Ruschel sopravvissuto della Chapecoense, salvo per un’assurda coincidenza: non sa darsi un perché

Alan Ruschel è uno dei tre calciatori sopravvissuti alla tragedia della Chapecoense e se oggi può ancora raccontare cosa è successo a bordo del volo prima che l'aereo precipitasse è perché la sorte aveva deciso che il filo della sua vita non andasse reciso. Si è salvato perché, una volta imbarcato, cambiò posto all'interno della cabina. Ne aveva adocchiato uno "in fondo alla fila dei sedili", pensando che fosse quello migliore per stare in santa pace e, magari, stiracchiarsi anche un po'. Ma l'arrivo di un giornalista che si accomodò accanto si rivelò provvidenziale: il portiere, Follmann (l'altro giocatore rimasto vivo nonostante lo schianto), lo invitò a sistemarsi vicino a lui. Mai avrebbe immaginato che, grazie a quel consiglio e a quel gesto di cortesia, sarebbe scampato alla sciagura. Tuttora, non sa darsi un perché, trovare una risposta sensata a quella illogica, irreale, assurda coincidenza della sorte. Sono trascorsi 9 anni dal 29 novembre 2016 ma sembra ieri: certi ricordi non ti abbandonano mai. Mai. A 36 anni l'ex terzino della Chapecoense indossa la maglia della Juventude, nella Prima Divisione brasiliana: il calcio gli ha dato la forza per rinascere.
Ruschel e il cambio di posto che gli ha salvato la vita
Non era la sua ora. Ruschel deve averlo pensato chissà quante volte nel corso degli anni. È la frase che spesso viene utilizzata per dare una spiegazione (o, almeno, provarci) alle conseguenze imponderabili di situazioni terribili come il gravissimo incidente aereo nel quale morirono 71 delle 77 persone presenti sul volo che sta trasportando la Chapecoense a Medellin, in Colombia, per la finale di Copa Sudamericana.
"Sapevo che sarebbe stato un lungo viaggio – racconta il calciatore che ha ancora davanti agli occhi quegli istanti – e per questo avrei preferito viaggiare da solo. Avevo pensato di sdraiarmi su una fila di sedili in fondo". È stato in quel momento che il suo destino ha preso una piega diversa. "Siamo saliti tutti e quando è arrivato uno degli ultimi, un giornalista, si è seduto accanto a me. Non la presi bene perché dissi tra me e me: Non potrò più sdraiarmi. In quell'istante Follmann mi ha guardato e mi ha chiamato perché mi sedessi vicino a lui. E quando l'aere è partito non aveva problemi".
Cosa è successo negli ultimi istanti prima dell'impatto mortale
Ruschel è lucidissimo nel descrivere quei minuti fatali, c'è una frase in particolare che colpisce nell'intervista al quotidiano spagnolo, Marca. "Il pilota annunciò che saremmo atterrati. Facemmo un giro, poi un altro, e niente… non stavamo atterrando. Improvvisamente tutte le luci dell'aereo si spensero e ci fu solo silenzio. Nessuno urlò, non ci fu panico, solo quella sensazione di ‘cosa sta succedendo?'. Poi ci fu una turbolenza molto forte, l'allarme suonò all'interno dell'aereo… e dopo, non ricordo nient'altro. Immagino che quello sia stato il momento dell'impatto".

Chi sono i sopravvissuti alla sciagura della Chapecoense
Alan Ruschel, Jackson Follmann e Helio Neto sono gli unici sopravvissuti della squadra. Oltre a loro, si salvarono anche due membri dell'equipaggio (l'assistente di volo Ximena Suárez e il tecnico di volo Erwin Tumiri) e un giornalista, Rafael Henzel (deceduto nel 2019, all'età di 45 anni, per un infarto mentre giocava a calcio con gli amici).
