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L’ex scalatore principe di Giro e Tour oggi si chiama Pippa York: “Mi lanciavano insulti omofobi”

Robert Millar ha fatto la storia del Giro d’Italia e del Tour de France, ma non esiste più da tanti anni. Oggi si chiama Pippa York, è una giornalista, commentatrice e scrittrice. Dopo la transizione di genere, sono arrivati altri dubbi: “”Mi sono chiesta: ‘Che tipo di donna sarò?’. Era una cosa che dovevo imparare”.
A cura di Paolo Fiorenza
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Robert Millar, re della montagna al Giro d'Italia e al Tour de France negli anni '80, non esiste più da un pezzo. Quel ciclista scozzese – che quando la strada si impennava seminava tutti gli avversari – oggi si chiama Philippa York, amichevolmente Pippa, proprio come la sorella minore della principessa Kate. E fa la giornalista, ovviamente di ciclismo. Perché se c'è qualcosa che non è cambiato, è la sua passione per la bicicletta.

Chi è stato Robert Millar: uno scalatore fortissimo, ha fatto la storia di Giro d'Italia e Tour de France

Millar, nato il 13 settembre 1958 a Glasgow, è stato uno dei ciclisti britannici più forti degli anni '80 e '90: vinse la classifica degli scalatori al Tour 1984, arrivò secondo nella classifica generale della Vuelta a España 1985 e 1986, secondo al Giro d'Italia 1987 (aggiudicandosi anche la maglia per il miglior scalatore), oltre a tanti altri successi. Ritiratosi nel 1995, ha poi intrapreso la transizione di genere rivelata pubblicamente nel 2007, diventando giornalista, commentatrice e scrittrice. Quest'anno ha vinto dei premi con il libro "The Escape".

Le sofferenze da bambino e poi da ciclista professionista: "Ricambiavo gli insulti omofobi che mi lanciavano"

Atleta dal fisico filiforme e dal carattere riservato che lo rendeva poco propenso all'esposizione mediatica, Robert aveva desiderato di essere una bambina fin dall'età di cinque anni, un segreto rimasto sepolto per tutta l'infanzia a Glasgow, e poi durante la successiva carriera agonistica e oltre, fino alla mezza età. Oggi che a 67 anni ha trovato un equilibrio che consente di guardare indietro senza provare troppo dolore per quanto sofferto, Pippa cerca di far capire la paura di quel bambino e poi di quel ragazzo. E ancora, la vergogna e l'isolamento, in un'epoca così diversa da quella attuale.

"Ti rendi conto che gli altri ti picchieranno. Poi c'è la paura di essere smascherati e la vergogna di non integrarsi pienamente nel gruppo di cui dovresti far parte. Ora ci sono le marce del Pride, ma io provavo pochissimo orgoglio – racconta al ‘Guardian' – Non so se la mia famiglia se ne fosse resa conto. Erano gli anni '70. Non posso chiederlo a mio padre perché non c'è più. E anche oggi, non vuoi che tuo figlio sia diverso, perché sai che verrebbe stigmatizzato".

Pippa ricorda cosa accadeva nel plotone: "L'atteggiamento del gruppo verso di me? Ho imparato ad adattarmi. Non è sempre stato accogliente, ma non è stato sempre ostile. Non mi sono mai sentita vittima di bullismo. Abusata dal sistema, dal carico di lavoro e dalla dirigenza, sì, ma non bullizzata. Correre richiede tutta la tua concentrazione. Se sei in gara, non stai elaborando il mondo esterno. Non hai tempo per soffermarti su altro".

E però il suo aspetto scatenava urla orribili da bordo strada: "La gente lanciava insulti omofobi, mi travolgeva. Ma ho imparato a conviverci. Ho ricambiato. Sapevo imprecare nella maggior parte delle lingue… Non avevo bisogno delle emozioni. Mi avrebbero solo ostacolata. Ho imparato a farlo piuttosto bene. Lo scudo che mi sono costruita intorno mi ha permesso di andare avanti".

La transizione di genere, Robert Millar diventa Pippa York. Arrivano altri dubbi: "Che donna sarò?"

Ma questo alimentò anche una depressione sempre più profonda che la colpì a metà degli anni '90. "La situazione peggiorò quando smisi di gareggiare. Pensavo: ‘Chi sono io?'. Il ciclista se n'era andato. Dovevo farci i conti. Ma mi chiedevo anche: ‘Farò la transizione o no?'".

Ci sono voluti cinque anni prima che cercasse un aiuto psicologico professionale: "Ero in un brutto momento, davvero depressa. Non avevo idea se avrei completato la transizione del tutto o no. Ma dovevo scoprire a che punto del percorso di transizione sarei arrivata. Non ho mai avuto pensieri suicidi, ma capivo perché le persone li provavano. Pensi: ‘Potrei stare bene con un po' di terapia, con un consulto psicologico o con la terapia ormonale sostitutiva'. Ma non sai dove ti fermerai. A un certo punto non era più sostenibile. Non funzionavo più e non potevo continuare così".

Dopo interventi chirurgici importanti, seguiti da lunghe convalescenze, per Pippa sono arrivati altri passi da dover fare per poter scrivere la seconda parte della sua vita: "Mi sono chiesta: ‘Che tipo di donna sarò?'. Era una cosa che dovevo imparare. L'ho imparato da adulta, cogliendo tutti i piccoli indizi sociali. Ho dovuto impararli molto in fretta per non apparire vulnerabile". Philippa York oggi è una voce autorevole nei media ciclistici britannici, ma anche una sostenitrice degli atleti transgender: "Ora è più compreso, ma non credo che sia più accettato".

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