Pampa Sosa: “Non avevamo palloni e campo di allenamento ma riportammo il Napoli dove doveva stare”

Roberto Sosa è conosciuto da tutti come il Pampa ed ha legato il suo nome al Napoli perché è stato protagonista nella rinascita del club azzurro: in 4 stagioni l'attaccante argentino ha aiutato il club di Aurelio De Laurentiis nella cavalcato che lo ha portato dalla Serie C alla Serie A. Tutto nel segno di Diego Armando Maradona.
Fu uno dei primi calciatori a sposare il progetto ‘Napoli Soccer' ed è stato l'ultimo calciatore azzurro ad indossare il numero 10 del Pibe de Oro in gare ufficiali: fu una sua richiesta precisa a Pierpaolo Marino, allora dirigente del club partenopeo, in occasione della firma sul contratto. Il 30 aprile 2006 con la promozione in Serie B già in tasca, al San Paolo arrivava il Frosinone e Sosa, con la 10 sulle spalle segnò un gol con un pregevolissimo pallonetto che lo portò a correre sotto la curva in lacrime, mostrando una t-shirt col volto di Maradona, accompagnata dalla frase "Chi ama non dimentica, onore a chi ha fatto la storia del Napoli". Quella maglia il Pampa la fece firmare sarà proprio Diego in persona quando era allenatore del Gimnasia y Esgrima La Plata, club con cui l'attaccante argentino esordì in Primera Division. Intrecci che mai avrebbe immaginato quando guardava in tv le partite del Diez.
Roberto Sosa ha raccontato tutta la sua storia nel libro "L'Ultimo 10" edito da Edizioni Mea, un viaggio che attraversa la sua carriera da calciatore fino ad oggi: a Fanpage.it il Pampa svela il suo legame con il club azzurro e cosa vuol dire essere l'ultimo ad aver indossato la maglia numero 10 di Diego Armando Maradona, oltre ad analizzare la stagione del Napoli che si appresta a vincere il suo quarto Scudetto.

Cosa significa per un calciatore argentino essere l’ultimo giocatore ad indossare la maglia numero 10 del Napoli?
“È un motivo di orgoglio ed è una situazione che non mi sarei mai aspettato. Avere l’opportunità di giocare a Napoli, fare la carriera che ho fatto e indossare la maglia di Diego è una cosa che non avrei mai neanche immaginato. Il fatto che sono stato l’ultimo a indossarla e poi sono riuscito a farla firmare da lui è stato qualcosa che mi emoziona".
Maradona è stato molto più di un calciatore, lo dice anche il cantautore argentino Andres Calamaro: ci racconta il suo rapporto con lui?
"Da piccolo io mi svegliavo presto al mattino per vedere le partite di Maradona con la maglia del Napoli. Era una cosa che succedeva ogni domenica e lo facevo solo per il Napoli di Maradona. Prima di allora me ne parlava mio nonno, grande tifoso del Boca, e poi lo seguivo come facevano tutti in Argentina. A distanza di tanti anni sono riuscito a raccontare una storia in cui un bambino che vedeva Maradona in tv poi ha indossato la maglia con il suo numero sulle spalle e sono riuscito anche a farmela firmare. Anche dopo che l’ho conosciuto, prima negli spogliatoi di Napoli e poi quando era Gimnasia, l’ho sempre guardato con gli occhi del bambino e per me era un gigante. Diego era unico e sarà unico sempre e io mi porto sempre quei momenti".
Napoli è diventata casa sua, ma la prima tappa italiana di Sosa fu Udine: dalle difficoltà con Guidolin ai 21 gol della stagione 2000-2001, che esperienza fu quella friulana?
"È stata un’esperienza importante per me e devo sempre ringraziare la famiglia Pozzo insieme a Pierpaolo Marino. È stato un momento cruciale e particolare della mia carriera, inoltre due dei miei figli sono nati a Udine e per questo l’Udinese rimarrà sempre un passaggio fondamentale per me".

Ha citato il direttore Marino e la sua importanza per il suo percorso: ci sono ancora personaggi come lui, con competenze tecniche e umane, nel calcio di oggi?
“Secondo me no, ma è una risposta che dovrebbero dare gli addetti ai lavori. Era un altro calcio. Per me è difficile rispondere a questa domanda perché lui è stato fondamentale".
Dalla Serie C alla Serie A: quella con il Napoli fu una scalata incredibile dopo momenti dolorosi per i tifosi azzurri. Probabilmente, però, i momenti a cui sono più legati tutti i protagonisti di quella scalata sono i primi passi del Napoli Soccer…
“La cavalcata di quel Napoli fu surreale e difficile da capire al giorno d’oggi. Sono momenti che rimarranno indelebili nella memoria di chi ha partecipato. Non avevamo palloni, campo di allenamento e non sapevamo dove ci allenavamo il giorno dopo. Ci scrivevamo dei messaggi per incontrarci in un punto e poi andare tutti insieme al campo. Al primo allenamento usammo un pallone che aveva Montesanto nel cofano della macchina. È stato qualcosa di inimmaginabile e siamo riusciti riportare il Napoli dove doveva stare con lo sforzo di tutti".
Un altro momento importante della carriera del Pampa è stato Messina: fu uno degli artefici della storica promozione in Serie A…
"Quella fu una stagione molto particolare, perché io avevo iniziato ad Ascoli e poi decisi di accettare Messina. Riuscimmo a riportare la squadra in Serie A dopo tanti anni. Quei sei mesi furono pieni di adrenalina perché trovai una squadra forte e lanciata, con Mutti che riuscì a sfruttarmi nei momenti importanti. È un’esperienza che ricordo con grande piacere".

Arriviamo all’attualità. Il Napoli si appresta a vincere il quarto Scudetto della sua storia, il secondo in tre anni: che stagione è stata per gli azzurri?
"Una stagione emozionate per i risultati. Il percorso è nato da una sfida che vedeva Napoli, Inter e Juventus che dovevano essere protagoniste per il mercato fatto e per le conferme che erano arrivate. La lotta per lo Scudetto ha visto staccarsi la Juve anzitempo, con un breve intermezzo dell’Atalanta, ed è rimasto il duello che tutti abbiamo vissuto. Manca l’ultimo passo, come ha detto Conte".
La mano di Antonio Conte è evidente ma il suo modo di comunicare, soprattutto in questi momenti finali e delicati, fa trasparire una certa insofferenza: lo strappo con DeLa è solo frutto del mercato di gennaio o c’è altro?
"Che io sappia non c’è nessun problema con il presidente, non lo so e non capisco perché si debba dire che ci sono problemi quando non ci sono".

Però non pensa che il suo modo di comunicare è cambiato molto negli ultimi mesi, o sbaglio?
"Secondo me no, lui è sempre stato così. Ha sempre comunicato in questa maniera e ognuno ha la sua interpretazione. Ci sono gusti anche per quanto riguarda la comunicazione ma lui è un vincente e lo sta dimostrando anche con il Napoli".
È solo o Scudetto di Antonio Conte o si tratta dell’ennesima pagina di storia scritta dal Napoli dell’era De Laurentiis?
"Tutti sono protagonisti di questa stagione. L’allenatore e giocatori in campo, i dirigenti fuori. Ognuno fa la sua parte e quando si vince, come fu anche per noi all’epoca della risalita dalla C alla A, è perché tutto funziona bene. Hanno spinto tutti verso lo stesso obiettivo, anche i tifosi, verso lo stesso obiettivo e questo fa la differenza per raggiungere i risultati".