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Alberto Stasi condannato. Rita Poggi: “Chiara, ce l’hai fatta”

Alberto Stasi è stato condannato a 16 anni di carcere per l’omicidio di Chiara Poggi avvenuto il 13 agosto del 2007 a Garlasco. I genitori della vittima: “Soddisfatti, non abbiamo mai mollato”.
A cura di Susanna Picone
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“Ora guarderò Chiara e le dirò ‘ce l'hai fatta’”: queste le prime parole pronunciate da Rita Poggi dopo che i giudici di Milano hanno dato un nome all’assassino della figlia uccisa ormai sette anni fa, il 13 agosto del 2007 a Garlasco. Per il delitto di Garlasco la Corte d’Assise d’Appello ha riconosciuto colpevole Alberto Stasi, il fidanzato di Chiara Poggi. Sarebbe stato lui a uccidere quella mattina d’estate la giovane nella sua villetta a Garlasco e poi a chiamare i soccorsi dicendo di aver trovato il cadavere. Stasi è stato condannato a 16 anni di carcere: i giudici non hanno riconosciuto l’aggravante della crudeltà. Inoltre la Corte ha disposto un risarcimento di un milione di euro ai genitori e al fratello di Chiara Poggi. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 90 giorni. A chi a Rita Poggi chiedeva se avesse guardato Stasi dopo il verdetto, la mamma di Chiara ha risposto: “Non ho guardato, ho ascoltato e basta”. “Volevamo la giustizia e dopo sette anni è arrivata, non abbiamo mai mollato”, ha detto ancora parlando ai giornalisti con a fianco il marito Giuseppe. Quest'ultimo ha voluto ringraziare i legali di parte civile, gli avvocati Gian Luigi Tizzoni e Francesco Compagna, e tutto il pool legale. “Chiara era diventata – ha spiegato Giuseppe Poggi – anche la loro figlia, non solo la nostra”.

Alberto Stasi sconvolto dopo la sentenza di condanna

La condanna a 16 anni di carcere se da un lato rende felici i genitori di Chiara Poggi che non hanno mai mollato in questi anni, dall’altro sconvolge l’ex studente bocconiano Alberto Stasi per la prima volta, dopo sette anni, riconosciuto colpevole. L’unico accusato della morte della giovane prima che i giudici si ritirassero per prendere la loro decisione aveva chiesto di non cercare a tutti i costi un colpevole condannando un innocente. E dopo la sentenza di condanna le persone a lui vicine hanno descritto, appunto, una persona sconvolta. Il giovane è rimasto impietrito e ha lasciato velocemente da un’uscita laterale l’aula e il Palazzo di Giustizia accompagnato dai suoi legali.

Le impronte, il sangue e la bici da donna: gli elementi contro Stasi

Il verdetto di ieri sera per il giallo di Garlasco è arrivato dopo che gli ermellini hanno annullato la sentenza di assoluzione e rinviato gli atti a Milano a una nuova sezione della Corte d'Assise d'Appello ritenendo che occorresse una valutazione complessiva e unitaria degli elementi acquisiti e dunque una rilettura di tutti gli indizi. Indizi che la Suprema Corte ha indicato: si va dalle impronte digitali di Alberto Stasi ritrovate sul dispenser del sapone in bagno al fatto che la vittima ha aperto la porta di casa a una persona che di certo conosceva. Dall'assenza di alibi tra le 9.12 alle 9.35, la finestra di 23 minuti in cui è stata collocata l'aggressione, al Dna della vittima rintracciato su uno dei pedali della bici bordeaux Umberto-Dei Milano di Alberto. E ancora il fatto che Stasi non si fosse macchiato di sangue le suole delle scarpe. A partire da questi elementi la Corte ha disposto altri accertamenti tra cui la camminata di Stasi estesa anche ai due gradini e alla zona antistante la scala dove giaceva il corpo senza vita di Chiara Poggi.

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