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Allarme dell’Unicef: “Entro il 2030 rischiano di morire 69 milioni di bambini”

Secondo l’organizzazione ci sono stati passi avanti, ma i risultati “non sono ancora equi”. Il quadro è preoccupante “per ciò che il futuro riserva ai bambini più poveri del mondo, a meno che i governi, i donatori, le organizzazioni internazionali e del mondo economico non accelereranno i propri sforzi a favore dei bisogni di questi bambini”.
A cura di Claudia Torrisi
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O si interviene subito, o 69 milioni di bambini con meno di cinque anni moriranno entro il 2030 per cause prevedibili. Non lascia molte alternative la denuncia lanciata dall'Unicef nel rapporto annuale sulla condizione dell'infanzia nel mondo. E senza una presa di posizione della comunità internazionale 167 milioni di bambini saranno condannati alla povertà, 750 milioni di donne a diventare spose bambine, oltre 60 milioni di minori in età scolare non potranno studiare.

Fino a questo momento, ci sono certamente stati dei progressi: la mortalità per malattie come pertosse, tetano, Aids è scesa da 5,4 milioni del 2000 a 2,5 milioni del 2015; in ventinove paesi un numero uguale di bambini e bambine vanno a scuola; e la cifra di coloro che vivono in povertà estrema si è ridotto quasi della metà dal 1990. A scendere, grazie alle vaccinazioni, sono state anchele morti per morbillo (meno 80% dal 2000 al 2014), salvando la vita di circa 1,7 milioni di bambini. Passi in avanti, certo, ma per l'Unicef i risultati "non sono ancora equi".

I minori che vivono in condizioni di povertà, infatti, hanno il doppio delle probabilità di morire entro i cinque anni e di soffrire di malnutrizione cronica rispetto ai loro coetanei più ricchi. Un bambino nato in Sierra Leone rischia trenta volte di più una morte precoce rispetto a uno venuto alla luce nel Regno Unito.

Rischio maggiore in Africa Subsahariana

Nell'Africa Subsahariana la mortalità materna è pari a 1 su 36, contro 1 su 3.300 dei paesi più ricchi. E nella stessa regione almeno 274 milioni di bambini – circa due su tre – vivono in condizioni di povertà multidimensionale: senza nulla di ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere e svilupparsi; il 60% dei giovani tra i 20 e i 24 anni ha frequentato la scuola per meno di quattro anni. Se continua questa situazione, denuncia l'Unicef, entro il 2030 "in Africa sub Sahariana si verificheranno la metà delle morti per cause prevenibili dei 69 milioni di bambini, oltre la metà dei 60 milioni di bambini che in età da scuola primaria non frequenterà le scuole, 9 bambini su 10 vivranno in condizioni di povertà estrema".

Il quadro presentato dal rapporto è preoccupante "per ciò che il futuro riserva ai bambini più poveri del mondo, a meno che i governi, i donatori, le organizzazioni internazionali e del mondo economico non accelereranno i propri sforzi a favore dei bisogni di questi bambini".

"Non dare una giusta opportunità nella vita a centinaia di milioni di bambini significa minacciare ancora di più il loro futuro – in questo modo si alimentano i cicli di svantaggio intergenerazionale, mettendo in pericolo il futuro delle loro società", ha dichiarato Anthony Lake, Direttore generale dell’Unicef, secondo cui "abbiamo una possibilità: investire per questi bambini adesso o contribuire a rendere il nostro mondo ancora più diseguale e diviso".

L'organizzazione chiede di intervenire, perché "investire sui bambini più svantaggiati può dare benefici nell'immediato e nel lungo periodo". In media, si legge, "ogni anno in più di scuola per un bambino rappresenta da adulto un incremento di circa il 10% della paga da lavoro. E, in media, per ogni anno di scuola in più completato da un giovane adulto in un paese, il tasso di povertà di quel paese diminuisce del 9%".

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