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Stupro delle studentesse a Firenze: chiesto il processo per i carabinieri Costa e Camuffo

La Procura di Firenze ha chiesto il rinvio a giudizio per i due carabinieri accusati di aver violentato due studentesse statunitensi nell’androne di un palazzo del centro della città: nel frattempo i due militari sono stati destituiti dall’Arma e sono già sotto processo di fronte al Tribunale Militare.
A cura di Davide Falcioni
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Marco Camuffo e Pietro Costa, i due carabinieri di Firenze accusati di aver violentato due studentesse statunitensi nell'androne del palazzo in cui abitavano la notte tra il 5 e il 6 settembre scorso in Borgo Santissimi Apostoli, nel pieno centro storico della città, potrebbero finire a processo. La Procura di Firenze ha infatti chiesto il rinvio a giudizio per i due militari, entrambi accusati di violenza sessuale aggravata; la richiesta è stata inoltrata dal sostituto procuratore Ornella Galeotti, titolare delle indagini.

Sarà il gip del Tribunale di Firenze a decidere, ma nel frattempo sia Camuffo che Costa sono stati destituiti dall'Arma dei Carabinieri su richiesta del Comando Generale accolta dal Ministero della Difesa. I due sono anche sotto processo di fronte al Tribunale Militare: anche la Procura Militare, infatti, nei mesi scorsi ha aperto un'inchiesta "parallela" dalla quale emergerebbero gravissimi indizi a carico dei due, che in ogni caso hanno violato una serie importante di norme vigenti nell'Arma. A questo punto il rinvio a giudizio appare ormai scontato, e ad ammetterlo è anche Gabriele Zanobini, legale rappresentante di una delle due studentesse statunitensi che hanno denunciato la violenza sessuale: "Ne ero sicuro, così come ero sicuro del fatto che i due carabinieri sarebbero stati destituiti", ha detto, riferendosi alla richiesta di rinvio a giudizio. "Poi naturalmente bisogna vedere come andrà il processo, che è ancora tutto da fare" ha aggiunto l'avvocato. In merito alla sua assistita, l'avvocato Zanobini ha detto: "L'ho sentita pochi giorni fa, è tranquilla. Ha ripreso a studiare all'Università. Lei non verrà in Italia per il processo: non perché ha paura ma perché l'incidente probatorio cui è già stata sottoposta, è servito proprio a cristallizzare la sua versione". E quindi non ci sarà nessun bisogno di ribadirla.

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