Il capitano della Russia ha un sussulto e dice no alla convocazione: “Ha parenti in Ucraina”

Da simbolo dell'appoggio dato dagli atleti russi alla politica del proprio Paese che ha portato all'invasione ed alla devastazione dell'Ucraina, a possibile protagonista di un sussulto della coscienza di fronte alle tante vite umane che la guerra sta annientando. Solo Artem Dzyuba sa cosa sta provando in queste ore e cosa lo ha portato a dire no alla convocazione da parte della Nazionale russa di calcio di cui è capitano. In seguito all'attacco sferrato da Putin, la formazione allenata da Valeri Karpin è stata estromessa dai playoff mondiali che l'avrebbero dovuta vedere in campo il 24 marzo a Mosca contro la Polonia – che quindi è stata ammessa d'ufficio alla finale del suo tabellone contro la vincente tra Svezia e Repubblica Ceca – ma sfrutterà comunque l'imminente sosta per le Nazionali per radunarsi per uno stage.
Stage in programma a Mosca nel prossimo fine settimana cui non prenderà parte il 33enne attaccante dello Zenit San Pietroburgo, come comunicato dallo stesso CT russo tramite il sito della Federcalcio: "Domenica abbiamo parlato con Artem al telefono e ci ha assicurato che vuole davvero giocare per la Nazionale. Ma adesso – a causa della difficile situazione in Ucraina, dove ha molti parenti – si è scusato e ha chiesto per motivi familiari di non convocarlo per questo raduno. Abbiamo concordato che rimarremo in contatto con lui e seguiremo le sue partite con lo Zenit".

Quando la Russia ha ospitato i Mondiali nel 2018, Dzyuba si è imposto come leader nel corso della cavalcata della squadra fino ai quarti di finale, mettendo a segno 3 reti e 2 assist in 5 partite, e da allora ha capitanato la Nazionale e eguagliato Aleksandr Kerzhakov come massimo bomber di sempre della sua rappresentativa a quota 30 gol, traguardo raggiunto con la rete messa segno contro la Danimarca negli Europei dello scorso anno. È stata quella peraltro l'ultima partita giocata dal possente attaccante nato a Mosca: da quel 21 giugno, infatti, non è più stato convocato dal nuovo CT Karpin, non giocando le 7 gare valide per le qualificazioni mondiali disputate da allora.
Il suo rientro sembrava possibile a questo giro come spiegato ora da Karpin: "Ci siamo incontrati con Artem in Spagna al termine del ritiro precampionato dello Zenit, ma ovviamente non c'è stata nessuna promessa di una convocazione obbligatoria". E tuttavia la chiamata sembrava certa, per il gran ritorno del bomber in Nazionale per l'appuntamento vitale da cui sarebbe dipesa la qualificazione della Russia ai Mondiali. Invece poi è arrivata l'estromissione da parte della FIFA ed ora anche la rinuncia di Dzyuba allo stage. E chissà che sulla sua decisione non abbiano pesato anche le accuse durissime rivoltegli da un paio di giocatori ucraini che giocano in Premier League, Mykolenko e Yarmolenko, che gli avevano contestato il silenzio complice di fronte allo strazio del loro Paese.
"Mentre tu, bastardo Dzyuba, taci assieme ai tuoi fottuti compagni di squadra, i civili vengono uccisi in Ucraina. Tu e i tuoi figli sarete costretti a restare nascosti in un buco per il resto della vostra vita. E sono davvero felice che nessuno ve lo perdonerà mai, bastardi", aveva scritto su Instagram Mykolenko, mentre Yarmolenko aveva invitato qualcuno a "mostrare le palle nella vita reale dopo averlo fatto davanti ad una telecamera", riferendosi ad un video a luci rosse che vide come protagonista proprio Dzyuba, episodio per il quale fu anche sospeso per un periodo dalla sua Nazionale a fine 2020. Accuse cui il gigante di quasi due metri aveva risposto con un lungo post in cui si diceva "contrario ad ogni guerra", ma anche "orgoglioso di essere russo", senza voler e poter condannare la brutale aggressione di Putin. Adesso la rinuncia a vestire la maglia della Nazionale e la rivelazione di aver molti parenti in Ucraina: il tormento di Dzyuba è lo stesso di tantissimi russi cui la guerra sta strappando l'anima.
Poche ore dopo la larga diffusione della notizia della rinuncia di Dzyuba alla convocazione della sua Nazionale, il calciatore peraltro ha diffuso una dichiarazione in cui prova a smorzare l'interpretazione politica del suo passo indietro: "Non vado in Nazionale non per questioni politiche, ma per circostanze familiari. Non voglio entrare nei dettagli, ma in questo periodo vorrei trascorrere del tempo con la mia famiglia. Valeri Karpin mi ha frainteso o le sue parole sono state interpretate male".