“Dico verità scomode sulla maternità ma con il sorriso”: la voce di Alessandra contro la solitudine nel post-parto

Un sorriso smagliante ma, per gli occhi più attenti, visibilmente forzato e uno sfondo di gattini che compare improvvisamente dietro di lei, così Alessandra Scarpis, su Instagram @veryscarpis, diventata mamma a 32 anni, racconta in maniera sincera e dissacrante uno dei periodi più stravolgenti e complessi della sua vita: la nascita della sua piccola Olimpia.
Non si limita a raccontare il suo vissuto, ma dà voce a tutte quelle donne che le scrivono per ringraziarla delle sue parole così crude e sincere che, per la prima volta, non le hanno fatte sentire “mamme sbagliate”.
A fanpage.it Scarpis ha raccontato la sua esperienza di maternità e il suo desiderio di raccontarsi in una maniera originale ed estremamente sincera: “La solitudine e la depressione che ho vissuto dopo la nascita di mia figlia, quando ero la prima del mio gruppo di amiche ad essere diventata mamma, io le ricordo benissimo. Spero di essere per le madri che si sentono sole la voce che avrei voluto mi tenesse compagnia”.
Alessandra, ci racconti la tua vita prima di tua figlia e il desiderio di maternità?
Quando sono rimasta incinta di Olimpia avevo 32 anni e una vita davvero molto piena, soprattutto di lavoro. Ho dato tutta me stessa per la mia carriera, ho girato e cambiato diverse città, vivendo tra Milano, Londra e Roma, nel tentativo di trovare il mio posto, come accade a molti della mia generazione. Il mio desiderio di maternità si è sempre fatto spazio in questa corsa sfrenata, perché io, da che ne ho memoria, mi sono sempre immaginata mamma. Ho cercato di darmi una spiegazione a questo desiderio e ho capito che, facendo parte di una generazione di mezzo, su di me è ricaduto il peso gentile delle imposizioni che invece venivano fatte alla generazione precedente, quel "dovresti fare un figlio" mi ha inevitabilmente influenzata. Ho davvero fatto mio il sogno di un figlio, però, quando i miei genitori si sono separati e ho iniziato a immaginare una famiglia diversa da quella che avevo avuto.
In che modo la nascita di Olimpia ha stravolto, se lo ha fatto, la tua esistenza?
Sì la nascita di Olimpia, mia figlia, ha stravolto la mia esistenza, perché è stato un forte stop alla mia vita frenetica di prima. La maternità mi ha messa a nudo, mi ha obbligata a superare i miei limiti ed è stata davvero sfidante, anche per tutte le domande che mi ha obbligata a pormi. Ho fatto molta psicoterapia e analizzato a fondo la mia vita, lavorando su me stessa, come la maternità mi ha portato a fare: in maniera continua e spietata. Io sapevo di voler crescere mia figlia in maniera consapevole, lontana da quei "si è sempre fatto così" e da quando è nata sento proprio di aver cambiato pelle.
Da cosa è nata l'esigenza di raccontare la maternità sui social?
Avevo in mente un progetto che alla fine non si è realizzato, sulla genitorialità e avevo bisogno di creare una community. Come spesso accade nella vita, muovendomi verso un obiettivo, ne ho raggiunto un altro. Raccontando la mia esperienza di maternità in maniera sincera, che talvolta appare cruda anche per la mia decisione di non far mai apparire mia figlia nei video, e dissacrante ho iniziato a ricevere moltissimi messaggi. Tante donne mi hanno rivelato di ritrovarsi nelle mie parole e di essersi sentite a lungo sbagliate, e sole prima di quelle. Questa solitudine, che anche io ho vissuto alla nascita di mia figlia, avendo abitato a lungo a Milano ed essendo stata la prima a diventare madre, mi ha spinta ad essere una voce che fa compagnia, quella che io cercavo nel post-partum e non riuscivo a sentire.
Nei video dai voce alla tua maternità e a quella di altre donne, sono i racconti delle amiche? Perché pensi si faccia fatica a non descriverla come un momento roseo?
Sono i racconti di molte ragazze che mi seguono oltre ai miei e decido di dare voce a loro perché secondo me c'è un fortissimo bisogno di sentirsi rappresentate e di non pensarsi sbagliate. Uno dei motivi per cui ancora oggi si fa davvero fatica a non parlare della maternità sempre e solo come un momento felice è proprio il senso di colpa, è come se rivelandosi stanche e frustrate, le madri sentissero di tradire il loro ruolo genitoriale. Con i miei video cerco di dare voce a tante situazioni per convincere le mamme che possono amare loro figlio alla follia ma sentirsi perse, esauste anche se grate. In questo modo tiro fuori le loro preoccupazioni dal silenzio dove, ristagnando, rischiano di fare enormi danni.
Hai parlato di due tipologie di dolori che si provano nel post parto, quello psicologico, fatto di solitudine e depressione e quello fisico, punti, emorroidi, odore durante l’allattamento. Dare al mondo una vita è davvero una gioia tanto grande da cancellare tutto questo? Il corpo di una donna vale così poco?
Partirei dal concetto secondo cui dopo il parto si dimentica immediatamente tutto il dolore vissuto, io posso dire che ad oggi, a 3 anni dalla nascita di mia figlia, ricordo perfettamente la solitudine e il senso di smarrimento che ho vissuto dopo la sua nascita. Il dolore poi è soggettivo, dipende dalla sedazione, dal tipo di parto, dalla propria soglia del dolore, ovviamente ricordo il dolore del cesareo. Nel corso dei secoli ci siamo convinti che il valore del corpo della donna dipendesse solo dalla sua capacità di procreare, oggi si sa che non è così, che si può diventare madri senza smettere di essere persone, con sogni e ambizioni individuali. Certo è assurdo che con queste consapevolezze ancora oggi raccontiamo la maternità sempre e solo come un momento magico.
Hai parlato di pentimento materno: hai mai provato rimpianto per la vita prima di tua figlia?
Io ho provato una forte nostalgia per la mia vita di prima, soprattutto nel primo anno e mezzo dopo la nascita di mia figlia. Quel periodo fatto di solitudine, angoscia e senso di inadeguatezza, mi ha davvero messa alla prova. Mi ha anche convinta che non sarebbe mai passato, invece le emozioni poi si sono trasformate, la mia bimba è cambiata e cresciuta, sono mutate le sue esigenze e io mi sono ritrovata a rincorrerla e ad elasticizzarmi, adattandomi alle sue esigenze. Quindi la mia nostalgia per la vita di prima si è affievolita e la persona che ero non si è persa ma espansa e intrecciata a quella che sono oggi.
I tuoi video sono dissacranti, racconti esperienze terribili con il sorriso e uno sfondo di gattini, pensi che questa sia l'immagine che il mondo ha delle mamme?
In quello specifico format parlo di cose socialmente poco accettate sulla maternità e volevo farlo un una modalità tagliente. I gattini servono ad ammorbidire certi contenuti, che altrimenti risulterebbero ancora più pesanti e li ho scelti perché sono come il prezzemolo, si trovano ovunque e rendono il piatto più digeribile. Poi io esprimo quei concetti con il sorriso, a cui spesso mi obbligo perché credo che facendolo cambi anche il modo di affrontare le cose, cercare di essere felici è una forma di resilienza.
In un video hai detto: "ho scoperto che la maternità non si può incastrare", mi spieghi questa frase?
Questa è una consapevolezza a cui sono arrivata da sola e alla quale nessuno mi aveva preparata. Analizzandomi, nel post-partum, ho capito che il dolore che provavo derivava da una mia idea di continuità, che avevo avuto anche durante la gravidanza, avevo continuato a lavorare ad avere rapporti sociali, insomma a vivere la vita di sempre. Quando è nata Olimpia è stato come se qualcuno avesse premuto un pulsante di stop, fermandomi fisicamente, mentalmente e socialmente da quella che era sempre stata una vita fatta di corse. Ho cercato di incastrare la maternità nello stile di vita precedente, ma ho capito che era impossibile, perché la genitorialità obbliga a rallentare, anche a sentirsi inefficienti, in una società che convince che il nostro unico obiettivo è correre senza perdere tempo. I bambini non funzionano secondo queste regole, sono incredibilmente lenti, richiedono spazio, tempo e attenzione e ti obbligano a rivedere tutte le tue priorità, una lezione che per me è stata complessa ma importante.
In un video hai parlato anche dei commenti non richiesti della gente, amici e parenti possono rendere complesso un racconto sincero della maternità?
Ancora serpeggia tra noi l'ideale di una mamma perfetta, che non si lamenta perché tutto ciò che vive fa parte del suo nuovo ruolo. Se un giorno era il villaggio a dispensare consigli, oggi siamo bombardati da informazioni su come sarebbe giusto crescere i propri figli. In realtà io penso che per raccontare in maniera sincera la maternità sia necessario ascoltarsi e imparare a schermarsi dai commenti provenienti dal mondo esterno. Se chi ci sta intorno non è in grado di aiutarci come vorremmo, secondo me è importante anche apprezzare ciò che fa, spostando lo sguardo e imparando ad accettare le persone per come sono. Anch'io all'inizio vedevo quello che mi mancava, mi sentivo da sola, non compresa, poco sostenuta, ho poi capito che a modo loro, le persone attorno a me, cercavano di esserci. Ero io che non coglievo quella cosa e ognuno chiaramente cerca di esserci con i propri limiti, come io ce li ho e gli altri ce li hanno.
Hai parlato anche del lavoro invisibile che si nasconde dietro al diventare madre, ci fai qualche esempio?
Innanzitutto la fatica di abituarsi a una nuova tua nuova vita, dove tutto è cambiato e non puoi più vivere come prima, per me è stato difficilissimo capire che rallentare non è fallire, per esempio. Poi c'è tutto quel lavoro fisico ed emotivo che deriva dalla gestione del bambino, ci si domanda di continuo quante ore abbia dormito, se abbia mangiato abbastanza, se è stanco, se nel borsone c'è tutto quello che gli serve. Poi ci sono il cambio stagione, le visite mediche, i vestiti che non gli entrano più, i nuovi stimoli a cui bisogna essere sempre pronti e reattivi, è un carico enorme che tutti dovrebbero conoscere.