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Dipendente M5S alla Camera licenziato per una frase scritta su facebook mesi fa

Massimo Cardullo, avvocato 39enne, ha scritto una lettera di denuncia alla Presidente della Camera. Dai responsabili del Movimento 5 Stelle è stato anche accusato di essere massone…
A cura di Davide Falcioni
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Senato - annuncio di iniziative movimento 5 stelle

Passi per le "epurazioni" interne, ma forse stavolta il Movimento 5 Stelle ha un tantino esagerato: è stato infatti licenziato in tronco Massimo Cardullo, avvocato 39enne dipendente del gruppo alla Camera del Movimento di Grillo, già collaboratore del gruppo di Fli, oggi disoccupato e padre di una bimba di due anni. Lo scorso 27 marzo aveva sostenuto un colloquio professionale presso il ‘Movimento Cinque Stelle' alla Camera dei Deputati. "Il colloquio – scrive in una lettera al Presidente della Camera Laura Boldrini – al quale hanno partecipato il capo dell'Ufficio legislativo del Gruppo, Avvocato Emanuele Montini, e i deputati onorevoli Emanuele Cozzolino, Filippo Gallinella e Arianna Spessotto ha avuto esito positivo". Dal giorno successivo Cardullo ha cominciato a lavorare presso il Gruppo parlamentare grillino come responsabile delle Commissioni Finanze e Politiche della Comunità Europea. "Da quel momento, seppur senza nessun contratto né rassicurazioni e certezze sul quantum del mio compenso – continua Cardullo – ed evidentemente rinunciando in fiducia ad altre opportunità lavorative, ho cominciato con abnegazione e professionalità a prestare la mia opera, in alcuni giorni dalle 9 alle 20 come può facilmente accertarsi mediante la verifica all'ingresso di via Uffici del Vicario 21, lavorando per il Gruppo e ricevendo anche attestati di stima che conservo tra le mie mail".

Ma due giorni fa è arrivata la doccia fredda. "L'8 aprile – ha denunciato Cardullo – con mia sorpresa dapprima in mattinata mi veniva informalmente comunicato che la mia posizione lavorativa sarebbe stata al vaglio di un'assemblea dei deputati, essendo io stato accusato di essere nell'ordine: massone, avvocato colluso con mafiosi e di essere stato candidato in precedenza in una lista civica. Si tratta di accuse che rifiuto con sdegno e mi riservo di valutare l'intrapresa di azioni legali a tutela della mia onorabilità, che non consento a nessuno mettere in discussione. Nel pomeriggio poi entravano nel mio ufficio i deputati onorevoli Manlio Di Stefano e Filippo Gallinella, i quali invitavano ad uscire il collega con il quale condividevo la stanza e mi comunicavano l'interruzione del mio rapporto di lavoro con il Gruppo, peraltro fino a quel momento mai formalizzato, con la motivazione che dal mio profilo sul social network Facebook avrei pubblicato nel passato, in un momento molto antecedente al mio arrivo al Gruppo, delle critiche al Movimento Cinque Stelle, ribadendo peraltro di non aver nulla da eccepire circa la mia competenza tecnica e professionale dimostrata". Insomma, sbattuto fuori per una frase pubblicata su facebook.

"Certamente – ha concluso l'avvocato nella lettera a Laura Boldrini – per chi fa della trasparenza e del merito una propria bandiera allontanare un lavoratore con motivazioni assolutamente generiche sulle sue opinioni personali è quantomeno contraddittorio. Mi appello a Voi non per un interesse personale di chi ha sbagliato a fidarsi della correttezza di rappresentanti delle istituzioni e che oggi si trova con una figlia di due anni senza un lavoro, ma affinché il Presidente della Camera, i componenti dell'Ufficio di Presidenza e del Collegio dei Questori esercitino con attenzione e rigore una vigilanza ed un controllo sui Gruppi parlamentari a tutela di tutti lavoratori, facendosi garanti che nessuno di essi venga discriminato nell'esercizio del proprio lavoro per nessun motivo, così come statuiscono gli articoli 3 e 4 della nostra Carta Costituzionale".

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