Spinelli in fuga dalla guerra: “Ho visto genitori lanciare i figli oltre la recinzione del confine”

Il cellulare era quasi scarico. Claudio Spinelli, in preda alla disperazione, lo usò per mandare un ultimo messaggio al padre: "Chiama tutta l'Argentina e vedi come possono tirarmi fuori da qui". L'ex attaccante di Crotone e Genoa adesso è al sicuro e in salvo nel suo Paese. È tornato in patria dall'Ucraina dopo un viaggio d'inferno e un'esperienza allucinante. Ha rischiato di morire: non per i colpi d'artiglieria sparati dall'esercito russo, ma per la calca e la furia delle persone in fuga dalla guerra.
Fino alla settimana scorsa ha indossato la maglia dell'Oleksandriya, squadra del massimo campionato nazionale nella quale era giunto nell'estate scorsa dopo aver lasciato il Grifone e la Serie A. Tutto è cambiato all'improvviso, da quando l'escalation del conflitto è deflagrata negli attacchi violenti sferrati dai russi durante l'invasione e nell'angoscia della gente diretta verso il confine. La città dalla quale è andato via con mezzi di fortuna non è molto distanze dai luoghi dove infuria la battaglia, a circa sei/sette ore da Mariupol e altrettanto dalla Crimea.

La sua Odissea è finita nella giornata odierna, quando finalmente il volo lo ha riportato in Argentina. Per avere un'idea di come sia riuscito ad arrivare miracolosamente al confine con la Polonia basta andare su maps di google e calcolare, anche in maniera approssimativa, la distanza tra Oleksandriya e Leopoli, il centro più vicino al confine. In auto occorrono 12 ore di viaggio per arrivare a destinazione. A piedi servono 151 ore, quasi sei giorni di cammino per attraversare il Paese e presentarsi alla frontiera. Spinelli ha percorso un lungo tratto in auto poi, assieme ad altri compagni di squadra, s'è dovuto arrangiare procedendo a piedi. "Il problema è iniziato quando ci siamo avvicinati al confine – ha ammesso il calciatore a Tyc Sports -. C'era il caos. Tanta gente che voleva andarsene, file e file di macchine… sembrava la scena di un film".
Gli è successo di tutto, poterlo raccontare è già una fortuna. "Sono stato quasi investito da un'auto ma per fortuna non mi sono fatto niente. Ho rischiato perfino di essere travolto da un camion. E quando siamo giunti al confine c'erano migliaia di persone ammassate, i genitori cercavano in qualche modo di portare i loro figli oltre la recinzione".
Un incubo a occhi aperti, tutto drammaticamente reale. Spinelli ha visto coi propri occhi e ha avvertito sulla propria pelle il dolore, l'angoscia, la paura, lo smarrimento degli sfollati. "Ci sono persone che hanno lasciato le valigie per strada pur di scappare. Io ne avevo due… dopo aver fatto 5 chilometri a piedi, sono stato investito e una si è rotta… ho continuato così a piedi per altri dici chilometri e sono arrivato al confine alle 2 del mattino". L'ultima speranza rimasta era chiamare aiuto a casa, in Argentina, confidando nella batteria del telefonino e nella ricezione della rete. Ce l'ha fatta per una tacca e ha spedito un messaggio vocale al padre: "Gli ho lasciato un audio che non dimenticherà – ha aggiunto Spinelli -. Ha fatto di tutto per farmi uscire dall'Ucraina e tornare qui".