Paolo Casarin: “Da arbitro ero amico dei calciatori. Ricordo cosa accadde al matrimonio di Maradona”

Dici Casarin e pensi all'arbitro per eccellenza. Paolo Casarin ha diretto partite importanti, di ogni livello, è stato nel mondo del calcio da protagonista per tanti decenni. Ha vissuto in prima persona l'evoluzione del mondo del pallone. Il calcio è cambiato rispetto ai tempi in cui dirigeva le partite, in cui un grande arbitro poteva avere rapporti eccellenti con campioni come Zoff, Platini e Maradona. Per Rizzoli ha pubblicato un bel libro ‘Vita e pensieri di un arbitro' e in un'intervista a Fanpage.it ha raccontato una serie di gustosi aneddoti, ma ha anche parlato dell'arbitraggio di oggi che convive anche con il VAR e la Goal Line Technology.
Casarin lei ha avuto una carriera di altissimo livello. Venne designato anche per i Mondiali del 1982, in quel Mundial diresse una partita delicatissima. Germania-Spagna era una sorta di patata bollente e toccò a lei, come ogni partita ci fa tanta tensione durante il gioco ma in questa tantissima anche prima. 
 Nel Mondiale del 1982 la Spagna era stata visibilmente aiutata ed era arrivata così a disputare una partita decisiva con la Germania, chi vinceva passava in semifinale. Mi chiamò Franchi mi disse che sarebbe stata una partita dura e che mi sarei dovuto preparare bene per Spagna-Germania. Vivendo a Madrid per il Mundial avevo ben chiaro che la tensione era forte. La conferma arrivò quando la sera di quella partita mi accompagnarono allo stadio una trentina di carabinieri. Arrivai allo stadio, sentii una tensione forte, la tensione ce l'avevano, dirigenti e giocatori tutti, ma pure le pietre del Bernabeu. A quel punto o scappi via o prendi il fischietto e vai verso il campo.
Poi arriva finalmente la partita.
 L'ingresso in campo lo ricordo bene, c'era un colpo d'occhio da rimanere stecchiti, faceva un caldo incredibile. Io pregai di riuscire a farcela, alla fine del corridoio c'è una immagine della Madonna e lì vicino tutti si facevano il segno della croce. La Germania si era pesantemente lamentata prima della partita. In campo qualche giocatore parlicchiava qualche parola d'italiano e a ogni fischio mi diceva che favorivo la Spagna: ‘Oggi devi farlo perché c'è la Spagna' mi dicevano. La partita fu regolarmente arbitrata, non ci furono grandi problemi, la Germania vinse 2-1 con la gente che mi ha stretto la mano.
Il post partita invece fu deludente dal piano umano, e con poco sonno.
 Quando tornai in albergo trovai solo un cameriere. Quando arrivai c'erano tutti gli arbitri lì, mi aspettavo una stretta di mano o che qualcuno che mi dicesse hai fatto una buona partita, grazie a te non ci sono più chiacchiere. Arrivai in albergo non mi salutò nessuno, mangiai qualcosa, andai in stanza e dormì pochissimo, perché non capivo come mai nessun arbitro venisse da me per dirmi: ‘Sei stato bravo, non ci sono state polemiche', niente. Quando ho preso atto che nessuno si era fatto vivo ho dormito un paio d'ore, proprio perché non ce la facevo più, avendo nella testa dei pensieri non positivi, con nessuno dei colleghi.

Come mai solo adesso ha deciso di scrivere la sua autobiografia? 
 Il libro è venuto fuori tanti anni fa. Io ero molto amico di Gianni Mura, come lo ero di Brera. Siccome sono nato nel 1940, nel 2020 quando avevo 80 anni un giorno Mura mi disse: ‘Senti Paolo, se hai voglia di scrivere affrettati che presto non ti ricorderai un tubo di quello che hai fatto'. Visto che ci pensavo da un po' gli ho chiesto se voleva fare la prefazione. Finito di fare il preambolo del libro purtroppo è venuto a mancare poco tempo dopo, e io promisi alla moglie che l'avrei pubblicato. In generale non mi sembrava utile parlare solo di me. In fondo l'arbitraggio è sempre stata la seconda parte della mia vita, il lavoro era la prima. Sono stato in 106 paesi del mondo mentre arbitravo. Ho lavorato prima all'Eni e poi per una banca di Milano ed ho finito nel 2016.
Lei avrebbe voluto il VAR?
 La televisione è diventata determinante, e per certi versi terribile per gli arbitri, dal 1990. Il fuorigioco fino a quel momento non lo capiva nessuno. Quando divenni designatore degli arbitri ci trovammo in una situazione incredibile. Ricordo che dall'inizio di quel campionato a settembre fino a febbraio vennero annullati 15 gol regolari. Capimmo che bisognava trovare una soluzione per eliminare il problema. In una riunione scrissi: ‘Nel dubbio non alzare la bandiera'. Quella frase venne ratificata anche dalla FIFA e iniziammo a lavorare facendo delle ricerche universitarie per capire la capacità visiva di un uomo. Comunque anche se oggi ci sono arbitri che con maggiore facilità assegnano i rigori il VAR ha corretto qualche errore grossolano, se prima si sbagliava il 5%, ora ancora meno.
VAR promosso, ma per lei è più importante la Goal Line Technology? 
 Il VAR non è inutile, anche se la cosa più importante ripeto per me è la Goal Line, perché la tecnologia va d'accordo con le linee, perché dà risultati oggettivi, ma non va d'accordo con gli uomini che danno risultati soggettivi. Così come il VAR. In ogni caso oltre mi fermerei, tutto il resto è una roba banale.
Nel suo libro parla anche del tema dell'uniformità arbitrale, che a molti pare impossibile raggiungere.
 Io avevo tutti contro, non per niente ho preso squalifiche, forse pure perché ero un rompiscatole (ride, ndr). Anche quando qualcuno mi ha detto che gli arbitri devono far parte del sistema del calcio e non dipendere dal designatore io sono andato avanti, ognuno ha le sue idee. Ai Mondiali del 1994 le cose sono cambiate ulteriormente. L'uniformità è difficile da raggiungere. Pensi che anni fa facemmo un test per vedere se con due arbitri insieme, uno per metà campo, in una edizione della Coppa Italia. Il risultato fu che due arbitri non fanno che peggiorare le cose perché ognuno vede a modo suo l'arbitraggio.

Lei è stato arbitro per un lunghissimo periodo nel quale i calciatori erano più avvicinabili, lei ha avuto modo di conoscere bene una serie di stelle del calcio italiano e mondiale, tra questi c'è anche Michel Platini.
 Recentemente l'ho incontrato. Pensi che Platini ha voluto il mio libro con due pagine di dedica. Mi ha telefonato dicendomi: ‘Scrivi tutto quello che ti ricordi di me'. Anche lui aveva un buon ricordo di me. Diressi anche la sua ultima partita, a Nancy, c'erano anche Maradona e Pelé. In generale avevo un rapporto buono anche con altri calciatori, quando andavo all'estero. Era bello per me arbitrare.
Ha avuto un rapporto eccellente anche con Diego Armando Maradona.
 Maradona era come fosse mio figlio, da quando seppe che io potevo essere un argentino mi volle molto bene. Da ragazzo sono stato a un passo dall'emigrare con la mia famiglia in Argentina, andammo con i miei genitori a Genova per imbarcarci poi saltò perché mio padre trovò un altro lavoro in Italia. Ad ogni modo ricordo la sua famiglia, le bambine. Lui mi mandò l'invito per andare al matrimonio. Riguardo il matrimonio di Diego c'è un aneddoto che mi raccontò Carlos Bilardo (l'allenatore dell'Argentina ai tempi di Maradona, ndr), un episodio che spiega tutto Diego. Al ricevimento c'erano circa 1000 persone in questo salone immenso. Lui e la moglie erano nel loro tavolo, diciamo sopraelevati, così tutti gli invitati li vedevano e li salutavano. Lui a un certo punto guardando giù ne beccò uno che non era suo amico, scese da questo sopralzo e lo buttò fuori. Era unico in tutto. Maradona quando era in campo mi diceva: ‘Arbitro guarda le mie caviglie che me le hanno appena rotte'. In campo era corretto, era un uomo molto buono.
Lei ha iniziato a fare l'arbitro grazie a un suo amico, Dino Panzanato, che è stato un eccellente calciatore. La storia è divertente, ce la racconta?
 Dino faceva il tornitore, io andavo a scuola. La sera in piazza facevamo due chiacchiere, lui una volta mi disse: ‘Hai mai giocato a pallone?'. Dissi di no, organizzammo una specie di partita, giocai e mi disse: ‘Paolo lascia perdere, comprati un fischietto e vai a fare l'arbitro'. Da lì poi ho fatto tutta la gavetta e sono arrivato in Serie A, dove ho trovato anche dei ragazzi, come Panzanato, ma anche Cereser e Bedin, che avevo conosciuto da ragazzo e incontrarli in campo fu splendido. Questa cosa di avere un buon rapporto con i calciatori ho sempre cercato di alimentarla. Ho sempre avuto piacere di conoscerli, si scambiava qualche parola, trovare giocatori che conoscevo bene per me era rassicurante. Anche loro beneficiavano di un atteggiamento amichevole da parte mia, non gli dicevo certo: ‘Qui comando io' o ‘Ti butto fuori', si cercava di risolvere tutto in modo civile.

Grazie all'amicizia con Panzanato ha avuto modo di diventare amico di due miti del calcio italiano: Dino Zoff e José Altafini.
 Panzanato è stato calciatore del Napoli e quando veniva a Milano e io ero arbitro di serie inferiori conobbi sia Zoff che Altafini, del quale sono molto amico. Pensi che José ha regalato a mio figlio la maglia del Mondiale del 1958 che vinse con il Brasile, a fianco di Pelé.
Nel libro ricorda un episodio curioso, alla fine dei conti divertente, che oggi sarebbe impensabile quello di un Torino-Juventus che la vide arrivare giusto in tempo per il fischio d'inizio.
 Io ho lavorato all'Eni, andavo in giro tanto, tornai al sabato dal Brasile e quando dovevo andare a Torino sono partito la mattina della partita, in treno da Milano. La notte precedente però fu insonne e mi addormentai sul treno. Il controllore mi svegliò che erano le 13:45 e le partita iniziava alle 14:30. Pensai subito: ‘Oddio, non arriverò al campo in tempo'. Invece ci riuscii regolarmente.
Il suo buon rapporto con i calciatori è testimoniato anche in quanto accadde in un Toro-Juve con Benetti, Zoff e Tardelli protagonisti.
 Nei minuti finali del primo tempo ci fu uno scontro tra Vullo e Tardelli, a Tardelli uscì un po' di sangue dal sopracciglio, si lagnò, gli dissi: ‘Non rompere, non è niente'. Arrivò pure Zoff che se la prese con Vullo, tutto accadde sotto la curva del Torino. Dopo pochi minuti tutto sistemato. Torniamo negli spogliatoi, vedo Benetti che saluta la curva del Torino provocando fischi, lo chiamo e gli dissi: "Romeo cosa fai?", "Paolo tu non hai capito, ho visto mia sorella che è tifosa e l'ho salutata". Una balla atroce. Ci mettemmo a ridere. Conoscevo Benetti, come conoscevo Zoff, del quale ricordo bene la famosa parata del Mundial '82 in Italia-Brasile.
 
		 
  