Alex Carera: “Il ciclismo è in crisi, vanno cambiate le regole. Servono Trenitalia e Poste Italiane”

Alex Carera è tra i migliori e più quotati manager del ciclismo moderno che vive in prima persona, da quasi 30 anni. Una passione che si è trasformata in una attività di risultati concreti e successi, avvalorati da una "scuderia" di atleti di primordine che segue costantemente, capeggiati non a caso da Tadej Pogacar, l'attuale più forte ciclista in circolazione. Ma tutto ciò non basta, la visione di Carera si spinge oltre e in esclusiva a Fanpage ha voluto spiegare e approfondire quanto espresso recentemente via social sulla necessità di rimodernare l'intero sistema, "non per agevolare qualcuno in particolare, ma per dare la corretta visibilità e possibilità a tutti".
Un discorso che verte soprattutto guardando il fondo della filiera, non solo la punta dell'iceberg: "Stiamo assistendo a squadre che perdono licenze, ad una fuga di sponsor e di crisi generale. Bisogna cambiare le regole dal basso: un nuovo calendario per i Pro Team, distinguere le corse con i World Tour e introdurre le novità nel regolamento non a ridosso della stagione entrante". Solo così, per Carera, si deve procedere "se vogliamo che gli sponsor ritornino ad investire e ad appassionarsi. Anche in Italia". Dove il problema è più che chiaro: "La mancanza di una figura forte di riferimento che possa confrontarsi con le istituzioni. La politica è la chiave di volta per portare sponsor nuovi. E quando parlo di sponsor intendo multinazionali del calibro di TIM, Trenitalia o Poste Italiane…"
Carera, da dove è nata la riflessione che ha scritto sui social?
La riflessione è nata dal fatto che quest'anno purtroppo alcune squadre World Tour hanno deciso di chiudere i battenti perché Arkéa [Arkéa-B&B Hotels ndr] e Intermarché [Intermarché-Wanty, ndr] hanno chiuso i battenti e quindi visto che se due squadre del circuito maggiore hanno avuto problemi a reperire sponsor e noi non creiamo una base più ampia con cui future squadre possono convincere il loro partner a crescere, quindi a diventare future squadre World Tour, tra qualche anno avremo non 18 squadre, bensì 10.
Dunque per le Pro Team non si sta facendo abbastanza?
Oggi nessuno fa niente per garantire una certa visibilità alle squadre Pro Team, dobbiamo lavorare sotto questo aspetto, quindi allargare la base, questa è di massima la mia proposta per il bene del ciclismo.
Entriamo nel merito delle sue idee, la prima riguarda il calendario: cosa propone?
La prima cosa è garantire un calendario certo alle squadre Pro Team, che oggi non ce l'hanno. Perché oggi io che devo trovare uno sponsor non da 40 ma da 5 milioni o da 10 milioni per fare una squadra Pro Team, vorrò pur sapere almeno un calendario preciso di quale gare e in quali Paesi vado a gareggiare.
Un problema legato alla visibilità ad oggi non sufficiente?
Certo, come le squadre World Tour hanno una visibilità garantita, le squadre Pro Team in questo momento non ce l'hanno. Ogni volta devono essere subordinate alle Wild Card e alle decisioni dei singoli organizzatori e io trovo che questo non sia profondamente ingiusto.
E la seconda idea di limitare le gare dove partecipano le World Your?
Nelle gare minori, quindi le gare del calendario Pro Team che si andrà a creare, dovrebbero limitare la presenza le squadre World Tour a un certo numero di partecipazioni. Non possono farle come accade adesso tutte, perché altrimenti non creeresti quell'entusiasmo che è fondamentale per poter far crescere anche le squadre che, diciamo così, sono di seconda fascia. Anche perché uno sponsor che magari entra e vuole spendere oggi solo 10 milioni, se si appassiona, un domani se gli si dà la possibilità ne spende 40. Come è successo in passato a squadre Pro Team come l'Alpinestars o come altre realtà.
Squadre, atleti, organizzatori e istituzioni. Chi è che manca all'appello?
Penso che alla fine chi deve decidere siano soltanto le istituzioni, perché io penso che questa proposta non è stata ancora discussa, ma credo che lo sarà e vedrà sicuramente tutte le forze in campo organizzatori, atleti e team dalla parte giusta. Poi ci sarebbe anche una terza regola che non ho scritto.
Ce la esponga…
Una cosa che sicuramente bisognerà fare sicuramente è quella di modificare le regole non a ottobre per l'anno successivo, ma bisogna fare una regola su cui almeno si abbia il tempo di lavorarci sopra con un anno in anticipo. Quindi se una regola esce a ottobre 2025 deve entrare in vigore nel 2027, non nel 2026 a gennaio come avviene adesso, perché sennò togli alle squadre, agli agenti, ai corridori la possibilità di assimilarla e adattarsi.
Perché nel 2025 c'è stata questa enorme emorragia?
L'aumento delle spese non cambia molto le dinamiche, è che si è alla fine di un triennio e ogni 3 anni c'è questo fenomeno. Semplicemente perché a fine di ogni triennio uno rischia di perdere la licenza e di fatto chi l'ha persa? L'hanno persa Archea e Inter Marche che hanno perso un sacco di punti.
Quindi bisogna mettere mano anche all'attuale sistema punti UCI che tanti disapprovano?
Il sistema punti secondo me è alla fine veritiero, quindi questo non è un problema. Il problema è un altro. Il problema è che i punti devi farli nelle gare World Tour, quindi quell'aspetto è da andare a modificare. Ma i punti alla fine sono corretti, i punti sono l'unica cosa facile da capire, per gli sponsor e per i fan. La base è giusta, non è quello la chiave di volta che crea problemi, adesso.
E sempre nella visione di migliorare il ciclismo attuale, l'idea della Superlega di OneCycling, si trova d'accordo?
No, non è un punto fondamentale, non cambia la visione dell'UCI che fa il suo lavoro, le squadre fanno il loro lavoro, e bene: basterebbe soltanto modificare un paio di aspetti, perché il ciclismo comunque è in forte e costante crescita. Altrimenti non ci sarebbero delle entrate importanti che si sono verificate negli ultimi anni. Mi riferisco a Red Bull, due anni fa, poi quando è entrata Lidl, Decathlon, Tudor. Sono entrati dei gruppi molto forti e questo bisogna dirlo. Ma non è il World Tour ad essere il problema.
Priorità e concentrazione dunque alla fascia secondaria per risollevare il sistema?
Bisogna guardare alla filiera sottostante, sì. Oggi magari è meno in vista, ma un domani a squadre come l'1X (la 1X Pro Cycling Team) se non avesse potuto entrare in una fascia secondaria 3 anni fa, oggi non avremmo per il 2026 una squadra norvegese bel World Tour un fatto che non c'è mai stato prima d'ora. Quindi si deve cercare di lavorare più in prospettiva. Così magari un giorno avremo una squadra indiana, una squadra canadese e via discorrendo.
Com'è cambiato il ciclismo dal punto di vista manageriale da quando lei circa 30 anni iniziò la sua carriera da agente?
Senza dubbio in meglio. Meglio perché i contratti sono molto più stabili, sono molto più lunghi, le squadre sono molto più solide economicamente, molto più controllate dai revisori contabili. E poi c'è molto più rispetto del mio ruolo, cosa che 30 anni fa sicuramente non c'era perché noi eravamo visti come persone che erano sì, dall'altra parte del tavolo, ma erano i nemici delle squadre, i nemici dei direttori sportivi. Oggi non è così, oggi siamo una parte di un anello che serve per dare tranquillità all'atleta per tenere buoni rapporti con le squadre e per fare il meglio all'interno della catena. Come non c'era 30 anni fa la figura del coach o del nutrizionista, non c'era neanche la figura riconosciuta dell'agente. Oggi sono tutti parte di un unico grande ingranaggio.
Perché si rivedano degli sponsor italiani, invece, che cosa bisognerebbe fare?
Abbiamo bisogno che una figura importante italiana, credibile, possa avere la possibilità di parlare con le istituzioni. Senza la possibilità di avere la politica dietro, non potrà essere mai possibile. Negli altri Paesi dalla Francia al Belgio, al Kazakistan oppure gli Emirati Arabi, dietro ci sono sempre le istituzioni. La politica è la chiave di volta per portare sponsor nuovi nel mondo del ciclismo, anche in Italia. Anche se ultimamente alcuni si sono riaffacciati, però abbiamo bisogno di aziende multinazionali, abbiamo bisogno di aziende statali. Se un giorno dovesse entrare Trenitalia, Poste Italiane o TIM, a quel punto sì, cambierebbero tante cose anche per noi.