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Un museo per Samuel Bak, l’uomo che a soli nove anni sfidò il nazismo con l’arte

Organizzò la sua prima mostra a soli nove anni, nel ghetto ebraico di Vilnius. Oggi Samuel Bak torna nella sua città natale per inaugurare un museo dedicato alla sua arte.
A cura di Federica D'Alfonso
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Samuel Bak, "Pears" (1977).
Samuel Bak, "Pears" (1977).

Era solo un adolescente quando insieme alla madre abbandonò la Lituania per sfuggire alle persecuzioni naziste: settantacinque anni dopo Samuel Bak torna a Vilnius, dove è appena stato inaugurato un museo interamente dedicato alla sua arte. Situate all’interno del Museo nazionale ebraico della capitale, le sale raccolgono decine di opere che ripercorrono le esperienze della guerra e raccontano le storie di migliaia di ebrei vittime dell’olocausto.

La fuga disperata, l’orrore e la ferocia dei nazisti, i volti di migliaia di vittime senza nome: tutto questo Samuel Bak lo ha trasformato in arte, e lo fa fin da bambino. Nel 1942, a soli nove anni, inaugura la sua prima mostra nel ghetto della città: da lì a pochi giorni tutta la sua famiglia verrà sterminata e lui, insieme a sua madre, sarà costretto a lasciare per sempre la Lituania. Almeno fino ad oggi: oltre all’esposizione permanente, il Museo ebraico ha annunciato l’imminente apertura di un altro spazio espositivo e di un centro educativo in suo nome.

La memoria attraverso l’arte

"Broken Key"
"Broken Key"

Negli anni Quaranta Samuel era soltanto un bambino, e insieme ai suoi genitori viene trasferito nel ghetto di Vilnius, allora appartenente al territorio polacco e chiamata “la Gerusalemme del Nord” per via dei numerosissimi ebrei che l’abitavano. Delle 80 mila persone che vivevano quel ghetto, soltanto duecento sopravvissero alla guerra e agli orrori del nazismo: della sua famiglia soltanto lui e sua madre si salvano, riuscendo a nascondersi in un convento benedettino per poi emigrare in Israele nel 1948.

Le opere di Bak uniscono storia personale e vicende collettive creando un linguaggio ricco di simboli, alimentato soprattutto dai ricordi d’infanzia e dalla forte denuncia dei crimini nazisti. I critici hanno riconosciuto nella sua carriera artistica un’importante testimonianza dell’esperienza dell’Olocausto: in modo molto spesso indiretto, Samuel Bak anche a distanza di anni continua a dipingere il ghetto di Vilnius con i suoi abitanti ormai dimenticati. Significativi nella sua opera sono tutta una serie di simboli ricorrenti, come le pedine mutilate degli scacchi.

"The Family" (1974).
"The Family" (1974).

Sono arrivato ad un'età in cui la maggior parte del mio futuro è alle mie spalle. E posso sorridere felicemente perché sono stato molto fortunato. La mia arte è apprezzata, mi fornisce una vita decente e mi permette di creare in piena libertà. Ma quando ho iniziato a dipingere, da bambino, mi sentivo molto solo. Oggi ho la sensazione che tutta una folla mi circondi: mio padre, i miei nonni, le mie zie e i miei zii e una grande folla di ebrei senza volto della vecchia Vilnius, una moltitudine di persone le cui vite finirono in una tragica fine. E tutti sono orgogliosi del loro ragazzo; è alla loro memoria che dedico il Bak Museum.

Abbandonata Vilnius Samuel Bak si trasferisce prima a Gerusalemme, dove studia presso la Scuola di Bezalel, per poi spostarsi a Parigi dove frequenta l’Accademia di Belle Arti. Per circa sette anni vive a Roma, prima di trasferirsi definitivamente negli Stati Uniti. Nel 2001 torna per la prima volta in Lituania avviando il progetto che ha portato alla realizzazione del nuovo museo in suo nome.

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