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Guerra in Ucraina

Disperati ma eroici, gli atleti ucraini: “Siamo senza soldi, dove finiremo dopo le Paralimpiadi?”

Difficile gareggiare alle Paralimpiadi per gli atleti ucraini, disperati e preoccupati per le sorti della guerra in patria e l’invasione russa. Regna anche l’incertezza per il loro futuro dopo i Giochi.
A cura di Marco Beltrami
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Si può solo immaginare quanto sia difficile per gli atleti ucraini concentrarsi sullo sport e gareggiare in questi giorni. L'invasione russa e la guerra che sta distruggendo il loro Paese alimentano la disperazione, e la paura anche per il destino delle proprie famiglie. D'altro canto però c'è la volontà di dare ancora di più il massimo, proprio come stanno facendo i campioni ucraini impegnati nelle Paralimpiadi di Pechino per dare un segnale di forza e speranza, e infondere anche un po' di fiducia a tutti i connazionali che stanno combattendo e resistendo.

La delegazione dell'Ucraina che ben si sta disimpegnando in questa fase iniziale dei Giochi Paralimpici, come confermato dalle 17 medaglie di cui 6 d'oro, sta seguendo a distanza quello che accade nel lproprio Paese. Una condizione simile a quella dei rifugiati, per questi atleti che sono approdati a Pechino negli ultimi giorni di febbraio non senza difficoltà. Tutto però è stato reso possibile anche grazie agli sforzi del presidente del comitato paralimpico ucraino Valerii Sushkevych. Quest'ultimo ha dovuto fare i conti anche con i messaggi beceri ai suoi ragazzi da parte dei colleghi e avversari russi, estromessi dai Giochi.

In Ucraina solitamente le Paralimpiadi sono molto seguite, perché il Paese può contare su una squadra molto competitiva. Quello che però solitamente è un momento di festa, di allegria e di coesione per gli atleti, si è trasformato in questa edizione in un'esperienza assai complicata. Il 67enne Sushkevych, ex nuotatore, membro del parlamento ucraino, e commissario del dipartimento del governo responsabile per i diritti delle persone con disabilità in un'intervista al New York Times ha definito come un "piccolo miracolo" l'operazione di trasporto della delegazione di 54 persone, tra atleti, allenatori e personale, in Cina durante l'invasione Ucraina. Una volta raggiunto l'obiettivo però è impossibile per questi atleti far finta di niente e concentrarsi solo sulle gare.

Lukyanenko vince e festeggia con la bandiera dell'Ucraina
Lukyanenko vince e festeggia con la bandiera dell'Ucraina

Ognuno di loro è sopraffatto costantemente dalla preoccupazione per il destino del loro Paese. Sushkevych li vede spesso incollati a cellulari, e portatili, e deve anche consolarli prima delle gare quando lo stress del momento si trasforma in lacrime e disperazione. Tutti si sentono impotenti, fino a quando però iniziano le gare. In quel preciso momento è come se gli atleti paralimpici ucraini indossassero una mimetica: "I nostri soldati hanno battaglie in Ucraina. Noi, la squadra paralimpica, abbiamo le nostre battaglie a Pechino. Se non venissimo qui, sarebbe come perdere una posizione, come una capitolazione".

Sushkevych è un punto di riferimento per tutti, una colonna a cui tutti si aggrappano in questo momento difficile. La pressione su di lui è enorme, anche perché ora si pensa già a cosa succederà quando le Paralimpiadi saranno finite. Cosa succederà agli atleti? Dove andranno a finire visto che è impensabile il ritorno in Ucraina? Il presidente del Comitato paralimpico ucraino sua moglie Yuliia e il suo staff, stanno escogitando diversi piani per trasferire tutta la delegazione in sicurezza in un Paese europeo. Le difficoltà però sono enormi: "Cosa succederà alla fine? Per quanto tempo dovremo aspettare qui? Giorni? Settimane? Restiamo in hotel e come lo paghiamo? Non abbiamo i soldi. Non abbiamo ancora le risposte".

E la speranza ora è che le sue parole, contribuiscano a smuovere ulteriormente le coscienze. Quello che è certo è che il suo influsso a giudicare dai risultati degli atleti ucraini è importante. Un esempio? La prova di Vitalii Lukyanenko nel biathlon. Sushkevych ha raccontato la disperazione dell'atleta alla vigilia della sua gara paralimpica: "Guardavo le sue condizioni fisiche, gli occhi molto rossi. No, non può correre pensavo". Poi però ecco che tutto è cambiato, al momento di gareggiare, quando Lukianenko ha comunicato a Sushkevych di non sentire dolore o affaticamento e di essere pronto a lottare. È arrivata così la medaglia d'oro: "Se conoscevate la sua situazione, questo è un miracolo".

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