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Il mistero della morte di Pantani: le domande senza risposta su cosa successe in quella stanza

A distanza di 20 anni dalla morte di Marco Pantani, il 14 febbraio 2004 in una camera di hotel del residence Le Rose di Rimini, sono ancora tanti gli interrogativi su cause e dinamica di una tragedia che ha segnato lo sport italiano.
A cura di Davide Falcioni
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Quattordici febbraio del 2004, San Valentino: nella stanza D5 del residence Le Rose di Rimini viene trovato il corpo senza vita di Marco Pantani. Il campione romagnolo, l’uomo che aveva vinto nel 1998 il Giro d’Italia e il Tour De France nello stesso anno, il personaggio sportivo che aveva infuocato gli animi di milioni di appassionati di ciclismo di tutto il mondo, viveva da giorni in un’anonima camera di un anonimo albergo riminese. Qui venne trovato senza vita il giorno della festa "degli innamorati" di 20 anni fa.

Da tempo Marco era l’ombra del campione che tutti avevano conosciuto. Dopo la sospensione al Giro d’Italia del 1999 per ematocrito alto era tornato alle gare ottenendo due vittorie di tappa al Tour de France del 2000 contro Lance Armstrong. Poi, però, la convinzione di essere stato ingannato prese il sopravvento e pian piano il Pirata finì per allontanarsi dalle gare ciclistiche: nella sua vita, un tempo costellata di successi, uscirono la bicicletta e gli allenamenti ed entrarono la depressione, cattive amicizie e la cocaina.

Cosa dicono le due inchieste condotte dalla Procura di Torino

Dopo il decesso di Pantani la Procura della Repubblica di Rimini condusse due inchieste: la prima venne aperta nel 2004 subito dopo la morte del ciclista; la seconda, invece, venne avviata a seguito di un esposto della famiglia di Marco nel quale si avanzò l’ipotesi che la morte fosse conse­guenza di una azione omicidiaria. In entrambi i casi venne ritenuta verosimile l’ipotesi dell’accidentalità del decesso, piuttosto che quella di un’azione suicidaria. Per i giudici, dunque, Marco Pantani non venne ucciso ma morì a causa dell’autoassunzione di cocaina e psicofarmaci.

Della vicenda, a partire dal 2019, è tornata ad occuparsi anche la Procura di Rimini, che ha aperto un nuovo fascicolo contro ignoti. Nel frattempo però anche la Commissione Parlamentare Antimafia ha svolto negli ultimi anni ulteriori indagini che sembrano mettere in discussione il quadro probatorio che condusse ai precedenti esiti giudiziari, con un sospetto enorme: quello che la stanza del residence Le Rose in cui venne trovato il corpo di Pantani fosse stata manomessa tra l’intervento dei soccorritori del 118 e quello, successivo, degli agenti della Polizia Scientifica. Ma da chi? E per quale ragione?

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Il bolo di cocaina accanto al corpo di Pantani

Il principale enigma è quello riguardante un presunto bolo di cocaina accanto al corpo di Pantani.

In proposito  – spiega la relazione della Commissione – i familiari di Marco Pantani avevano presentato nel corso delle indagini un esposto integrativo contenente le dichiarazioni acquisite in sede di indagini difensive, rispettivamente, dai due infermieri e dall’autista soccorritore, intervenuti la sera del 14 febbraio 2004 assieme al medico, presso il Residence Le Rose di Rimini: in tali dichiarazioni i tre operatori sanitari avevano affermato che all’atto del loro intervento non vi era il bolo di sostanza bianca, risultato essere cocaina, che appariva nel video del sopralluogo della Polizia Scientifica.

Nel corso di un interrogatorio Vito Morelli (autista soccorritore), Anselmo Torri (infermiere) e Walter Morolli (autista infermiere) affermarono con sicurezza di non aver mai notato il bolo, confermandolo poi in Commissione antimafia in due audizioni del gennaio e febbraio 2022. I tre spiegarono che se quel bolo ci fosse stato sarebbe stato certamente notato, dal momento che tra i compiti specifici degli operatori vi è quello di ricercare sul luogo di intervento elementi che possano favorire la comprensione delle cause del malore o della morte di una persona.

La stanza D5 in cui venne trovato Pantani

Nel corso di un'audizione in Commissione Antimafia il 19 gennaio 2022 Anselmo Torri spiegò con dovizia di particolari lo stato in cui versava la stanza D5, quella in cui venne trovato il corpo di Pantani. La camera, dotata di un soppalco, era a soqquadro: il Pirata giaceva al piano superiore in posizione prona, ai piedi del letto, in uno spazio piuttosto ristretto vicino alla balaustra. Il corpo di Pantani si presentava al tatto freddo e rigido; i soccorritori lo ruotarono di 50-55 gradi per esaminarlo nella parte frontale. Appurata la presenza di chiazze ipostatiche, lo ricollocarono in posizione prona in quanto, secondo la loro esperienza, Pantani era ormai morto da qualche ora. Il decesso venne infatti presto constato dal medico.

Spiega la Commissione: "In quel preciso istante il soccorritore Torri avvertiva la presenza, sulle scale del soppalco, di un primo poliziotto il quale gli chiedeva delucidazioni sulle condizioni di Pantani e lo sollecitava a toccare meno cose possibile asserendo che stava per arrivare la Polizia scientifica. Tale circostanza lo aveva sorpreso atteso che l’intervento di tale struttura investigativa viene solitamente disposto soltanto dopo che si ha la conferma di un decesso, che era stato, invece, appena constatato".

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Ai membri della Commissione Parlamentare Torri spiegò di aver guardato molto attentamente il soppalco: "Di fatto abbiamo trovato dei farmaci che erano fondamentalmente degli psicofarmaci". Gli vennero quindi mostrati dei reperti fotografici presenti nel fascicolo della polizia scientifica: l'infermiere affermò di non ricordare la presenza di un cavo a terra e di non aver rilevato nulla sotto il corpo di Pantani, né il bolo di cocaina né il copioso sangue presente invece nelle foto della polizia scientifica. A specifica e reiterata domanda, Torri ribadì di non ricordare la presenza del sangue, visibile dalle foto, sul volto di Pantani e di non avere visto sangue neanche sul pavimento. Non ci sarebbe stata neppure polvere bianca su un tavolino.

"Sicuramente non c’era della polvere bianca di sopra… perché quando abbiamo fatto le rilevazioni, definiamole sommarie, per quello che potevamo vedere, ovviamente le cause di decesso in una persona giovane possono essere anche sostanze stupefacenti, ad esempio. La presenza di polvere bianca su una mensola così scura avrebbe sicuramente attirato la nostra attenzione, quanto meno un dubbio ce l’avrebbe insinuato".

Anche la disposizione di alcuni farmaci, secondo Torri, era diversa rispetto a quella mostratagli in alcune foto, così come il colore delle lenzuola del letto sul soppalco. "È emerso – scrive la Commissione – che né l’autista dell’ambulanza del 118, sig. Morelli, né l’infermiere Torri, né l’autista dell’automedica, signor Morolli, videro sostanza stupefacente sul soppalco e, soprattutto, non videro il bolo di sostanza bianca accanto al corpo di Marco Pantani. Sia Torri che Morolli, nell’audizione dinanzi a questa Commissione, hanno argomentato logicamente, con estrema lucidità e fornendo dettagli precisi". Insomma, la stanza D5 potrebbe essere stata manomessa, dettaglio non irrilevante ai fini di un'indagine giudiziaria.

Il racconto della Polizia Scientifica

Ad accrescere i dubbi una dichiarazione resa il 3 dicembre 2004 dall’Assistente capo della Polizia scientifica, dottoressa Maria Teresa Bisogni, che insieme al suo collega Vettraino, intervenne la sera del 14 febbraio 2004:

 […] non ricordo chi, ma un collega ci disse che per posare il nostro materiale avremmo potuto usufruire di una stanza sita al medesimo piano, mi pare fosse attigua a quella occupata da Pantani. Dopo che io e il collega Vettraino abbiamo indossato le tute, i calzari ed i guanti […] Ho iniziato a filmare con la videocamera riprendendo una parte delle scale […] e tutto il corridoio […] Poco dopo giunse sul posto il dott. Gengarelli (pm che conduceva l'inchiesta, ndr) assieme al Sost. Com. Lancini e Lelli e poco dopo o quasi in contemporanea è giunto sul posto anche il medico legale […] . Appena giunto innanzi all’uscio il dott. Gengarelli diede disposizioni affinché io e il collega Vetraino aspettassimo fuori, in quanto espressamente lo stesso ci riferiva che prima sarebbe entrato lui poi ci avrebbe fatto entrare a nostra volta per iniziare le riprese e i rilievi… La cosa mi parve strana in quanto sulla scena del fatto su cui si indaga, a mio parere per primi dovrebbero entrare gli operatori della scientifica opportunamente attrezzati con calzari, guanti e tute.

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"Smettete di indagare o fate la fine di Marco"

Tra le persone audite dalla Commissione Parlamentare Antimafia c'è anche Maurizio Onofri, marito di una nipote della madre di Marco Pantani, che raccontò di aver appreso che al Pirata era accaduto qualcosa di grave il 14 febbraio da un amico poliziotto, tale Giuseppe Tramontano (deceduto nel 2006 in un incidente in moto). Onofri si recò quindi al residence Le Rose riuscendo, senza difficoltà, a raggiungere la stanza D5 passando per un ascensore che prese in garage. La porta era leggermente aperta e l’accesso alla camera era interdetto con il nastro tipico utilizzato dalle forze dell’ordine, posto in diagonale. Sporgendosi all’interno senza entrare, aveva visto il bagno al piano inferiore dell’appartamento. Nel visionare la documentazione fotografica mostratagli nel corso dell’audizione, egli ha affermato con sicurezza che la scena da lui vista non corrispondeva a quella rappresentata nelle fotografie. Onofri ha poi affermato di non essere mai stato sentito dagli inquirenti e di essere stato destinatario di minacce riportategli dall'amico poliziotto, Tramontano:

Nel frattempo, succede che, dopo la morte di Marco, io comincio a indagare sulla morte di Marco. Comincio a indagare come pian piano farà poi la sua mamma. E il poliziotto Tramontano, un giorno di primavera, prima che aprissimo l’albergo (era presente anche mia moglie, Belletti Milena), viene a casa mia e ci dice: "Smettete di indagare perché avete rotto le palle". Testuali parole: "Fate la fine di Marco. Dì a tua zia che fate tutti la fine di Marco".

Le conclusioni della Commissione Antimafia

Le incongruenze rilevate dalla Commissione Parlamentare sono state numerose. Il sospetto è che qualcuno abbia potuto spostare e manomettere gli oggetti all'interno della stanza in cui è stato trovato il corpo di Marco Pantani prima dell'arrivo della polizia scientifica, addirittura aggiungendo accanto al cadavere un bolo di cocaina e sangue che nessuno dei soccorritori ricorda di aver mai visto. Non solo: viene criticato il mancato rilievo delle impronte digitali e il tardivo interrogatorio degli operatori del 118, avvenuto per la prima volta solo nel 2014. La Commissione "ritiene che i numerosi elementi dubbi che sono emersi nel corso dell’istruttoria siano di tale rilievo da meritare un attento approfondimento: le ipotesi fondate su quegli elementi non possono essere ridotte a mere possibilità astratte oggetto di discussione in servizi televisivi o su articoli stampa".

Anzi, "diverse sono le scelte e i comportamenti posti in essere dagli inquirenti che appaiono discutibili". "L’inchiesta condotta" dalla Commissione Parlamentare "ha fatto affiorare singolari e significative circostanze che rendono possibili altre ipotesi sulla morte del campione, anche considerando un eventuale ruolo della criminalità organizzata e di quegli ambienti ai quali purtroppo egli si rivolgeva a causa della dipendenza di cui era vittima".

Marco Pantani morì di overdose a causa dell'autoassunzione volontaria o accidentale di cocaina, come recitano le sentenze delle due inchieste finora condotte? O davvero, come sostiene la sua famiglia, il Pirata venne ucciso?

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