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Come il Governo vuole cambiare il finanziamento pubblico all’editoria

In questi giorni è in discussione alla Camera la legge delega che andrà a riformare e ridefinire la normativa che regola il sostegno economico pubblico destinato alle imprese editoriali. Quali cambiamenti sta pensando di apportare il Governo Renzi?
A cura di Charlotte Matteini
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Aggiornamento 2 marzo – La Camera ha approvato il disegno di legge sulla ridefinizione del sostegno pubblico all'editoria: i voti a favore sono stati 292, i contrari 113. Il testo passerà ora all'esame del Senato della Repubblica.

In questi giorni è in discussione alla Camera il progetto di legge relativo alla ridefinizione della normativa che regola il sostegno pubblico all'editoria. La disciplina che regola l'erogazione dei contributi alla stampa italiana ha subito alcune modifiche negli ultimi anni e tutt'ora è oggetto di svariate proposte di legge che ne vorrebbero l'abrogazione pressoché totale, come ad esempio il disegno di legge presentato dal Movimento 5 Stelle nel gennaio del 2014. Nel 2011, dopo le tante polemiche innescate dall'opinione pubblica – e successivamente nel 2012 – la vecchia normativa del 1990 venne modificata e venne riformato il sistema che regolamentava l'accesso ai contributi pubblici diretti, con l'obiettivo di rendere più stringenti requisiti qualitativi e parametri di calcolo.

La normativa attualmente in vigore, quindi, ha sostanzialmente ridotto le risorse pubbliche a disposizione, ampliandone però l'accesso alle imprese editoriali digitali, escluse dalla vecchia disciplina.

In questi ultimi mesi, però, è allo studio un'ulteriore modifica della legge e l’articolo 3 dell’A.C. 3317 del provvedimento delega il Governo "ad adottare uno o più decreti legislativi finalizzati a ridefinire la disciplina dei contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici, prevedere misure per il sostegno degli investimenti delle imprese editoriali, innovare il sistema distributivo, finanziare progetti innovativi presentati da imprese editoriali di nuova costituzione e sostenere i processi di ristrutturazione e riorganizzazione delle imprese editoriali già costituite".

La nuova proposta di legge si propone di modificare i criteri d'accesso all'erogazione dei contributi diretti. Sempre l'articolo 3 dell'AC 3317 prevede come condizione necessaria per il finanziamento di una testata editoriale l’esercizio di un’attività informativa autonoma e indipendente, di carattere generale, esplicitamente escludendo gli organi di informazione dei partiti o dei movimenti politici e sindacali, i periodici specialistici a carattere tecnico, aziendale, professionale o scientifico e tutte le pubblicazioni che non contribuiscono in modo prevalente alla funzione informativa di carattere generale in materia politica, economica o sociale" e stabilisce che abbiano diritto all'acceso ai contributi pubblici gli organi editoriali espressione di minoranze linguistiche che editano opere in lingua francese, ladina, slovena e tedesca, riducendo inoltre da 3 o 5  a 2 anni – l’anzianità di costituzione dell’impresa per accedere ai contributi editoriali.

Se da un lato la proposta di riforma, quindi, stabilisce i requisiti necessari che un'impresa editoriale deve rispettare per poter accedere ai contributi pubblici per l'editoria, dall'altro mira a ridefinire la quantità di risorse e i criteri di distribuzione, diminuendo l'ammontare di risorse a disposizione, ma estendendone al contempo la platea avente diritto.

L’articolo 2 dell’A.C. 3345, infatti, dispone una serie di caratteristiche che le cooperative giornalistiche e imprese editrici di quotidiani e periodici devono dimostrare di possedere per accedere ai contributi: per quanto riguarda le testate cartacee, per esempio, il testo prevede che la testata debba essere venduta "nella misura di almeno il 30% delle copie distribuite per le testate nazionali e di almeno il 35% per le testate locali per accedere ai contributi, andando quindi a innalzare la soglia stabilita dal D.L. 63/2012 che prevede il 25%per le testate nazionali", escludendo però tutte le copie diffuse e vendute tramite strillonaggio o cessione in blocco e prevedendo scaglioni diversificati di rimborso per i costi di produzione e per copia venduta e il contributo verrà calcolato in funzione del numero di copie annue vendute e rapportati al tipo di politiche occupazionali intraprese dalle imprese editoriali richiedenti, ovvero che l'impresa abbia almeno 5 dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato, in prevalenza giornalisti.

Il tetto massimo liquidabile a ciascuna impresa verrà quindi ridotto e legato all’incidenza percentuale del contributo sul totale dei ricavi, per un massimo del 50%: "Nello specifico, la quota rapportata ai costi ammissibili – che consiste in una percentuale fino al 50% dei costi ritenuti ammissibili – non può comunque superare € 2,5 milioni per i quotidiani nazionali, € 1,5 milioni per i quotidiani locali e per i quotidiani in lingua francese, tedesca, ladina o slovena nelle regioni autonome Val D’Aosta, Friuli- Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige e i quotidiani italiani editi e diffusi all’estero, e € 0,3 milioni per i periodici". 

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