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Caso Perna, gli avvocati rispondono al ministero: “La sua morte è piena di domande”

I legali rispondono al ministero: “Gli interrogativi sulla morte di Federico Perna, il giovane di Pomezia deceduto a Poggioreale, sono molti”. Nodo incompatibilità con il carcere, problemi psichiatrici, spostamenti di carcere in carcere, ritardo nell’autopsia sono alcune delle osservazioni fatte dagli avvocati Autieri e Cannizzo.
A cura di Gaia Bozza
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"Appare evidente che le autorità penitenziarie ne hanno costantemente monitorato le condizioni di Salute (di Federico Perna, ndr) e hanno più volte cercato di convincerlo ad accettare gli opportuni ricoveri in ospedale in ragione delle sue condizioni di salute, senza purtroppo riuscirvi". Si conclude così la risposta del ministero della Giustizia sulla morte di Federico Perna, il 34enne di Pomezia gravemente ammalato di cirrosi epatica ed epatite c, deceduto nel carcere di Poggioreale l'8 Novembre scorso. Secondo il ministero, era lui a rifiutare le cure. Il capo del Dap Giovanni Tamburino è a Poggioreale per acquisire più elementi sul caso. Intanto Camillo Autieri e Fabrizio Cannizzo, i legali della madre Nobila Scafuro, vogliono rispondere al ministero punto per punto, in una relazione congiunta.

Lo stato psicologico: tossicodipendenza e problemi psichiatrici – Nel 2012 il responsabile sanitario del carcere di Viterbo dichiara, nella sua relazione, che il ragazzo ha un problema psichiatrico, inquadrabile come "disturbo borderline con aspetti antisociali". Perna, si legge nel certificato emesso dall'istituto, avrebbe tentato il suicidio poco prima di essere trasferito. Ma per i legali "il citato tentativo di suicidio è risultato del lievissimo tentativo di autolesionismo che il detenuto poneva in essere tramite un piccolo taglio cutaneo sugli avambracci per poter attirare l'attenzione e così essere ricoverato in una struttura sanitaria specifica per poter, finalmente, essere curato per le patologie che lo affliggevano".

Incompatibilità con il carcere – Sempre a Viterbo, nella sua relazione, il responsabile sanitario ha dichiarato il giovane incompatibile con il carcere per motivi di salute. "Ma non è stata considerata – obiettano gli avvocati – l'incompatibilità per lo status psichico".

"Rifiutava i ricoveri" – Nella risposta al Question Time, si legge che Federico Perna ha rifiutato diversi ricoveri e si è fatto dimettere dall'ospedale "Belcolle" di Viterbo, negando il consenso all'internamento in reparto psichiatrico giudiziario. Questo perché "il detenuto non si considerava pazzo – ribattono gli avvocati – ma semplicemente malato gravissimo". Le sue condizioni, si evince da quanto Fanpage.it ha potuto visionare, erano gravi. Gravi al punto tale che il direttore sanitario del carcere di Viterbo ha richiesto il ricovero, anche coercitivo. Ma il magistrato di sorveglianza ha rifiutato le istanze di scarcerazione con richiesta di ricovero per "la pericolosità sociale dell'individuo" e perché aveva rifiutato di essere ricoverato: "In realtà – rispondono Autieri e Cannizzo – rifiutava esclusivamente l'internamento in opg".

Di carcere in carcere – Federico Perna, dunque, non viene scarcerato. Al contrario, dal penitenziario di Viterbo, viene trasferito a Napoli, nell'istituto di Secondigliano. Ma dal penitenziario di Secondigliano, il giovane – ormai aggravatosi – viene trasferito a Poggioreale, il carcere più affollato d'Europa. "Perché il Provveditore Regionale della Campania – si chiedono gli avvocati – ben consapevole della situazione critica del carcere, non lo ha indirizzato verso un istituto più idoneo e vivibile?"

Ritardo nell'autopsia –  "L’autopsia disposta – fanno notare Autieri e Cannizzo – è stata effettuata il 14 Novembre, ben sei giorni oltre il decesso e tale ritardo è stato giustificato dal fatto della difficile reperibilità del padre del defunto Perna, comunque avvertito il giorno seguente il decesso". Da un punto di vista clinico, concludono, "tale ritardo potrebbe avere pregiudicato l’individuazione di eventuali ecchimosi o lividi".

Di seguito, pubblichiamo integralmente la relazione degli avvocati. 

Il Responsabile Sanitario dell’Istituto carcerario di Viterbo ha accertato e dichiarato il detenuto Federico Perna come soggetto tossicodipendente con disturbo psichiatrico “borderline”.

Il citato tentativo di suicidio è risultato del lievissimo tentativo di autolesionismo che il detenuto poneva in essere (tramite un piccolo taglio cutaneo sugli avambracci) al solo fine di poter attirare l’attenzione e così poter essere ricoverato in struttura sanitaria specifica per poter, finalmente, essere curato per le patologie che lo affliggevano.

Il Responsabile Sanitario del Carcere di Viterbo ha dichiarato incompatibile il detenuto per motivi di salute fisica, compromissione epatica con tendenza cirrotica, non considerando l’incompatibilità dello status psichico del Perna.

Il 14.07.12 il Direttore del Carcere di Viterbo fa una relazione ponendo il Perna in “camera di detenzione, con grande sorveglianza, priva di oggetti pericolosi”.

In verità il detenuto doveva essere messo in camera singola in quanto portatore di patologia altamente contagiosa ed infettiva.

Il 29.06.12 il Perna, dopo un periodo di permanenza presso l’Ospedale “Belcolle” di Viterbo, rifiutava l’internamento presso un centro psichiatrico che lo aveva giustamente proposto in seguito al motivo del suo ricovero (per l’appunto, l’episodio di autolesionismo testè citato).

Il detenuto rifiutava tale ricovero in quanto non si considerava pazzo ma, semplicemente, malato gravissimo.

Il Magistrato di Sorveglianza il 16.07.12 rifiutava le richieste di scarcerazione avanzate con richiesta di ricovero, anche coercitivo, per poter ricevere le opportune cure del quale abbisognava.

In tale occasione il rifiuto del Magistrato considerava la pericolosità sociale dell’individuo, fermo restando il riferito rifiuto del Perna (in realtà rifiutava esclusivamente l’internamento in reparto psichiatrico).

Il Magistrato di Sorveglianza chiedeva al DAP, contestualmente, anche il trasferimento in Centro Clinico Penitenziario.

Il Dipartimento Amministrativo Penitenziario trasferiva il Perna all’Istituto Penitenziario di Napoli Secondigliano, giustificando tale trasferimento in quanto nel carcere romano di Regina Coeli era in stato di ristrutturazione.

Continuava il DAP che presso l’istituto di Secondigliano il detenuto avrebbe potuto avere tutte le misure di sicurezza necessarie, nonché essere sottoposto all’accertamento dell’infermità psichiatrica.

Si sottolinea come resta inesistente qualsiasi accenno e/o riferimento alle patologie accertate.

Il Carcere di Napoli Secondigliano subiva poi uno sfollamento e, per questa ragione, il Provveditore Regionale della Campania effettuava vari trasferimenti, tra i quali, il Perna veniva indirizzato al Carcere di Napoli Poggioreale, specificandone tra le motivazioni che “aveva tale struttura un Centro Clinico Penitenziario”.

Sorge spontanea la domanda del perché il Provveditore, ben consapevole della situazione critica del carcere di Poggioreale, non si premurava di indirizzarlo verso altro istituto più idoneo e vivibile.

Si specifica che il detenuto aveva la residenza a Pomezia (Roma) e pertanto doveva essere detenuto nel “raggio regionale” di appartenenza.

Il detenuto entrava in carcere il 13.07.13 e, all’ultima visita, risultava “lucido e presente”.

In data 08.11.13 il Perna si sentiva male lamentando forti dolori e problemi respiratori, ragione per la quale veniva portato presso il Pronto Soccorso interno al carcere dove il medico interno, assieme al personale del 118 chiamato dai sanitari interni, alle ore 17 circa ne constatava il decesso per “ictus”.

Si rende noto che l’autopsia disposta è stata effettuata in data 14.11.13, ben sei giorni oltre il decesso e tale ritardo è stato giustificato dal fatto della difficile reperibilità del padre del defunto Perna, comunque avvertito il giorno seguente il decesso.

Da un punto di vista clinico, tale ritardo potrebbe avere pregiudicato l’individuazione di eventuali ecchimosi e/o lividi post traumatici a causa della decolorazione della pigmentazione cutanea.

In tale struttura e dalla lettura della risposta all’interrogazione de quo, si legge che il Perna è stato sempre seguito durante tutta la detenzione, sia dal personale sanitario che da quello penitenziario, con costanza e regolarità.

Alla luce di quanto sostenuto con tanta semplicità, ci chiediamo ancora il perché di un decesso ancora pieno di domande.

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