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Il bimbo bocciato in prima elementare per colpa dei tagli e della burocrazia

L’episodio in provincia di Venezia: il bambino, che aveva manifestato disturbi dell’apprendimento dopo il divorzio dei genitori, non ha potuto ricevere il sostegno adeguato perché la scuola non aveva abbastanza soldi per un programma dedicato.
A cura di Susanna Picone
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La storia che arriva dalla provincia di Venezia è quella di un bambino di sei anni che è stato bocciato in prima elementare per colpa – scrivono diversi quotidiani – della spending review. Per colpa dei tagli, della burocrazia, di una scuola che non aveva la possibilità di seguirlo in maniera diversa. Perché il bambino avrebbe avuto bisogno di una maestra di sostegno, di qualcuno che lo aiutasse. Il piccolo, in seguito al divorzio dei suoi genitori, aveva infatti manifestato qualche problema di apprendimento. Non era nulla di grave ma col passare dei mesi questi disturbi sono diventati più marcati. Dopo i litigi dei genitori il bimbo arriva in prima elementare dove non riesce a seguire le sue maestre, non fa amicizia con i suoi compagni, il suo deficit di apprendimento peggiora sempre più. La maestra fa quel che può ma deve comunque seguire anche tutti gli altri bambini e non ci sono soldi – la riforma della scuola è chiara – per altro personale. Per chiedere aiuto serve l’avallo della neuropsichiatria dell’Usl di riferimento, la maestra procede nonostante i genitori disinteressati ma le pratiche – partite lo scorso novembre – non arrivano a destinazione. Anche la neuropsichiatria ha subito dei tagli.

A fine maggio, quando gli psicologi intervengono, non c’è più tempo. Ormai per il bambino scatta la bocciatura: a sei anni non viene ammesso in seconda elementare. “Purtroppo con la riforma Gelmini gli insegnanti si trovano costretti a scegliere tra una scuola facile per le maestre o una scuola facile per gli alunni. Qui hanno scelto la prima opzione. E la scuola si è bocciata da sola”, si è espresso così Giancarlo Cavinato, dirigente scolastico e membro del Coordinamento genitori democratici. Prima della riforma, dice il dirigente, casi come questo potevano essere gestiti con maggiore facilità. Non c’era il bisogno di bocciare perché c’erano gli spazi per intervenire con percorsi alternativi di recupero. Invece adesso a pagare è un bambino di sei anni turbato dai litigi dei suoi genitori e che aveva il diritto a un sostegno.

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