Nicolas Ballario racconta Mimmo Jodice: “Fotografava la Napoli dimenticata, non scattava mai senza la moglie”

Il fotografo napoletano Mimmo Jodice è morto all'età di 91 anni. Il critico d'arte Nicolas Ballario a Fanpage.it ha spiegato perché è stato uno dei più grandi, apprezzato a livello internazionale: un professionista capace di uno sguardo unico sul mondo, sempre perfettamente riconoscibile col suo stile.
Mimmo Jodice, addio al grande fotografo
Classe 1934, Mimmo Jodice era nato a Napoli, città a cui è stato profondamente legato per tutta la vita che ha fatto anche da ispirazione e da protagonista, nella sua produzione. "È rimasto orfano molto presto e quando aveva 10 anni è andato a fare il garzone di bottega. Ha lavorato prima in un negozio di scarpe e poi in una delle librerie storiche di Portalba. Da lì è diventato rappresentante di libri e soltanto a 30 anni passati ha iniziato a fotografare. Prima della fotografia ha iniziato dipingendo. Era bravissimo, tra l'altro" ha ricordato Ballario. Quello su Napoli, era uno sguardo tutto suo: "Fin dall'inizio andava a fotografare la Napoli dimenticata da Dio e poi di notte andava ad attaccare manifesti nelle zone borghesi della città per far vedere ai napoletani che cos'era l'altra Napoli". Ma nella sua carriera ha portato avanti anche altri temi: "Era fissato con l'archeologia. Da ragazzino non aveva i soldi per andare al Museo Archeologico di Napoli: si metteva lì davanti e dopo settimane il guardiano lo fece entrare gratuitamente. Poi il mare: l'acqua è sempre stato un suo elemento".

In tutta la sua sconfinata produzione, è rimasto sempre molto fedele a se stesso e al bianco e nero: "Era uno dei pochissimi fotografi della storia italiana davvero riconoscibile: nella fotografia d'avanguardia era il più grande di tutti. È riuscito a fare tante cose diverse, ma soprattutto governava la luce, perché lui era anche un artigiano nella camera oscura. Cambiava il senso delle fotografie. Forse la cosa la cosa più grande, la cosa più importante è che lui ci metteva tantissimo a fotografare: faceva delle fotografie con dei tempi di esposizione molto lenti. Questo dava alla fotografia una sorta di scia di luce luminosa che bilanciava la fotografia. Infatti tutte hanno un punto di bianco assoluto e un punto di nero profondo: lui lì in mezzo giocava, in mezzo scriveva tutto quanto. Solo così si poteva capire la vastità della gamma di colorazioni che lui usava, pur usando il bianco e nero".

Dagli anni Novanta in poi ha portato le sue mostre nei musei di tutto il mondo: Philadelphia Museum of Art, Maison Européenne de la Photographie, Massachusetts College of Art and Design, Moscow House of Photography, Museu de Arte de São Paulo. Il riconoscimento, a livello internazionale è arrivato tardi: "Solo negli ultimi 20 anni è stato rivalutato, prima non lo considerava nessuno. È diventato famoso grazie alla Francia, perché il Ministero della Cultura francese aveva un programma pazzesco per per i fotografi e lui era entrato. Andava a fotografare Parigi, tutte le grandi città francesi e così è riuscito a imporsi nella scena. Prima in Francia e poi in Italia". Tra le foto più iconiche e indimenticabili: "Ce n'è una pazzesca di un malato psichiatrico che guarda dal buco della serratura, perché lui andava anche nei manicomi prima della legge Basaglia. Poi le foto dei ragazzini di Napoli costretti a lavorare, ce n'è una con ragazzini di 7-8 anni che portano una bara".

E non si può parlare della produzione di Mimmo Jodice senza menzionare la moglie Angela, sua compagna di vita: "Jodice non scattava mai senza Angela Jodice, che è una signora molto anziana, ma ancora sveglissima, intelligente, molto dolce. La fotografia deve a Mimmo Iodice quanto ad Angela Iodice, perché lei è veramente stata al suo fianco sempre ed è stata determinante per il suo lavoro".