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La vera storia dietro il buco nero nel centrocampo della Juve: Allegri aveva un piano, è fallito

Dietro alle feroci critiche rivolte al gioco espresso dalla Juventus contro la Sampdoria, c’era una scelta precisa da parte del tecnico bianconero. Che non è riuscita.
A cura di Alessio Pediglieri
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La Juventus e Max Allegri sono scivolati vicini all'occhio del ciclone della critica subito dopo il 90′ di Sampdoria-Juventus, seconda gara di campionato in cui i bianconeri non sono riusciti a mettere in atto una precisa scelta tattica studiata dal proprio allenatore e che è risultata inutile e quasi deleteria di fronte alle spietate analisi del post partita. È la oramai nota "Allegriball", sinonimo con cui la critica ha voluto minimizzare il gioco juventino visto a Marassi. Eppure, dietro ad evidenti errori di messa in pratica delle idee di partenza, c'era una scelta ben precisa che avrebbe dovuto scalzare la linea difensiva sampdoriana.

Condizionale d'obbligo perché il risultato finale e i numeri dell'attacco, incentrati sulla più che anonima partita offerta da Vlahovic, hanno condannato i ragionamenti di un Allegri che aveva provato a razionalizzare una gara in modo pragmatico: modellandosi sull'avversario e trovando a fare virtù delle tantissime assenze forzate di una gran numero di titolari. Per sfondare in avanti, di fronte ad una Sampdoria che ha spesso proposto una arcigna linea difensiva a cinque, l'obiettivo era quello di provare a creare superiorità numerica soprattutto sugli esterni, chiedendo un gran lavoro alle mezzali.

La scelta tattica di Allegri di puntare forte sul lavoro delle mezzali
La scelta tattica di Allegri di puntare forte sul lavoro delle mezzali

Qui il primo intoppo: sulla carta l'idea tattica di Allegri poteva anche funzionare, allargando il gioco con costanza, sfruttando tecnica e velocità di un 4-3-3 votato alla corsa e alla profondità con Danilo-McKennie-Cuadrado a destra, Alex Sandro-Rabiot-Kostic sull'altro fronte. Ma l'assenza di un ‘battitore' arretrato che iniziasse l'azione con lanci precisi si è fatta sentire: senza Bonucci sono mancati i passaggi lunghi per gli esterni, con Bremer che non si è mai avventato nella prova e un Rugani che, quando lo ha fatto, è stato spesso impreciso o infelice nelle scelte.

Ciò ha comportato una rete sempre più fitta di passaggi laterali, alla cronica ricerca di un varco da sfruttare in superiorità e qui il secondo intoppo: se è vero che la linea tattica da adottare indicata da Allegri era specificatamente questa, è pur vero che sono mancati i tempi dei corretti inserimenti nel mezzo al momento opportuno, soprattutto da parte di chi (come Locatelli) ha capacità e fosforo per intuirli e creare il giusto presupposto. Tutto ciò ha portato ad un asfittico possesso di palla su passaggi orizzontali, con la difesa doriana che non ha mai realmente sofferto l'iniziativa bianconera.

Fin qui, le "colpe" di chi è sceso in campo e non ha permesso la realizzazione dell'idea iniziale del tecnico. Ma restano le responsabilità anche di Allegri che ha assistito quasi inerme in panchina alla serata no dei propri giocatori. Con il costante vuoto al centro della manovra in fase di possesso e costruzione (con Locatelli basso, nessuno ha mai coperto quella parte di campo) e con poca attenzione ai dettagli ai lati (spesso McKennie e Rabiot che avevano il compito di creare la superiorità si sono fatti trovare al momento giusto in atteggiamenti sbagliati), il tecnico dei bianconeri aveva il dovere di valutare alternative.

Soluzioni tattiche da inserire a match in corso – al di là della povertà della rosa a disposizione causa assenze e infortuni – che sono mancate e hanno di fatto consegnato la Juventus e il tecnico in mano alle critiche. E le dichiarazioni post gara dello stesso Allegri hanno spinto anche gran parte del popolo bianconero a prendere posizione contro l'allenatore già dopo due sole gare di campionato. E con la sfida con la Roma di Mourinho alle porte.

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