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Guerra in Ucraina

Junior Moraes è a casa ma la guerra gli è rimasta dentro: “Mi nascondevo in bagno e pregavo Dio”

Junior Moraes è anche cittadino ucraino, quando nel Paese sono scattati la mobilitazione generale e la chiamata alle armi ha temuto di doversi arruolare nell’esercito per combattere contro i russi. “Quando siamo giunti nei pressi del confine mi sono alzato e ho guardato tutti in faccia. Volevo che quelle espressioni mi restassero dentro la testa”.
A cura di Maurizio De Santis
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Junior Moraes è appena sbarcato in Brasile, in aeroporto lo accoglie l'abbraccio della famiglia (immagine tratta dal video di globo.com).
Junior Moraes è appena sbarcato in Brasile, in aeroporto lo accoglie l'abbraccio della famiglia (immagine tratta dal video di globo.com).
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Le porte scorrevoli dello scalo si spalancano. Junior Moraes accelera il passo e inizia a correre. Da lontano ha visto la moglie e i figli che lo attendono in aeroporto a Guarulhos (nello Stato di San Paolo). Ha le lacrime agli occhi, li raggiunge e li abbraccia. Stringe tutti a sé, mormora qualcosa con la voce rotta dalla commozione. Ha temuto di non rivederli più. "Non auguro a nessuno quello che ho vissuto. Sono felice di stare di nuovo con i miei cari. È l'unica cosa alla quale ho sempre pensato". Prende fiato, asciuga il pianto. Lo trattiene perché dinanzi ai piccoli deve sembrare forte, come non gli è riuscito di esserlo quando era ancora a Kiev, rinchiuso nell'hotel assieme agli altri calciatori brasiliani dello Shakhtar sorpresi dallo scoppio della guerra in Ucraina. Sono riusciti a evacuare dall'albergo e, con un viaggio di fortuna, ad allontanarsi dall'orrore del conflitto.

L'attaccante brasiliano dello Shakhtar saluta il figlioletto al momento del suo arrivo in aeroporto.
L'attaccante brasiliano dello Shakhtar saluta il figlioletto al momento del suo arrivo in aeroporto.

L'invasione del Paese da parte dei russi aveva spinto le autorità a instaurare la legge marziale e a dichiarare lo stato di mobilitazione generale. In quel momento Junior Moraes ha sentito il cuore esplodere per la paura, per lui l'escalation bellica aveva un significato e un rischio particolare: il timore che avrebbe dovuto arruolarsi e rispondere "presente" alla chiamata alle armi per ingrossare le fila della resistenza nella capitale, Kiev. Ha la doppia cittadinanza, è anche ucraino ecco perché dentro di sé era tormentato. "Non avrei saputo nemmeno come combattere, non sono nato per entrare in una zona di scontro di guerra – ha aggiunto commosso dinanzi alle telecamere  -. La verità è che non ero sicuro se me ne sarei andato oppure no".

Junior Moraes prende in braccia la figlia, accanto a lui ci sono la moglie l'altro figlio.
Junior Moraes prende in braccia la figlia, accanto a lui ci sono la moglie l'altro figlio.

Ce l'ha fatta, è a casa. Ci è riuscito grazie anche all'aiuto molto prezioso del presidente della Uefa, Ceferin, come raccontato anche dal dirigente Srna e dallo stesso calciatore che lo ha ringraziato di persona. "Si è impegnato personalmente in tutto, ci ha aiutato moltissimo. Venerdì e sabato ha continuato a scrivermi, ha fatto di tutto per darci una mano". Ma il pensiero di Moraes va a chi è rimasto lì, in quell'inferno. Gli chiedono di raccontarlo e ha un momento di debolezza: porta il viso tra le mani e massaggia per qualche attimo le tempie. Resta in silenzio, anche quello è troppo duro da spiegare. È come se rivedesse (e rivivesse) in un istante ogni momento della sua esperienza. "C'erano tanti bambini tutti molto spaventati. Per far sapere alla mia famiglia che stavo bene, mi giravo verso un muro, scattavo una foto, sorridevo e dicevo: va tutto bene".

Ma non era così. Poteva mentire accennando un sorriso in uno scatto ma non poteva silenziare il caos che gli martellava la testa e l'anima. Nemmeno riuscirà a dimenticarlo, gli resterà sempre quel brusio di sottofondo che gli ricorderà quanto è stato fortunato e, al tempo stesso, l'orrore dal quale è fuggito. "Non mi sentivo forte. A volte, quando ero nervoso, mi nascondevo in bagno o mi chiudevo in camera, pregavo, chiedevo forza a Dio, perché non potevo farlo davanti a nessuno".

La commozione di Junior Moraes dinanzi alle telecamere e ai giornalisti che gli chiedono dell'orrore della guerra in Ucraina.
La commozione di Junior Moraes dinanzi alle telecamere e ai giornalisti che gli chiedono dell'orrore della guerra in Ucraina.

Il viaggio è durato quattro giorni. Quattro lunghi, interminabili giorni trascorsi a scappare in bus da quelle zone per raggiungere il confine e poi prendere il volo per il Brasile. "Sono stati quattro giorni molto tesi – ha concluso Moraes -. Quando siamo giunti nei pressi del confine mi sono alzato e ho guardato tutti in faccia. Volevo che quelle espressioni mi restassero dentro la testa. Ansia, tensione, negli occhi di tutti c'era solo speranza".

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