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Bertolucci spiega la differenza tra Sinner e Alcaraz in vista della terra rossa: “Jannik se ne frega”

Paolo Bertolucci a Fanpage ha parlato dei prossimi tornei di Sinner sulla terra rossa, delle peculiarità di questa superficie e di cosa c’è da aspettarsi da Jannik. Un’occasione anche per dire la propria sul confronto con Alcaraz e sul momento di Djokovic.
A cura di Marco Beltrami
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Cosa c'è da aspettarsi da Jannik Sinner sulla terra rossa? Ne abbiamo parlato con Paolo Bertolucci, stimato commentatore del tennis in TV per Sky ed ex grande giocatore e allenatore. "Braccio d'oro" ha spiegato ai microfoni di Fanpage.it quali sono le caratteristiche del gioco sulla superficie in terra battuta, dove i tennisti si daranno battaglia nei prossimi tornei, con gli appuntamenti prestigiosi di Monte Carlo, Madrid, Roma e Roland Garros.

Proprio Sinner, reduce da un inizio di stagione eccezionale, con i successi sul cemento agli Australian Open, Rotterdam e Miami, proverà a fare meglio della scorsa annata quando incontrò qualche difficoltà sulla terra rossa, nella fase della stagione cruciale per l'assalto al numero 1 nel ranking ATP. Come sottolineato da Bertolucci, Jannik è però un altro giocatore rispetto al passato e vive un momento di grande entusiasmo. Intrigante soprattutto il duello con Alcaraz, che si rinnova ancora una volta, con la curiosità legata anche al ritorno in campo di Djokovic.

Paolo, questa storia di Sinner e le difficoltà sulla terra rossa è reale, o è più una leggenda sulla scia dei risultati della scorsa stagione?
"Questo Sinner non è nemmeno lontanamente parente di quello dello scorso anno. Quello era ancora un ragazzo che doveva affermarsi del tutto, aveva delle buone basi ma forse si era caricato di troppe responsabilità. Soprattutto quando ha dovuto giocare sulla terra e soprattutto a Roma dove forse voleva strafare. Invece non era ancora pronto a sopportare un peso così importante. Se andiamo a vedere, il suo rendimento top probabilmente è a livello indoor, poi perde un 5% sull’erba e sul cemento, e un 10% sulla terra. Però stiamo guardando il pelo nell’uovo".

Sinner con il trofeo di Miami.
Sinner con il trofeo di Miami.

Cosa ti aspetti da Jannik sulla terra?
"Aspettiamo un attimo prima di fare previsioni che sono come quelle meteorologiche, e sono molto difficili. Dopo Parigi potremo sentenziare, approvando o meno il suo livello di gioco sulla terra. Ma io sono molto fiducioso".

Qual è l'insidia principale per Sinner sulla terra rossa?
"Sulla terra il problema è che cambia il modo di correre, di scivolare. Cambiano gli appoggi, il timing sulla palla, la risposta ogni volta che tocca il terreno è diversa rispetto al cemento e all’indoor. Tutte queste cose comportano la necessità di adattamento. Per alcuni avviene quasi in automatico, altri fanno più fatica. Nadal per esempio faceva più fatica andando sull’erba, Federer sulla terra. Lo stesso Djokovic ha vinto meno volte il Roland Garros rispetto agli altri Slam. Non esiste il giocatore che rende al 100% dappertutto. L’avere però indoor, erba e cemento dalla propria parte, anche qualora ci fosse un rendimento leggermente inferiore sulla terra, rientrerebbe assolutamente nella normalità dei più grandi campioni, quindi non sarebbe un difetto".

Che cambiamenti può apportare al suo stile di gioco?
"Cambia il timing sulla palla, che deve essere lavorata, sporcata e ‘spettinata' un po’ di più. Bisogna anche adeguarsi fisicamente: sul veloce riesci a chiudere in 4-5 colpi, sul lento invece ce ne vogliono almeno un paio più. La fase difensiva degli avversari diventa infatti più produttiva, con maggiori possibilità di recupero. Lui, che è un produttore di gioco, da questo punto di vista incontrerà dei muri più attrezzati, perché appunto sulla terra è più facile la difesa".

Quanto ci mette un tennista per adeguarsi ad un cambio di superficie, passando dal cemento alla terra?
"Va valutato il fatto che Jannik ha finito domenica e ora metterà piede per la prima volta sulla terra rossa dopo Parigi dell’anno scorso: sono passati 10 mesi. Avrà pochi giorni, cinque al massimo, per adattarsi quel minimo che gli permetta di andare in campo ed esprimersi ad un buon livello. Poi vedremo cosa verrà fuori, se farà ancor più fatica visto che Monte Carlo è più lento rispetto a Roma e Parigi, ancor più rispetto a Madrid. Monte Carlo arriva troppo presto, magari troverà la condizione nei prossimi tornei".

Sinner in azione al Roland Garros 2023
Sinner in azione al Roland Garros 2023

Su Monte Carlo quindi meglio andarci con aspettative moderate.
"Lo vedremo, però è sicuramente questo il torneo dove dovrebbe faticare di più per la pesantezza del campo, visto che ha anche piovuto fino a poche ore fa. E poi ripeto, dopo 10 mesi ha solo pochi giorni di tempo per acclimatarsi e trovare il giusto ritmo. Djokovic è due settimane che è lì che si allena. C’è grande differenza".

Quanta ansia porta a livello mentale un cambio di superficie soprattutto quando non è quella più congeniale?
"C’è terra più veloce, più lenta, più morbida, più dura e poi c’è l’umidità, perché a Monte Carlo siamo a 10 metri dal mare. Per cui le palle, se giochi soprattutto ad una certa ora, quando non c’è sole risentono dell’umido e diventano più pesanti. Se invece giochi a mezzogiorno, in una bella giornata di sole, le condizioni sono diverse. Questo accadrà anche a Roma, dove le condizioni del match serale sono completamente diverse da quelle del pomeridiano. La stessa cosa è successa a Indian Wells: se giochi alle due del pomeriggio, essendo nel deserto, hai una temperatura che ti schianta, mentre la sera fa freddo. A Miami idem. I giocatori ormai sono abituati a questi cambi continui e l’adattabilità di un tennista diventa fondamentale per superare questi ostacoli. Se inizi a dire che un giorno perdi perché c’è il sole, l’altro perché c’è vento, poi piove, hai mal di denti, un'altra volta l’avversario ha culo… non si vince mai. Bisogna risolvere tutti questi problemi, sennò non puoi giocare a tennis".

Alla luce di tutti questi fattori è ancora più difficile giudicare dall'esterno e dalla poltrona.
"Questa è la difficoltà ed è per quello che quando si parla dei primi giocatori del mondo significa che sei un fenomeno e non sei uguale agli altri, perché hai delle qualità superiori. Nel tennis c’è questa adattabilità, negli altri sport avranno altri problemi. Ma il fatto di giocare 40 settimane all’estero, di cambiare continente, di modificare l’alimentazione in base ai posti fa la differenza. Perfino l’adattabilità al letto, che sembra magari una sciocchezza. C’è gente che dice che se cambia letto o cuscino non dorme più. I tennisti dovrebbero essere tutti sonnambuli e invece no, perché c’è adattabilità anche in quello. E poi la ricerca della tensione delle corde, della superficie, delle palle. Ci sono mille fattori che determinano le prestazioni".

Uno dei tuoi tweet recenti recita ‘Aiutoooooo! I tuttologi si stanno riversando sul tennis. Letto e udito cose fantascientifiche'. È un riferimento anche a quanto ci hai detto?
"Ora tutti mi dicono ‘hai visto Sinner, bravo, forte, bel ragazzo’, e va bene. La cosa drammatica è che mi dicono anche ‘ma perché non va a rete, ma perché non alza la percentuale di prime, ma perché fa pochi back, ma perché non fa il drop shot?’. Mi mandano al manicomio. Il bello di questa grande notorietà è che adesso diventeranno tutti tecnici. D’altronde quando diventi famoso e lo sport va in prima pagina sui giornali e al telegiornale, la gente si avvicina. Poi le persone più o meno intelligenti e riservate, guardano e tifano, per quelle un po’ più tecniche va a finire come nel calcio. Ci sono allenatori che spiegano Allegri e come fa la formazione della Juventus, cosa dovrebbe fare o non fare. Figuriamoci se non lo fanno poi col tennis. Come se uno  voglia mettere i giocatori fuori posizione di proposito. E pensa a quelli che gli danno 7-8 milioni l’anno affinché lui metta i giocatori fuori ruolo".

Sinner e Alcaraz si salutano a Indian Wells
Sinner e Alcaraz si salutano a Indian Wells

Parlando del dualismo tra Alcaraz e Sinner, come si rinnova il duello sulla terra rossa?
"Alcaraz è nato sulla terra e Sinner no, questo conta sicuramente. Carlos è più a suo agio da questo punto di vista. Poi come completezza tecnica lo spagnolo si fa preferire sulla punta del rendimento di una giornata o di un torneo. Lui, utilizzando una metafora ciclistica, è da ‘classica’, ovvero da Milano-Sanremo, mentre Sinner è da Giro d’Italia".

Questa differenza in cosa si traduce?
"A fine anno Sinner è più continuo, metodico e razionale. L’altro ha punte pazzesche che magari Sinner non raggiunge in quel giorno, ma è meno forte mentalmente e concreto perché cerca, a differenza di Jannik, quasi più lo spettacolo, l’effetto speciale e l’applauso del pubblico che non il punto in quel momento. È come se si dimenticasse qualche occasione del punteggio, che siamo per esempio 30-30 ed è importante solo il prossimo punto. Lui invece ci mette l’effetto speciale, con la mezza riga per l’applauso. Sinner invece un ca**o: lui in quella situazione vuole portare a casa il punto, non l’effetto speciale. E l’applauso se arriva bene, ma se non arriva se ne frega. D’altronde la concretezza prima era Nadal, la spettacolarità era Federer. È giusto che sia così, sennò sarebbero tutti uguali".

Cosa è cambiato negli avversari ora? Cosa pensano quando si trovano davanti Sinner dall'altra parte della rete?
"È partita la caccia a Sinner, perché se adesso lo batti è come mettere una tacca sulla racchetta. Per un anno stai a posto perché hai battuto lui. Tutti vanno in campo e danno il massimo dei massimi. Molte volte per mezz’ora o 40 minuti, magari giocatori che sono nei primi 40 del mondo, sono in grado di reggere e di stare lì. Magari vanno 6-6 o vincono anche un set, ma poi alla lunga non sono in grado di tenere il ritmo che ti impone Sinner e alla fine vedrai che vincono il primo, perdono 6-4 il secondo e il terzo incassano 6-1. Poi quando fai semifinali e finali contro due dei primi 6-8 al mondo e gli dai 6-3, 6-2 capisci che tu sei proprio su un altro livello. Non puoi entrare in campo con Medvedev, carico a pallettoni, come con Griekspoor, è impossibile. Bisogna calcolare questi aspetti, ma vedi chiaramente che lui ad un certo punto inserisce un’altra marcia. Come faceva prima Nadal, come fa Djokovic. Mettono una marcia in più e gli altri non riescono a star loro dietro".

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Chi sarà numero 1 dopo la terra, qual è la tua proiezione?
"Ripeto, è difficile fare previsioni. Per Sinner prima o poi accadrà, non so quando ma succederà, è ineluttabile. Ma tanto che accada a giugno, luglio o agosto chi se ne frega".

Chiudiamo con Djokovic: che idea ti sei fatto dopo la rinuncia a Miami e la separazione con Ivanisevic?
"Il problema è che lui si è reso conto che Sinner ,con quelle due scoppole che gli ha dato, ha incrinato molte delle sue certezze. Forse ha capito che non ha più certi stimoli. Prova quindi a dare una scossa cambiando allenatore per vedere di arginare questi ragazzi e tornare in sella. Ci proverà nei prossimi mesi, altrimenti probabilmente dovrà accettare che è in atto un cambiamento e che lui non è più il numero uno indiscusso. Aspettiamo fino alle Olimpiadi, quando secondo me si potranno fare dei conti".

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