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Le regole dello psicologo per una convivenza sana: come comportarsi con i coinquilini in casa

Prima o poi a tutti può capitare di dover dividere casa con qualcuno. L’esperienza della convivenza può essere complicata, ecco alcuni consigli per affrontarla al meglio.
Intervista a Dott. Gianluca Castelnuovo
Direttore della Scuola di Specializzazione in Psicologia Clinica Università Cattolica di Milano.
A cura di Eleonora Di Nonno
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credits pexels.com
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Sono le sette del mattino, ti alzi e vai in cucina per fare colazione. Sul lavandino trovi i cartoni di pizza della sera prima. Non sono tuoi, è stato il tuo coinquilino a lasciarli lì. Le croste e i pomodorini come un’opera d’arte che celebra una convivenza difficile. Perché abitare con qualcuno significa allenarsi alla pazienza, scegliere la via del compromesso e diventare un essere mitologico: metà monaco buddista, metà nevrotico. Al di là dei risvolti ironici, ci sono prove scientifiche sulla correlazione tra benessere psicofisico e condivisione della casa.

I codici di comportamento per una convivenza pacifica

A dimostrarlo è uno studio del 2021 di Jihun Oh e Jeongseob Kim pubblicato sulla rivista Environmental Reserch and Public Health. La ricerca è stata condotta su 834 persone di Seoul, in Corea: 334 che abitano in alloggi condivisi e 500 da soli. Lo studio ha messo in luce l’importanza di adottare codici di comportamenti (regole) condivisi, di scegliere con chi andare a vivere e, in ultima analisi, di rassegnarsi all’idea che non tutti sono fatti per condividere un appartamento. Il Dott. Gianluca Castelnuovo, psicologo e docente presso l'Università Cattolica di Milano e ricercatore presso IRCCS Istituto Auxologico Italiano, contattato da Fanpage.it, ha spiegato quali sono i comportamenti da adottare per una convivenza pacifica.

Abitare con coinquilini: un rito di passaggio? 

Studente o lavoratore di età compresa tra i 19 e 30 anni, disponibilità economica limitata. È questo l’identikit di chi si trova a dover prendere in affitto una stanza in un appartamento condiviso. A causa del carovita, sempre più persone cercano un coinquilino per dividere le spese. Andare a vivere lontano dal nucleo familiare spesso viene inteso come una transizione verso la maturità. “Non lo definirei un rito di passaggio, piuttosto si tratta un’occasione di crescita personale – spiega il Dott. Castelnuovo – nelle situazioni di coabitazione si impara a mediare, a scendere a patti con gli altri e ad adattarsi. Le stesse capacità richieste a un soggetto adulto per vivere in società”.

L’importanza di gestire spazi e stabilire regole 

Nel libro di Emanuele Coccia Filosofia della casa l’autore parla delle abitazioni come di “santuari personali del nostro ego”, proprio perché ogni oggetto contiene una parte di noi. Un pensiero condiviso anche dallo psicologo Castelnuovo: “Ci deve essere equilibrio tra spazio personale e spazio condiviso. È importante che nella mia camera io possa sentimi al sicuro, che sia un rifugio in cui poter conservare le mie cose. È lecito che dentro regni il disordine assoluto. Un atteggiamento, però, da evitare assolutamente nelle aree comuni”. Alessandra M., una ragazza che studia a Milano, ha raccontato a Fanpage.it alcuni episodi della sua convivenza: “Il primo anno di Università abitavo con una ragazza più grande di me, volevo mostrarle di essere una persona matura e ordinata. Facevo di tutto per rassettare il soggiorno e la cucina – spiega la studentessa – con il tempo mi sono resa conto che lei, invece, non muoveva un dito. Mi trattava come una serva e non rispettava mai i suoi turni di pulizia. Gli spazi condivisi erano un caos per colpa sua”. Per lo psicologo è importantissimo stilare un “decalogo” con comportamenti che tutti gli abitanti della casa devono rispettare. “Può sembrare uno schema rigido ma è la modalità migliore per garantire armonia – assicura il Dott. Castelnuovo – bisogna stabilire delle regole (in numero limitato) che permettano di muoversi all’interno di paletti chiari”.

“Basta osservare una persona con attenzione perché diventi interessante”

Alessia S., una ragazza che studia a Roma, ha riferito a Fanpage.it la sua esperienza di coabitazione con una coinquilina cinese. “Abbiamo passato un’intero anno come due complete estranee. Non parlavamo, ci salutavamo a stento e ci evitavamo. Non era dovuto al gap linguistico, entrambe conoscevamo l’inglese. Semplicemente ci disinteressavamo l’una all’altra”. Un comportamento, questo, sconsigliato dallo psicologo. “Una citazione della psichiatra Marian Rojas Estapé è “Basta osservare una persona con attenzione perché diventi interessante”. Ecco, questo modo di agire andrebbe applicato anche con i nostri coinquilini – spiega il dott. Castelnuovo – Non si deve per forza instaurare un rapporto di amicizia. Bisogna, tuttavia, cercare di creare complicità”. Un altro suggerimento è quello di cercare di alternare i momenti da passare insieme con quelli da trascorrere soli, ritagliandosi dello spazio per sé.

Quali domande fare a un possibile coinquilino

Quando si libera una stanza nell'appartamento, a volte capita di dover selezionare un coinquilino per conto del proprietario di casa. E via con la trafila dei "casting" per trovare un sostituto adeguato. Si tratta di una serie di interviste per cercare qualcuno che abbia uno stile di vita compatibile al proprio e che fornisca al proprietario una serie di garanzie. Quali domande fare ai possibili candidati? "Andrebbe chiesto se si hanno hobby in comune, per cercare un punto di contatto – spiega lo psicologo Castelnuovo – Poi bisognerebbe indagare sulle abitudini alimentari o sugli orari (di lavoro o di studio) dell'altro". Ça va sans dire che sarebbe meglio evitare di condividere casa con un musicista se si ha un'idiosincrasia per la musica.

Come comportarsi in caso di conflitti

In linea di massima i conflitti non insorgono per problemi gravi ma per alcune mancanze da parte di uno dei componenti della casa – continua lo psicologo Castelnuovo – l’importante è non trasformare i litigi in una lotta di supremazia e scegliere bene le parole. Quando si discute non bisogna mai mettere in dubbio l’integrità di una persona, vanno semplicemente segnalati eventuali comportamenti scorretti. Poi, ovviamente, sei si sbaglia bisogna sempre chiedere scusa”. Molto spesso è difficile scegliere con chi abitare ma va sottolineato che si tratta di situazioni temporanee o transitorie: “In caso di incompatibilità estrema, prima di arrivare a un punto di rottura, sarebbe meglio cambiare casa” conclude lo psicologo. È bene ricordare che i contratti di affitto non sono matrimoni e, anche se lo fossero, si sa che persino i migliori finiscono.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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