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Federico Perna tradito dal cuore, per la Procura non ci sono percosse

Risultati choc nell’autopsia sul corpo del giovane morto a novembre nel carcere di Poggioreale. L’esame disposto dalla Procura sostiene che il decesso è stato causato da patologie cardiache e che devono escludersi lesioni riconducibili a violenze. I legali e la madre promettono battaglia.
A cura di Gaia Bozza
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Nessuna lesione riconducibile a percosse: Federico Perna sarebbe stato tradito dal cuore. Secondo la Procura di Napoli questa è stata la causa del decesso del giovane di Pomezia, morto l'8 novembre 2013 nel carcere di Poggioreale e detenuto nonostante gravissime patologie come cirrosi epatica, epatite C, importante compromissione delle difese immunitarie e disturbi psichiatrici seri. I risultati dell'autopsia disposta dopo la denuncia presentata dalla madre Nobila Scafuro, affermano che la sua è stata una morte di origine cardiaca: va individuata “in quadro di severa e grave ischemia miocardica acuta”,  secondaria a una occlusione trombotica cardiaca e “in un contesto di cardiopatia ischemica cronica”. In più, "ad horas si escludono percosse – spiega uno dei legali, Camillo Autieri – Ma la perizia dovrà ora essere analizzata dal nostro medico. Dalle risultanze della perizia la causa mortis è dovuta all'occlusione di un'arteria, ma anche alla luce di questo aspetto stiamo formalizzando ulteriori quesiti da sottoporre al magistrato inquirente, per accertare le responsabilità. Siamo fiduciosi nella risposta del consulente per l'individuazione delle responsabilità penali".

La madre, invece, fin dalla prima ora aveva espresso molti laceranti timori di fronte al corpo pieno di segni e insanguinato del figlio, provato da numerose sofferenze. "Aveva la maglia insanguinata – aveva rivelato – Perché tutto quel sangue?". Dubbi tanto atroci da averla spinta a diffondere le foto del suo cadavere. Di fronte a quelle immagini così drammatiche la madre si chiedeva, e ancora oggi si chiede se il figlio sia finito tra le botte. Si chiedeva, e si chiede, se le sue malattie tanto gravi siano state adeguatamente curate. Si chiedeva – e continua a chiedersi – se il figlio Federico, che dal maledetto vizio dell'eroina era finito in un surreale ping pong tra carceri per cumulo di pene (rapine, furti, altri lievi reati) dovesse esserci, in carcere, viste le sofferenze psichiatriche e fisiche che da tempo pativa. O se piuttosto, non fosse incompatibile.  "Sono arrabbiata con il sistema giustizia – spiega la madre Nobila – bisogna far luce in queste carceri, i detenuti muoiono come mosche". I legali promettono battaglia: "Abbiamo presentato un quesito supplementare sull' incompatibilità con il regime carcerario, al quale il magistrato dovrà rispondere, e stiamo valutando di presentarne anche un altro".

Condizioni cliniche generali scadenti, aspetto pallido, trascurato nella persona […] Tale situazione necessitava di approfondimento clinico-diagnostico in ambiente ospedaliero […] il carcere al momento non è compatibile con lo stato di salute del detenuto ed è peggiorativo della sua salute”. Questo è quanto scriveva, il 29 giugno del 2012 il dottor Franco Lepri nel carcere di Viterbo. Da Viterbo, Perna passa nel penitenziario di Secondigliano, a Napoli. E anche lì, il referto lo dice chiaramente: “Si ribadisce l’inadeguatezza all’allocazione in una sezione detentiva comune” e si fa riferimento alla mancanza di posti letto nel centro clinico, ragione che avrebbe portato i solleciti del medico ad esito negativo. Da Secondigliano, dunque, Federico sarebbe stato mandato ad Arienzo per soli quattro giorni, per tornare – in precarie condizioni di salute – a Secondigliano ed essere in seguito trasferito a Poggioreale, per giunta in una sezione detentiva comune. In cella con gli altri, dopo essere passato da psicofarmaci, isolamento, malattie, carceri di mezza Italia (Velletri, Cassino, Viterbo, Secondigliano e Benevento). Federico, per giunta, in cura con psicofarmaci, spesso non era lucido: “Ho visitato il detenuto in cella – scrive un medico di reparto nel 2012 – La sua cella è tutta sottosopra, lo troviamo privo di vestiti, non riesce ad alzarsi in piedi, a sostenere il capo, a mantenere la posizione seduta e a comunicare con noi. È obnubilato, non orientato nel tempo e nello spazio”.

Sul fronte dell’incompatibilità con il carcere del ragazzo, che era affetto da epatite c, cirrosi epatica e da un disturbo borderline di personalità, ci sono poi due istanze di scarcerazione e una richiesta di misure alternative alla detenzione. Tutte inascoltate. Come se non bastasse, in quasi tutte le sue lettere, come vi abbiamo mostrato, Federico accennava alle sue gravi condizioni di salute. E dalle sue lettere si scopre che lamentava da tempo problemi cardiologici: “Cara mamma – si legge in una missiva del 2012 – Ti scrivo dal carcere di Viterbo perché mi hanno trasferito da Cassino. A Cassino sono stato ricoverato, […] Avevo epistassi nasale e tachicardia, non sto tanto bene col cuore”.

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