Stitichezza, tra falsi miti e abitudini sbagliate: “Il colon irritabile rappresenta una delle cause primarie”

La stitichezza non è solo un fastidio passeggero: può trasformarsi in un problema serio se trascurata, influenzando il benessere quotidiano, il tono dell’umore e persino la routine lavorativa. Molti la sottovalutano, pensando sia una condizione normale, ma in realtà conoscere le cause, i sintomi e le strategie per prevenirla fa una grande differenza. Per capire come affrontare questo disturbo in modo efficace, abbiamo intervistato due esperti: il dott. Francesco Mandarino, gastroenterologo dell'Unità di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva dell'IRCCS Ospedale San Raffaele, e la dott.ssa Ambra Ciliberto, consulente dietista dell’Unità di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva dell’IRCCS. Abbiamo parlato insieme a loro delle abitudini da cambiare, degli errori da evitare e come sostenere l’intestino con l’alimentazione e lo stile di vita, senza ricorrere automaticamente a farmaci o rimedi fai-da-te.
Cos’è davvero la stitichezza
La stitichezza si definisce clinicamente come una difficoltà persistente nell’evacuazione. Mandarino spiega che: "L’alvo considerato normale è almeno una volta al giorno, con feci formate e senza modificazioni nella consistenza o nel colore". La stipsi diventa cronica quando i disturbi si protraggono oltre le quattro settimane e può presentarsi sia in persone che hanno sempre avuto una certa irregolarità, sia in soggetti che sviluppano un’improvvisa difficoltà evacuativa dopo anni di normalità. Quest’ultimo caso è quello che richiede più attenzione, perché l’insorgenza acuta può indicare la presenza di una patologia sottostante.
Le cause, tra fattori funzionali, organici e psicofisici
"Molti casi di stipsi derivano da cause funzionali, come la variante stitica del colon irritabile, che rappresenta la maggior parte dei casi, soprattutto nelle donne giovani", spiega Mandarino. Esistono poi situazioni in cui la difficoltà evacuativa è un campanello d’allarme: un addome molto dolente, non trattabile, la presenza di sangue nelle feci o un calo ponderale possono far sospettare una stenosi intestinale, dovuta a patologie infiammatorie o neoplastiche. Anche diversi farmaci influenzano possono influenzare la motilità intestinale: gli oppiacei, alcuni antidiabetici e terapie modificate di recente sono spesso coinvolti. Inoltre, condizioni endocrine e metaboliche come l’ipotiroidismo, l’iperparatiroidismo e le alterazioni elettrolitiche (ipercalcemia, ipokaliemia) devono sempre essere escluse nella valutazione di una stipsi persistente. "A incidere è anche la condizione psicofisica" ricorda Mandarino"lo stress non causa solo stipsi ma più spesso un alvo alterno, con periodi di diarrea e periodi di stitichezza", e può essere amplificato da situazioni come ricoveri, allattamento o fasi di debilitazione.
Quando usare lassativi, clisteri ed esercizio fisico
Il primo intervento consigliato da Mandarino non è farmacologico. Il medico infatti consiglia in primo luogo una dieta corretta, una buona idratazione ed esercizio quotidiano, perché restano i pilastri più importanti. "Tenere l’organismo idratato permette di avere una buona fisiologia dell’intestino", sottolinea. "Quando queste misure non funzionano, si può ricorrere ai lassativi osmotici, come il macrogol, considerati più sicuri rispetto ai procinetici e agli irritanti, che possono essere dannosi soprattutto in presenza di una causa organica". Mandarino spiega che sono da evitare anche i lassativi a base di erbe irritanti, come le cosiddette cinque erbe, legate alla melanosi del colon. Infine, nelle forme resistenti, l’uso periodico di clisteri può aiutare a svuotare l’ampolla rettale e a correggere un’eventuale ridotta percezione dello stimolo, in alcuni casi, esercizi di biofeedback migliorano la coordinazione del pavimento pelvico.
Cosa evitare a tavola: proteine in eccesso, poca acqua e scarsa regolarità
"Dal punto di vista nutrizionale, la prima causa di stipsi è una dieta sbilanciata, ricca di proteine e povera di fibre", chiarisce Ciliberto, "una dieta troppo proteica rallenta infatti il transito, soprattutto se associata a un apporto idrico insufficiente". Ciliberto sottolinea che anche la sedentarietà pesa molto, perché oggi si passa molto più tempo seduti alla scrivania o sul divano, sia per lavorare che per rilassarsi. Per quanto riguarda le verdure cotte o frullate, la quantità di fibra non cambia, anche se la consistenza può risultare più digeribile. "È utile, invece, evitare lunghi periodi senza pasti, perché l’intestino funziona meglio con una regolarità di orari, non serve essere rigidissimi, ma pranzare sempre entro un certo intervallo permette di mantenere stimolato il transito", spiega Ciliberto.
Cosa favorisce il transito: fibre, idratazione e scelte consapevoli
"Per combattere la stitichezza servono fibre di diverso tipo, quelle solubili, contenute in frutta come pere, mele e kiwi, aiutano a trattenere acqua e ammorbidire la massa fecale, mentre quelle insolubili degli integrali e dei legumi aumentano il volume e accelerano il transito", spiega il medico. Ciliberto ricorda anche che un mix tra le due fibre è una mossa vincente, ma solo se accompagnato da una buona idratazione, perché altrimenti rischia di fare un po’ effetto tappo. Anche i grassi buoni, come quelli della frutta secca o dell’olio extravergine, possono stimolare la motilità. Tra i piccoli aiuti quotidiani rientrano un bicchiere di acqua calda la mattina, due kiwi ricchi di magnesio o una piccola quantità di prugne secche. Integratori di fibre come lo psillio, fibra naturale ricavata dalle bucce dei semi della pianta del genere Plantago, possono essere utili, purché assunti lontano dai farmaci. Le tisane lassative a base di senna, invece, non sono consigliate perché agiscono per irritazione e, se abusate, possono danneggiare la mucosa.