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Moscardelli: “Non sono diventato un milionario. De Rossi mi scrisse per un tatuaggio: sei matto?”

Davide Moscardelli a Fanpage.it racconta il progetto della sua scuola di tecnica individuale ‘Moscagol’ e riannoda i fili della sua carriera tra ricordi, aneddoti e nuovi progetti.
A cura di Vito Lamorte
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È stato uno degli attaccanti italiani più amati degli ultimi non solo per i gol ma per la sua autenticità. Davide Moscardelli ha attraversato ogni categoria, dai campi polverosi dei dilettanti ai riflettori della Serie A, senza mai perdere il sorriso e senza mai cambiare una virgola di se stesso ma, soprattutto, gonfiando sempre la rete avversaria.

Guidonia, Sangiovannese, Triestina, Rimini, Cesena, Piacenza, Chievo, Bologna, Lecce, Arezzo e Pisa: Moscardelli ha girato tutta l'Italia sempre con lo stesso obiettivo, fare gol e divertirsi. Icona di stile e simbolo di passione e autoironia, l'attaccante romano dopo aver appeso gli scarpini al chiodo ha scelto di restare nel mondo del calcio in un modo diverso: prima in uno staff tecnico pro e poi trasmettendo la sua passione ai più giovani. A Fanpage.it Moscardelli racconta il progetto della sua scuola di tecnica individuale ‘Moscagol' e riannoda i fili della sua carriera tra ricordi, aneddoti e nuovi progetti.

Moscardelli non ha mai lasciato il calcio dopo il ritiro: ci racconta cos'è “MoscaGol”? Come nasce l’idea?
"È nata durante l’estate con un camp estivo. Abbiamo voluto fare qualcosa di diverso, portando i ragazzi fuori casa per responsabilizzarli: dormire insieme, rifarsi il letto, rispettare le regole e gli altri. Non è solo calcio: è anche un modo per far capire come si vive da giocatori, lontani dai genitori".

Una bella esperienza di crescita. E sul campo come si poni? Più da allenatore o da amico?
"Mi sento più un consigliere. Ho accanto istruttori qualificati, io porto la mia esperienza. Cerco di dare consigli tecnici e anche umani, soprattutto ai più grandi. Ho fatto tanti campionati, in tutte le categorie: un po’ di strada l’ho vista".

Come mai ha scelto di concentrarti sulla tecnica individuale?
"Perché credo che i talenti ci siano ancora, ma serve spazio per farli emergere. Una volta si giocava in strada, oggi non è più possibile. I ragazzi hanno meno libertà e più distrazioni. Con questa scuola voglio offrire un luogo dove possano migliorare e divertirsi".

Prima di questo progetto Moscardelli è stato nello staff del Pisa e poi alla Totti Soccer School. Cosa l'ha spinta verso il lavoro coi giovani?
"All’inizio volevo restare vicino al campo dopo il ritiro, capire se mi sarebbe piaciuto allenare. Poi ho scoperto che lavorare con i bambini mi fa stare bene: c’è meno pressione e tanta leggerezza. Mi diverte di più".

Moscardelli tenta una rovesciata con la maglia del Pisa.
Moscardelli tenta una rovesciata con la maglia del Pisa.

Nato in Belgio e cresciuto a Roma: il primo ricordo con un pallone tra i piedi?
"Sì, in Belgio sono rimasto meno di un anno. Mio padre era lì per lavoro, poi siamo tornati subito in Italia. Io sono romano al 100%. Primo ricordo con il pallone? A casa, con mio fratello, rompendo qualsiasi cosa! Poi sotto casa, nel cortile, o nel paese in Abruzzo d’estate. Si giocava sempre. A cinque anni già ero in una scuola calcio".

C’è stato un momento in cui ha capito che poteva fare il calciatore professionista?
"Mah, non proprio. A 21 anni giocavo ancora in Eccellenza, pensavo che il treno fosse passato. Poi a 22 anni è arrivata la chiamata dalla Serie C2. Da lì piano piano sono salito: Serie B, e a 30 anni finalmente la Serie A. È stata una scalata lenta ma bellissima".

29 agosto 2010, esordio in A in un Chievo-Catania con gol: mica capita a tutti…
"Un’emozione unica. Da attaccante arrivarci a trent’anni e segnare subito… poteva finire anche lì la mia carriera, sarei stato felice lo stesso".

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C'è mai stata la possibilità concreta di vederla con la maglia di una big?
"Solo voci, quelli sono giochi di mercato che fanno anche le società con i procuratori, ma questo l'ho scoperto dopo. Dopo una grande stagione in Serie B qualche interesse c’era, ma nulla di concreto. Ma va bene così".

In pochi lo ricordano ma Moscardelli era in campo nel celebre Rimini-Juventus del 2006. Che ricordo ha di quella partita?
"Sì, entrai nel secondo tempo. Giocare contro Del Piero e Buffon, appena diventati campioni del mondo, fu incredibile. C’era tanta attenzione su quella partita, e pareggiare fu una grande soddisfazione".

C'è un gol che Moscardelli sente più suo di altri?
"Ne ho fatti diversi belli, ma forse quelli che ho fatto in rovesciata mi rappresentano di più. Anche se ricordo con piacere un gol con l’Arezzo: rubo palla, salto diversi avversari e segno con un difensore che fa di tutto per fermarmi. In quell’azione c’era un po’ tutto".

Il difensore più duro che hai incontrato?
"Chiellini, senza dubbio. Già in Serie B si vedeva che era un altro livello. Sempre addosso, sempre concentrato. Non ti lasciava respirare un attimo, anche quando la palla era lontana".

Moscardelli è stato uno degli ultimi bomber di provincia: esistono ancora?
"Forse sì! Oggi è tutto più veloce, i giovani vengono subito lanciati e cambiano spesso squadra. Prima facevano, e facevamo, più giri prima di stabilizzarci un po'. Spero, però, che ci siano ancora ragazzi pronti a farsi la gavetta, come si faceva una volta".

Si ricorda il suo primo stipendio da calciatore professionista come lo ha speso?
"Sì, ci ho comprato una macchina usata! (ride, ndr) Era già tanto per me. Ce l'ho ancora perché è una macchina un po' particolare e c'è un legame affettivo proprio per come l'ho avuta".

È sempre stato molto autentico, sia in campo che fuori. Quanto è importante per lei?
"Molto. Non ho mai saputo fingere. Forse anche per questo tante persone, anche tifosi di altre squadre, mi hanno sempre scritto con affetto. Mi avessero fatto un contratto da 4 milioni quando avevo 23 anni, non so avrei reagito e se sarei rimasto lo stesso. Lo dico sinceramente. Io non sono diventato milionario, sono rimasto un uomo normale che giocava a pallone".

Moscardelli in azione con la maglia del Bologna.
Moscardelli in azione con la maglia del Bologna.

"Raserei la barba solo se la Roma vincesse la Champions League": la promessa è ancora valida?
"È una cosa vecchia ormai… tutti mi chiedevano se l’avrei tagliata e avevo detto che l’avrei fatto solo se la Roma avesse vinto la Champions. Ci siamo andati pure vicini, in realtà, perché era l'anno della semifinale con il Liverpool…".

Poi c'è la storia del tatuaggio dedicato a De Rossi: ci racconta com'è andata?
"L’ho fatto quando non gli hanno rinnovato il contratto. Per me, da romanista, è stato un colpo. Sul momento mi è venuto spontaneo. Ho aggiunto anche uno per Totti: non potevo escluderlo! Il capitano è sempre il capitano. È meno in vista, ma c ‘è".

De Rossi come l’ha presa?
"Mi ha scritto ‘Sei matto!' (ride, ndr). Poi mi ha promesso una maglia del Boca, ma la sto ancora aspettando…".

Ultima domanda: vedremo i video dei suoi gol a calcio a 8 anche quest'anno?
"Sì, spero di sì. Abbiamo appena iniziato la stagione. Spero di fare ancora qualche gol!".

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