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Dalla paura dei buchi a quella per gli spazi chiusi: quali sono le fobie più diffuse e come affrontarle

Ognuno di noi ha sicuramente una piccola fobia, una paura irrazionale e immotivata. Quali sono le più diffuse e come si affrontano lo spiega lo psicologo Matteo Merigo.
Intervista a Dott. Matteo Merigo
Psicologo e psicoterapeuta
A cura di Francesca Parlato
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Al primo posto c'è quella per i buchi, al secondo quella per le altezze e al terzo invece quella per gli spazi chiusi. Secondo un recente sondaggio sono queste le fobie più diffuse in Italia. La tripofobia, ovvero la fobia per i buchi, è la più diffusa anche negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Europa. Ma da dove arrivano le fobie? Cosa le scatena? "Con fobia indichiamo un'irrazionale e persistente paura, di subire qualcosa, di vedere la vita messa a repentaglio, e questa paura genera non solo una repulsione ma anche un evitamento. – spiega a Fanpage.it lo psicologo e psicoterapeuta Matteo Merigo La paura porta cioè il soggetto a evitare quelle situazioni che potrebbero generare la sua fobia. Alla base c'è una paura irrazionale, non c'è un vero pericolo o una vera minaccia, ma la persona che ne soffre la vive come tale". 

Come nasce una fobia

Ma perché a un certo punto i ragni diventano bestie spaventose in grado di attentare alla nostra vita? Perché l'idea di prendere un aereo ci annichilisce? "Ci sono varie teorie: una psicanalitica secondo cui la fobia nasce a causa della rimozione di alcuni contenuti inconsci. Alcuni contenuti non arrivano alla coscienza e si trasformano in un oggetto fobico. Si rimuove il vero oggetto dell'angoscia e lo si trasforma in qualcos'altro". Un'altra teoria associa invece la nascita di una fobia con un evento capitato nel passato, magari da bambini. "Secondo il comportamentismo può succedere che un'esperienza spiacevole vissuta in tenera età possa trasformarsi durante la crescita in una fobia. Anche un evento apparentemente insignificante". Infine una terza teoria mette insieme in qualche modo le due precedenti. "Il problema deriva da un cattivo apprendimento: ovvero si impara in maniera sbagliata, attraverso forme di condizionamento classico, e che provocano delle reazioni che possiamo definire disadattative e che rischiano di trasformarsi in una fobia. Facciamo un esempio, mettiamo che da piccoli una formica ci abbia camminato sul piede, e mettiamo di aver vissuto quel momento con angoscia. Quello che ci portiamo dentro è un cattivo adattamento a una situazione che si può trasformare durante la crescita, nella nascita di una forma di angoscia molto importante". 

Le tre paure più diffuse: la tripofobia

Letteralmente tripofobia vuol dire paura dei buchi, e chi soffre di questa paura (che ancora non è classificata nel Manuale Diagnostico per i disturbi mentali) teme non tanto il singolo buco o fosso, di quelli in cui possiamo imbatterci camminando per strada per intenderci, ma i pattern ripetitivi costituti da tanti fori ravvicinati, immaginiamo ad esempio un alveare delle api o una spugna. La tripofobia sembrerebbe essere uno di quei pochi casi in cui all'origine della paura non c'è un trauma o un evento scatenante, ma piuttosto, secondo alcuni studiosi, ci sarebbe una base biologica ereditaria secondo la quale questa tipologia di pattern (i fori ripetuti) in natura è un segno di un pericolo, un avvertimento della presenza di animali potenzialmente letali o nascondigli per insetti pericolosi.

La paura per le altezze

E poi abbiamo la paura per le altezze, o acrofobia, per molte persone affacciarsi dal balcone del terzo piano può essere estremamente problematico, non importa che ci siano reti di protezione o ringhiere alte, chi ne soffre sentirà angoscia e disagio che potranno provocare anche tachicardia e tremori. "In questo caso – spiega Merigo – la fobia tocca le corde relative alla perdita di equilibrio, non ci si fida del corpo e si teme che ci possa dare delle risposte disadattive, ovvero che ci faccia cadere giù". All'origine di questa fobia, che molto spesso si risolve anche in maniera spontanea, c'è probabilmente un insegnamento che ci viene inculcato da bambini. "Da piccoli, per farci stare attenti, ci dicono sempre che la testa è la parte più pesante del corpo e che per questo dobbiamo evitare di sporgerci. E in alcuni casi questo messaggio si sedimenta dentro di noi e da adulti lo trasformiamo in una fobia, in maniera però assolutamente inconscia e irrazionale".

Claustrofobia

Al terzo posto per diffusione c'è la claustrofobia, la paura degli spazi stretti e chiusi. "In realtà non è tanto la paura del luogo chiuso in sé ma il terrore di rimanere imprigionati, senza via di scampo, di non riuscire a trovare una via di fuga". Chi soffre di claustrofobia vive un forte senso di oppressione ogni volta che si trova in un luogo come l'ascensore o la metropolitana. "Alla base di questa fobia c'è quasi sempre un'esperienza traumatica vissuta durante l'infanzia". Chi ne soffre tenderà anche in questo caso all'evitamento, prenderà le scale, eviterà la metropolitana, cercherà in tutti i modi alternative che gli consentano di non trovarsi in situazioni opprimenti.

Come si trattano le fobie

In alcuni casi le fobie si risolvono in maniera spontanea, riguardano soltanto brevi fasi della nostra esistenza (come nel caso ad esempio della paura dell'altezza), in altre situazioni invece, soprattutto se diventano invalidanti e se influenzano in maniera negativa la nostra vita, potrebbe essere necessario ricorrere all'aiuto di uno specialista. "La terapia classica è quella cognitivo comportamentale che prevede l'avvicinamento graduale verso l'oggetto o lo stimolo fobico. Poi ci sono anche altri approcci come quello psicanalitico, la terapia ipnotica o l'EMDR – spiega Merigo – In generale comunque il lavoro sulla fobia è sempre incentrato sulla comprensione della motivazione inconscia che c'è dietro la paura". 

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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