Elia Viviani: “Alla Vuelta dai pulmini scrivevamo alle famiglie se stavano bene nel mezzo dei disordini”

Elia Viviani ha annunciato il proprio addio al ciclismo, confermando la decisione alla vigilia delle ultime due gare che lo vedranno impegnato, il Giro del Veneto e i Mondiali su pista in Cile. Una scelta maturata con serenità e consapevolezza che i tempi fossero maturi, confermata nella conferenza stampa organizzata con gli addetti al settore, in cui ha ripercorso alcuni momenti importanti della sua straordinaria avventura in bici, tra ricordi, ringraziamenti e riflessioni. Anche sul delicatissimo momento che sta attraversando tutto il movimento con i recenti fatti che hanno coinvolto la Israel Premier Tech, oggi autoesclusasi dal Lombardia. Come nel caso dell'ultima Vuelta spagnola, dove Viviani ha corso e ha vissuto sulla propria pelle, momenti difficilissimi.
Su questo argomento, Elia Viviani ha risposto alle domande di Fanpage, rivivendo una situazione complessa e complicata, che gli ha lasciato l'amarezza in bocca ma anche una grande speranza per il futuro: "L'augurio che tutto si risolva senza dover escludere nessuno. Io mi son messo spesso nei panni dei miei colleghi ed è stata durissima, lo assicuro".
Il ricordo della Vuelta, la sua ultima Vuelta in carriera, macchiata dalle proteste contro la Israel, per Viviani resterà per sempre un momento particolare indelebile. "La Vuelta ti è stata un'esperienza difficile, nel senso che alla fine ci sono state delle tappe dove non ci sentivamo in pericolo bel vero senso della parola, ma è stata dura. Perché c'erano dei protestanti che provavano a fermare la corsa e per una ragione sicuramente che non abbiamo messo mai in discussione. Ma ci trovavamo come parte lesa, ci chiedevamo perché stesse capitando proprio a noi, che eravamo lì a cercare di fare fatica. A me è dispiaciuto tantissimo non poter sprintare a Madrid"
Viviani ha vissuto sulla propria pelle quelle difficoltà, condividendo con il gruppo la tensione e i timori: "Avevo tre giovani in squadra che erano al loro primo Gran Tour e la soddisfazione che hai alzandoti il mattino dell'ultima tappa, sapendo che concludi il tuo primo Gran Tour, con l'arrivo davanti alla famiglia, alle fidanzate e mogli che ti aspettano non c'è stato. Invece di godersi il momento eravamo tutti su dei pulmini a contattare le nostre famiglie per sapere se stavano bene perché sapevamo che c'erano delle manifestazioni anche violente all'arrivo. Non è sicuramente ciò che a mio avviso era il modo corretto di protestare, ma c'era una squadra che si chiamava Israel nel gruppo e quindi quello era il punto centrale".

Un problema per il gruppo, ma anche per i colleghi della Israel stessa, cui Viviani lascia una riflessione: "Io mi sono sentito durante quei 21 giorni di mettermi nei panni dei ragazzi dell'Israel e non è stato facile. Nel senso che potevo essere io uno di loro, perché la verità è che se due o tre anni fa io firmavo un triennale con la Israel perché mi offrivano un contratto da professionista, l'avrei fatto senza indugio. Il mio lavoro è essere un ciclista professionista, sarei potuto essere in quella squadra, sarei stato nella loro stessa situazione. Quindi mi sono messo nei loro panni, ricordando che non siamo noi ciclisti a dover cacciare via i nostri colleghi in una corsa, che siano con la maglia dell'Israel o altro. C'è stato un compromesso, l'aver tolto la scritta Israel: è stato un segnale sicuramente importante anche se poi la Israel alle grandi gare ed è un peccato".
Infine, il messaggio di Viviani perché la situazione si risolva per il bene di tutti, non solo del ciclismo: "Il mio pensiero è di dispiacere per quello che è successo alla Vuelta, perché da ciclista mi sarebbe piaciuto fare una Vuelta senza nessun intoppo, ma dall'altra sono tra quelli che dice che era giusto protestare per una ragione del genere. Vedremo il futuro della Israel, io spero e mi auguro che una squadra come quella non chiuda, che trovino una soluzione per non rappresentare direttamente quella scritta o comunque un modo per poter essere a tutte le gare senza nessun problema. Fondamentale è che restino perché sicuramente il ciclismo non ha bisogno di una squadra in meno, il prossimo il prossimo anno".