteria dell’ Istituto tecnico dove ho insegnato tanti anni, uno con il pallino dell’informatica, mi ha aiutato tantissimo a usare tutti gli strumenti a disposizione. E ora faccio tutto con il computer. Anche i compiti in classe, così li posso correggere da solo, senza aspettare che mia moglie me li legga” dice Silvagni.

I suoi alunni non può guardarli in faccia, ma può riconoscerli solo dalla voce. Le difficoltà non mancano: già anche solo per contare le assenze o capire chi durante il compito in classe sta copiando. A volte “ho la percezione che i ragazzi non stiano attenti, allora lì ci vuole un po’ di piglio, diciamo – ride – autoritario. Bisogna rendere chiaro che a scuola si lavora, che il professore sono io e che non sono ammessi scherzi”. Il prof ricorda un’interrogazione in particolare. “Era uno dei più scatenati, viene alla cattedra e io ho l’impressione che stia leggendo dal libro. Percepisco che c’è un po’ di tensione in classe, ma nessuno parla. E’ ovvio. Lo faccio continuare, tutta l’interrogazione senza fare una piega. Ma non si immagina la fatica per mantenere la calma e soffocare la rabbia del momento. Alla fine gli dico senza cambiare espressione: ‘Adesso chiudi il libro, dammelo e cominciamo l’interrogazione’. Non è più capitato”. Ma alla fine i risultati pagano: “Una mia ex allieva che è assistente all’Università in Gran Bretagna mi ha scritto raccontandomi che usa ancora i miei appunti. E queste sono cose che gratificano” racconta Silvagni.

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