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Zaia: “Non vogliamo rottura con Roma, i Veneti sono orgogliosi della bandiera”

Il presidente della Regione Veneto ha spiegato a Fanpage.it i motivi per cui la sua Giunta ha approvato una legge che impone l’obbligo di esposizione del gonfalone con il Leone di San Marco. E il clima si surriscalda con il Governo, in vista del referendum sull’autonomia del 22 ottobre, dopo la decisione del Cdm di impugnare la legge.
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A cura di Annalisa Cangemi
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"Non c'è nulla di sovversivo nella scelta di esporre la bandiera veneta negli edifici pubblici", lo spiega il presidente della Regione Luca Zaia. Gli abbiamo chiesto se questa legge, la numero 28 del 5 settembre scorso, esprima una volontà diretta dei cittadini, o se si tratti dell'ennesima provocazione della Lega Nord, come ha ipotizzato il sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega agli Affari regionali Gianclaudio Bressa del Pd. Secondo Bressa Zaia ha fatto approvare questa legge proprio per iniziare un braccio di ferro con Roma, sottolineando il contrasto tra centralismo e autonomia. Il Consiglio dei ministri intanto ha impugnato la legge.

"Secondo me a Roma non hanno neanche letto la legge. Non c'è nulla di scandaloso. Il Leone di San Marco è esposto ovunque nella nostra Regione, per me è un fatto di identità e di civiltà. Se fossi al Governo assicurerei l'esposizione di tutte le bandiere regionali negli edifici pubblici di appartenenza. Penso spesso a Cossiga, che il giorno del suo funerale fece mettere il gonfalone sardo con i quattro mori sul suo feretro, avvolto insieme al Tricolore", dice Zaia. Per il presidente della Regione Veneto la questione della bandiera parte da lontano, dal 2015, durante la compagna elettorale per le amministrative che ha poi decretato la sua vittoria, per la seconda volta. Non si tratterebbe di un modo per lanciare una sfida allo Stato in vista del referendum consultivo per l'autonomia del 22 ottobre, preparando il terreno di gioco per la campagna elettorale.

Perché allora questa legge? Perché secondo Zaia non serviva per segnare una distanza dal Tricolore, che secondo la nuova norma verrebbe sempre esposto accanto alla bandiera dell'Ue, ma era necessaria per garantire il rispetto ad una bandiera con mille anni di storia, e normarne l'esposizione, così come avviene con la bandiera italiana: "Ne andiamo orgogliosi. È stato imbarazzante guardare per tanti anni la bandiera italiana sventolare dal Palazzo Ducale senza la bandiera con il Leone di San Marco. E allora ci voleva una norma". 

Sul referendum Zaia ha precisato che l'interesse del Veneto è quello di esercitare l'autonomia nelle materie contemplate dall'articolo 117 della Costituzione, quello che determina la potestà legislativa dello Stato e delle Regioni. Materie come la scuola, la sicurezza, la tutela della salute. "Noi come Regione, secondo la Costituzione, potremmo avere 22 competenze in più. Noi vogliamo né più né meno che quelle competenze, non c'è nessuna rottura con lo Stato". 

E proprio sulla salute la Giunta regionale è intervenuta oggi 25 settembre con una legge per il territorio veneto, che stabilisce nuovi limiti per i Pfas, le sostanze perfluoroalchiliche che inquinano le acque. La decisione è arrivata dopo un botta e risposta con il ministero della Salute, colpevole, secondo Zaia, di non aver fatto nulla per stabilire dei limiti nazionali per queste molecole dannose per l'uomo.

La Giunta regionale ha approvato una delibera che fissa in 90 nanogrammi per litro (di cui 30 di pfos) il limite di Pfas contenuti nelle acque potabili e in 300 nanogrammi per litro la presenza di sostanze "a catena corta" (quindi ad esclusione di Pfos e Pfoa, molecole che hanno invece un alto grado di biopersistenza), per il cosiddetto "principio di precauzione", anche se ancora nessun Paese al mondo ha posto questo limite specifico: "Abbiamo chiesto a maggio 2017 di fissare dei limiti nazionali, ci hanno risposto dal ministero della Salute che il problema è nostro e dobbiamo arrangiarci", commenta Luca Zaia. Il presidente Zaia e gli assessori hanno anche ricostruito le fasi della vicenda, distribuendo le lettere inviate al Governo per chiedere la fissazione di parametri nazionali. La prima lettera risale al 12 maggio 2017, con un sollecito del 23 agosto. Il rifiuto ufficiale da parte della Direzione Generale della Prevenzione del Ministero della Salute è arrivato il 18 settembre. La Germania (tre anni fa) e la Svezia hanno già fissato i limiti per le sostanze Pfas. Il Veneto ci è arrivato prima dell'Italia. "Noi abbiamo un problema con i Pfas, la gente beve l'acqua inquinata e si ammala e nessuno ha fatto nulla finora. Non è una questione conflitto di competenze tra Stato e Regioni. Stiamo semplicemente governando".

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