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Guardiola, Mazzone e l’impatto da incubo con la Serie A: “Pep che ci fai qua, non ti volevo”

Pep Guardiola è tornato a parlare della sua esperienza da calciatore in Serie A. Il manager catalano, campione d’Inghilterra con il Manchester City, ha raccontato il suo impatto con il Brescia e in particolare con Carlo Mazzone. Un tecnico che per lui è stato come un padre, ma che ha sempre fatto della schiettezza uno dei suoi punti di forza.
A cura di Marco Beltrami
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Pep Guardiola ha regalato numerosi spunti in occasione della sua diretta Twitch a Bobo TV. In occasione del suo intervento live con Bobo Vieri, Antonio Cassano, Nicola Ventola e Lele Adani, il tecnico campione d'Inghilterra con il Manchester City non ha potuto non parlare del suo passato italiano. L'ex centrocampista infatti è tornato sulla sua esperienza al Brescia, con quel Carlo Mazzone che ancora una volta ha definito come un "padre". Eppure le cose con l'esperto mister non iniziarono nel migliore dei modi, proprio per la sua proverbiale schiettezza.

Come è stato l'impatto di Pep Guardiola con la Serie A? Il mister catalano ha ricordato quanto accadde nel 2001 quando approdò al Brescia di Carlo Mazzone. L'impatto non fu dei migliori per l'ex perno del Barcellona: "Ricordo Mazzone il primo giorno che sono arrivato a Brescia… è stato un papà per me. Vi racconto un episodio del primo giorno. Vengo dal Barcellona, io capitano, da una squadra di stelle, arrivo a Brescia e lui prima della cena mi dice  ‘Pep io non ti volevo, non so che fai qua'. Io dico ‘Ma io vengo dal Barcellona e ora che succede qua'. E lui mi dice ‘Perché io ho acquistato Giunti e ho dato fiducia a Giunti, ma ora siete in due nello stesso ruolo. Però ti dico una cosa che tu sei molto forte, ti vorrò bene e ti farò giocare'".

Nonostante tutto Pep ha stabilito un feeling fortissimo con l'ex mister, che ricorda ancora come un padre. Certo anche dal punto di vista tecnico, le cose inizialmente non andarono benissimo per lui che ci mise un po' ad integrarsi: "Poi ho avuto la vicenda del doping e mi ha trattato come un figlio. Ma negli allenamenti diceva ‘ragazzi uno, tre Luca Toni, due Filippini, e inserimento Roberto Baggio'. E io dicevo ‘Ma cosa sono uno-tre, due-tre… erano le zone”. Poi ho capito tutt0, eravamo una squadra molto bella: ma non abbiamo potuto fare tanto".

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