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Tour de France 2023

Vingegaard spacca il Tour inseguito dai sospetti: un uomo della Jumbo svela cosa c’è dietro davvero

Il danese ha vinto il Tour 2022 e si appresta a fare il bis nell’edizione 2023. Vingegaard sta dominando e ha strapazzato anche Pogacar. Il campione convive con sospetti e allusioni, ma i suoi successi si spiegano sia dal punto di vista tecnico che fisico.
A cura di Alessio Morra
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Se non ci saranno clamorose sorprese anche quest'anno il Tour de France lo vincerà Jonas Vingegaard, che ha mostrato uno strapotere enorme in queste ultime tappe. Il danese ha praticamente mandato al tappeto tutta la concorrenza e soprattutto ha vinto nettamente il duello con lo sloveno Pogacar. Uno strapotere vero, che fa pensare a un dominio che possa anche durare nel tempo. Ma Vingegaard oltre a tanti complimenti ha sentito anche commenti poco eleganti. C'è stato chi ha fatto insinuazioni e sospetta ci sia lo zampino del doping. Lui non si è nascosto, ha toccato anche questo argomento.

Il Tour de France ha ancora quattro tappe, ma è già finito. Perché Jonas Vingegaard ci ha messo le mani sopra e lo ha chiuso anche in cassaforte. Ha demolito Pogacar che quando trionfo a Parigi due anni fa sembrava destinato ad aprire un ciclo infinito. Lo sloveno ha 7 minuti e 35 secondi di ritardo, ed è secondo in classifica. Al terzo posto c'è Adam Yates a quasi 11 minuti. Qualcosa di mostruoso.

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Vingegaard già nelle prime due settimane aveva provato a mettere le cose in chiaro, poi ha dato un'accelerata nelle ultime due tappe. Ha vinto la cronometro rifilando 1'38" a Pogacar e nell'ultima tappa ha messo a verbale altri 5 minuti di distacco all'avversario più forte. Strapotere vero. Complimenti a raffica per il danese che avendo ventisei anni ha la possibilità di continuare a vincere grandi corse in serie e può riscrivere la storia del ciclismo.

Ma purtroppo non esistono rose senza spine. E dopo queste ultime grandissime prestazioni sono state fatte delle allusioni sul capitano della Jumbo Visma, allusioni relative al doping, che per il ciclismo è stato una piaga vera e che negli anni ha prodotto spesso a cambiamenti di classifiche e di vincitori anche a distanza di anni. Dopo qualche accusa velata, c'è stato chi ha chiesto a Vingegaard come mai i ciclisti di oggi sono più veloci di quelli che in passato erano stati sospesi per doping?

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Il campione del Tour non si è nascosto e ha risposto dicendo: "Capisco perfettamente le domande su questo argomento a causa del passato del nostro sport. È anche giusto essere scettici così da non far accadere più queste cose. Posso solo dire che non prendo niente. Andiamo più veloci di chi era dopato? È vero che andiamo veloci, anche più veloci di loro. Ma in questi anni è cambiato tutto: l'attrezzatura, l'alimentazione, l'allenamento. Questo spiega perché le prestazioni stanno migliorando. Fate bene a essere scettici".

Vingegaard è stato onesto e forse era già preparato per questo tipo di domanda. Un anno fa quando vinse chiuse con una media di 42 km/h, la media più alta della storia del Tour de France, media più veloce anche di quella del 2005, anno in cui Lance Armstrong trionfò per la quinta volta di fila a 41,654 km/h, il titolo poi fu cancellato per doping.

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Le insinuazioni, come detto, sono aumentate dopo la trionfante crono del danese, ma sono sospetti basati sul nulla e che cozzano con la realtà. Perché finora non erano in tanti a sapere che Vingegaard ha delle capacità fuori dal comune. Dopo la crono stellare è cyclingtakes ha fatto sapere che il danese possiede il secondo VO2max mai registrato tra gli sportivi agonistici.

Ma cos'è il VO2max? Sarebbe, anzi è il massimo volume di ossigeno consumato in un minuto in millimetri. Meglio di Vingegaard ha fatto solo Oskar Svendsen, ex ciclista norvegese che nel 2012 fece registrare 97.5 ml/minuto contro i 97 del campione del Tour.

Numeri stellari che diventano enormi se si confrontano con gli V02max di altri grandi campioni del passato: Indurain arrivava fino a 88 come massimo, Pantani a 84, Greg LeMond a 93, Ulrich a 92. Mentre tra quelli attuali c'è Pogacar che si ferma a 89, come van der Poel.

Ma oltre a questo dato fisico c'è anche una spiegazione tecnica. Perché Vingegaard durante la stagione si è preparato con i fiocchi per questo Tour. Michal Szyszkowski, uno dei suoi tecnici, con un tweet, ha provato a sgombrare il quadro da sospetti infondati spiegando come si sono mossi: "Tre giorni a settimana sulla bici da cronometro, bici e materiali scelti ad hoc per il percorso, tre ricognizioni con test, ogni curva riuscita alla perfezione, 7 mesi di preparazione: abbiamo imparato la lezione del 2020″.

Il controllo antidoping alla vigilia della tappa numero 17 ha alimentato ulteriormente queste voci, ma anche Pogacar è stato testato. Di sicuro quello di Vingegaard è un percorso di eccellenza sotto tutti i punti di vista e il suo bis al Tour può solo far bene al ciclismo, che ha trovato un grande campione.

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