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Opinioni

Tassi e spread in calo sui Btp, per i mutui nulla cambia

La Bce ha tagliato i tassi sull’euro ai minimi storici. Gioisce il Tesoro, che rispetto al novembre 2011 paga ormai la metà degli interessi sui propri titoli, mentre restano in attesa di benefici tangibili aziende e famiglie italiane…
A cura di Luca Spoldi
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Buone notizie per il Tesoro: ieri sera il Btp decennale guida ha chiuso la settimana di contrattazioni a Milano esprimendo un rendimento del 3,82% (appena di 6 centesimi superiore alla chiusura di giovedì, influenzata benevolmente dalla decisione della Bce di tagliare i tassi ufficiali sull’euro). Ancora meglio, lo spread contro i Bund decennali tedeschi si è ridotto al 2,58% (i Bund hanno infatti perso in giornata leggermente più dei Btp, con un rendimento risalito di otto centesimi all’1,24%). Sembrano lontani anni luce le tensioni che solo nel novembre del 2011 avevano portato il differenziale di rendimento tra i due titoli ad un massimo infragiornaliero del 5,74% e ad un rendimento massimo (sempre infragiornaliero) del 7,365% per il titolo italiano.

Considerando che circa i tre quarti del debito pubblico italiano è rappresentato da titoli a media-lunga scadenza a tasso fisso, i Btp appunto, non occorre essere dei geni per capire come la ritrovata, sia pure in forma precaria, credibilità del Belpaese e il conseguente dimezzamento dei rendimenti che il Tesoro italiano deve pagare per riuscire a collocare i propri titoli di debito possano offrire un sollievo ai conti dello stato e quindi (evitando la formazione di ulteriore debito e/o l’inasprimento del prelievo fiscale e/o dei tagli alla spesa) all’economia in generale. Se poi aveste dubbi confrontate il tasso Rendistato (che rappresenta una media del tasso pagato su tutti i titoli di stato italiani, elaborato dalla Banca d’italia) tra il novembre 2011 (quando toccò un picco del 6,803%) e fine aprile scorso (quando è risultato pari al 3,346%) e provate a fare due calcoli: pagare il 3,457% in meno ogni anno su una massa di oltre 1685 miliardi di titoli pubblici equivale (ogni anno!) ad un risparmio di 58,25 miliardi.

Per dirla in termini di “Imu sulla prima casa”, tema che appassiona molto il leader del Pdl, Silvio Berlusconi (ma che non dovrebbe appassionare altrettanto gli italiani, se badassero alla sostanza delle cose e non alla forma), sono circa 12 volte gli importi di cui si discute se e come ridurli e/o azzerarli (purtroppo per tutti noi l’unico modo apparendo, al momento, tramite l’istituzione di altre forme di prelievo o tagli alla spesa di importo equivalente, come ho già tentato di spiegare). Bene, anzi mica tanto: se il Tesoro tira un grande sospiro di sollievo (e prima o poi qualcuno dovrà dare merito anche all’ex premier Mario Monti di aver provocato qualcosa di buono, nonostante le situazioni avverse sia a livello economico sia politico in cui ha dovuto operare, per non dire delle prove deludenti offerte da alcuni suoi ministri “tecnici”), gli italiani non è che possano sorridere più di tanto.

Solo per restare in tema di case, ci si attenderebbe infatti un netto calo dei costi relativi a mutui e finanziamenti a lungo termine, ma per ora non se ne vede l’ombra ed anzi il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, parlando ai microfoni del Gr1 ha subito messo le mani avanti: il taglio dei tassi da parte della Bce indurrà, ha ammesso, riduzione su quelli applicati ai mutui e ai prestiti per imprese e famiglia, ma “ci vorrà un certo tempo” e comunque “in Italia il problema principale è lo spread, occorre che questo si riduca per avere dei benefici”. Verrebbe da chiedersi quale spread ha in testa l’Abi o almeno il suo direttore generale, così da levarci ogni illusione che il credito possa tornare a livelli quanto meno fisiologici ponendo fine al credit crunch in atto da almeno tre anni, ma già vi ho spiegato che la realtà è ancora un’altra e le banche italiane, pur volessero, non sono ancora in grado di sostenere in alcun modo le aziende o le famiglie perché, semplicemente, i bilanci di molti istituti sono tutt’altro che floridi e nonostante gli utili di periodo continuano a presentare squilibri strutturali profondi che solo nel corso dei prossimi trimestri (se non anni) verranno gradualmente risolti.

A meno che, come suggerisce Alessandro Fugnoli , il pendolo dei mercati non torni a spostarsi, anche in Italia, da una richiesta di “ridondanza” (ossia di maggiore capitalizzazione e maggiore liquidità dei bilanci delle banche per evitare crisi sistemiche estremamente rischiose) ad una predilezione per “l’ottimizzazione”, ossia l’accettazione, anzi la preferenza, di minori livelli di liquidità (che non rende nulla, anzi distrugge capitale visto che offre rendimenti reali negativi ed è dunque una costosa forma di assicurazione sul futuro) e maggior utilizzo del capitale (nel caso delle imprese per nuovi investimenti o acquisizioni, o al limite per rimborsare gli azionisti tramite buy-back, nel caso delle banche per tornare a effettuare prestiti).

Nel frattempo, però, se riuscite a farvi dare un mutuo potreste dover pagare per 100 mila euro di importo dal 4,99% (Taeg) se il rimborso è sui 10 anni al 5,31% se la durata del mutuo è di 30 anni, nelle ipotesi migliori. Considerando che le banche possono prendere a prestito dalla Bce soldi all’1% a lunga scadenza (3 anni per chi ha partecipato lo scorso anno alle due Ltro o utilizza le operazioni di rifinanziamento marginale) o anche meno a breve scadenza (lo 0,50% per le operazioni di rifinanziamento principali), tutto il resto è uno spred che gli istituti applicano alla clientela in parte per il maggior rischio che sopportano a prestare soldi in questa fase economica, in parte per l’esigenza di riequilibrare (facendo pagare il costo alla clientela) gli squilibri di bilancio di cui sopra. In entrambi i casi (e lo si può vedere ancora meglio se provate a verificare il costo di un mutuo a tasso variabile, che attualmente è tipicamente offerto con spread sull’Euribor a 1 o a 3 mesi che oscillano tra il 2,8% e il 3,2% a seconda delle scadenze, sempre nella migliore ipotesi) lo spread che le banche applicano ai loro clienti è sempre superiore a quello che i mercati applicano tra Btp e Bund. Sempre in attesa dei magici benefici di un ulteriore calo degli spread, naturalmente.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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