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Nomofobia: cosa è la dipendenza da smarthpone e una terapia d’urto per liberarsene

Se avete il terrore di restare con la batteria del telefono completamente scarico forse soffrite di Nomofobia, che cosa è e come si affronta lo spiega lo psicoterapeuta Matteo Merigo.
Intervista a Dott. Matteo Merigo
Psicologo e psicoterapeuta
A cura di Francesca Parlato
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Scagli la prima pietra chi non ha mai provato un brivido di terrore vedendo il proprio smartphone al 2% senza avere un caricabatterie o una powerbank con sé. Ormai senza gli smartphone non facciamo un passo (letteralmente, ci sono persone che usano Google Maps anche nella loro città), li usiamo per lavoro, certo, controlliamo le mail, facciamo telefonate, possiamo anche utilizzarli per studiare (pensiamo all'apprendimento online) ma soprattutto sono uno strumento di svago, li usiamo per consultare i nostri social, per essere aggiornati sui trend del giorno (per scampare così alla FOMO, ovvero alla Fear Of Missing Out, la paura di essere tagliati fuori) per condividere foto, momenti, pensieri. E quando il telefono sta per scaricarsi o quando ci accorgiamo di averlo dimenticato a casa o in auto, il rischio è che scatti la Nomofobia ovvero la No MObile phone Fobia, il terrore di rimanere senza il telefono. Un termine coniato dai ricercatori britannici nel 2008 per descrivere il terrore (lieve o meno lieve) di non essere raggiungibili, di non avere il proprio smartphone con sé.

Nomofobia: siamo tutti dipendenti dal telefono?

Gli smartphone ci hanno tolto anche lo sfizio di aguzzare l'ingegno per fare i cruciverba sotto l'ombrellone: con un motore di ricerca sempre a portata di mano stiamo lì a cercare definizioni e risposte a ciò che non conosciamo. Ma si può parlare davvero di dipendenza? "La parola dipendenza ci fa subito pensare all'assunzione di qualcosa nel nostro corpo come droghe o alcol per esempio. Quando invece c'è un'interazione con un oggetto si parla di utilizzo problematico – spiega a Fanpage.it lo psicoterapeuta Matteo MerigoSmartphone, videogiochi, shopping compulsivo". L'utilizzo problematico però può tramutarsi in dipendenza. "Quando si verificano alcuni sintomi come tremori, sudorazione, tachicardia, vertigini, ansia, un eccesso di preoccupazione. Se l'impossibilità di utilizzare lo smartphone ci provoca alcune di queste reazioni, se avvertiamo la mancanza di qualcosa non solo a livello psicologico, ma anche fisico, vuol dire che siamo effettivamente davanti a una dipendenza". 

La paura di essere tagliati fuori

La Nomofobia ha un legame a doppio filo con la FOMO, la paura di essere tagliati fuori. E allora per arginare il rischio i più ‘dipendenti' si portano il caricabatterie in borsa, si accertano che ci sia sempre campo o che sia possibile attivare un hotspot, prendono tutte le precauzioni necessarie per essere connessi. "Il terrore di restare senza telefono peggiora con la FOMO, con la paura di non essere aggiornati, di non stare sul pezzo, di rimanere un passo indietro rispetto a quello che sta accadendo". 

Se la notifica ci scatena la dopamina

Il piacere che proviamo quando vediamo una notifica ha una base chimica. E si chiama dopamina. "È un neurotrasmettitore che regola le nostre emozioni – spiega Merigo – E l'attesa dell'arrivo di una notifica è esattamente simile a quando siamo in attesa per esempio di una notizia. E genera piacere o ansia". E se il telefono si scarica o non prende anche il circuito della dopamina si interrompe "E questo provoca ovviamente tensione perché si ferma bruscamente la funzione di questo neurotrasmettitore". 

Una terapia d'urto per chi non può fare a meno dello smartphone

Se vi siete riconosciuti in tutti questi esempi, se vivete lo smartphone come un prolungamento della vostra mano è arrivato il momento di fare un po' di detox. La maggior parte degli smartphone oggi ha a disposizione alcune funzionalità che servono a controllare e utilizzare il tempo di utilizzo e che ci segnalano quante ore passiamo al telefono. Possiamo provare a darci delle regole, evitare ad esempio di dormire con lo smartphone appoggiato sul comodino (un'abitudine tra l'altro poco salutare), metterlo da parte quando siamo a tavola, spegnerlo se scegliamo di guardare un film o una serie. E se questi metodi non funzionano possiamo tentare anche con una ‘terapia d'urto'. "Attiviamo tutte le notifiche, mettiamo tutti i suoni possibili, messaggi, mail, Whatsapp, Facebook, Instagram, TikTok, facciamo in modo che il telefono squilli in continuazione – suggerisce Merigo – A un certo punto non potremmo che provare fastidio verso tutti questi suoni e questo ci porterà a cancellare o a silenziare tutte quelle app e quei social che riteniamo effettivamente inutili e a ridimensionare l'uso che facciamo dello smartphone". 

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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