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Opinioni

Il piano B di Renzi sulle riforme (che può funzionare)

Le elezioni anticipate non sono una opzione e per chi ha fretta (e voglia) di correre è un bel problema. Così a Renzi non resta che serrare le fila e sperare che da Arcore non arrivino brutte sorprese. E in questo quadro il rinvio del voto finale sulle riforme è un compromesso più che accettabile.
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Uno dei punti più controversi del ragionamento fatto da Matteo Renzi come risposta alle lungaggini del processo di revisione costituzionale (determinato, certo, dall'ostruzionismo dell'opposizione, ma anche dai tanti mal di pancia interni alla maggioranza), era quello relativo alle opzioni alternative. Dopo mesi di (sofferta) stabilità, sembrava infatti tornare ad aleggiare sul Paese lo spettro delle elezioni anticipate. Il premier, forte del clamoroso risultato delle Europee e consapevole di potersi giocare la carta mediatica del "cambiamento contro la palude", ha però ribadito più volte come quella del ritorno alle urne non sia affatto una soluzione praticabile. Più che di una reale volontà politica si tratta di una scelta determinata dalla improponibilità dell'idea del ritorno alle urne con la legge determinata dalla sentenza di incostituzionalità di parti rilevanti del Porcellum. In poche parole: non si può pensare di tornare alle urne con il Consultellum, ovvero con un proporzionale puro, con preferenze e senza premio di maggioranza.

Se dunque non può funzionare la "minaccia" di un immediato ritorno alle urne (voto anticipato che si tradurrebbe nella riduzione del peso parlamentare e politico dei vari Ncd, Fi, Sel, Scelta Civica, Per l'Italia, Gal e anche, per non dire soprattutto, della componente di minoranza del Partito Democratico), come può comportarsi chi, come Renzi, ha fretta e voglia di correre? La lettera inviata ai senatori è un indicatore chiaro: fare leva sulla "percezione" dell'opinione pubblica della vicenda, alimentando un dualismo fra nuovo e vecchio, ma soprattutto prospettare come "inevitabile" la conclusione positiva (ed in tempi rapidi) del percorso di riforme. Quello che Renzi sta dicendo ai suoi oppositori è: siete circondati, siamo maggioranza nel Paese ed in Parlamento, abbiamo dalla nostra il capo dello Stato, la totalità (o quasi) dei media e il supporto dell'opinione pubblica, insomma, vi conviene intestarvi la paternità di una battaglia contro i mulini a vento?

Non che Renzi si aspetti una risposta positiva o clamorosi cambiamenti di scenario, intendiamoci. Ma, come fatto con i 5 Stelle, ha quasi il dovere di cautelarsi e lasciar intendere di aver conservato fino alla fine un posto libero al tavolo in cui si riscrive la legge elettorale. Malgrado la sicumera degli integralisti, Renzi sa benissimo che riscrivere la Carta a maggioranza è una pessima idea. E sa altrettanto bene che gli ostacoli di natura tecnica da superare sono molti, a cominciare dalla questione del numero legale per arrivare alle insidie degli ulteriori tre passaggi parlamentari necessari all'approvazione di un disegno di legge costituzionale. Ed infatti i primi riscontri sono stati decisamente positivi, con la tregua armata della minoranza Pd dopo la modesta concessione del rinvio a settembre (Chiti ha spiegato come la pausa prima del voto finale possa "consentire ai cittadini di percepire la serietà e del confronto parlamentare di un’informazione corretta", tradotto: è un buon compromesso, noi salviamo la faccia e ci concentriamo sulla battaglia in Aula su alcuni punti e Renzi ne esce comunque da vincitore). Una tregua che serve soprattutto a Renzi, che può contare più sulla responsabilità dei suo compagni di partito che sugli umori di Berlusconi (come ha ricordato Mucchetti, infatti, è stata "proprio Forza Italia a non partecipare al voto sul decreto competitività e a votare contro il calendario accelerato dei lavori" ed è un azzardo sperare che Fi si faccia carico di garantire il numero legale al Senato).

Un rallentamento minimo è dunque opzione accettabile, dal momento che ciò che interessa al premier è mettere un altro tassello a posto e arrivare alla discussione della legge elettorale da una posizione di vantaggio nei confronti di Forza Italia. Discussione che non partirà il 10 agosto, ovviamente, mentre il patto del Nazareno esce rafforzato dal naufragio del tavolo Pd – M5S. Come volevasi dimostrare.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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