Giulia Ferrandi, calciatrice e mamma: “Faccio i conti con il corpo che cambia e le notti insonni”

Giulia Ferrandi è una calciatrice, ha iniziato quando aveva quindici anni ed ha attraversato tutti i mutamenti e la grande crescita del calcio femminile in Italia. Ferrandi ha giocato con squadre importanti e ha conosciuto anche il calcio inglese, disputando un'annata in Inghilterra. Ora sta vivendo un momento fantastico. Dopo aver interrotto per una stagione la carriera per la maternità, è tornata a giocare, con il Siena, ed ha pure fatto gol. La sua esperienza e le sue emozioni le ha raccontate in una lunghissima intervista a Fanpage.
Sei tornata alla ribalta perché hai fatto qualcosa di rarissimo. Sei diventata mamma nel mese di marzo, sei tornata a giocare e hai pure segnato un gol con il Siena.
Sì, è vero. Sono scesa in campo, abbiamo vinto, siamo prime in classifica in solitario e ho anche segnato. È stato emozionante. In generale è qualcosa di indescrivibile. Non me l’aspettavo, per me è tutto nuovo, è tutto uno scoprire. Ho dovuto cambiare tutta la mia vita. Con la nascita di Leonardo è tutto cambiato, averlo è bellissimo, è imparagonabile. Perché quando ti svegli lo trovi li acconto a te è qualcosa di meraviglioso. Il gol l'ho dedicato al mio piccolino e mi sono emozionata molto.
La scorsa estate venne alla luce una brutta questione. Un'atleta, una pallavolista, denunciò pubblicamente di essere stata liquidata quando era rimasta in dolce attesa. Sei a conoscenza di casi simili anche nel mondo del calcio?
Io quando l’ho scoperto stavo per firmare il contratto con una squadra di Serie B, mi tirai indietro per correttezza. Mentre a Siena sapevano bene che rientravo dalla gravidanza, sapevano che andavo incontro a dei piccoli infortuni, ma hanno detto sì senza problemi. Sono molto comprensivi, molto tranquilli, a partire dalla nostra coach Elena Proserpio Marchetti, che mi fa fa stare tranquilla, così come le mie compagne. Sono stata venti giorni lontana, perché non riuscivo nemmeno a mettermi in macchina e le ho sempre sentite molto vicine. Capiscono la situazione. Siamo un bel gruppo, ci sono tante ragazze piccole, alcune devono compiere ancora 18 anni, qualcuna è un po’ più esperta, in generale è un gruppo molto giovane. Non mi aspettavo un gruppo così bello, perché negli ultimi anni spesso ho trovato ragazzine non dico svogliate, ma che non avevano voglia di migliorare e di dimostrare. Qui ascoltano, sono propositive e vogliono fare qualcosa di importante.
Come mai dici che le nuove leve hanno meno voglia di fare rispetto a quelle della tua generazione?
Oggi si ha tutto subito. Sono tempi diversi. C’è poca voglia di mettersi in gioco. C’è poca voglia di migliorare. Alcune ragazze arrivano da settori giovanili importanti. Quando ho iniziato io non era così, non c’erano club professionistici, pensa che ho giocato con i maschi fino ai 14 anni. Ora c’è la Roma che è una società modello. Lì hanno supporto psicologico, preparatori atletici, staff di un certo livello. Io sono stata cresciuta dai miei compagni di scuola, con gente che ti allenava dopo aver lavorato. Mentre in queste società, così come la Roma o la Juventus, si fa solo questo come lavoro. Se una ragazza che gioca con i maschi, così tanto per passione, in cinque anni fa una ottima crescita. Mentre chi lavora in una società come Roma o Juventus ha una crescita più rapida.
Tu hai iniziato a giocare da giovanissima e hai vissuto un'altra epoca del calcio femminile.
Già, ora è diverso. Quando io ho fatto l’esordio in Serie A, avevo 15 anni prendevo 250 euro al mese, e aspettavo mesi per averli, tante volte non ti pagavano, non avevamo tutele. Giocavamo per pura passione. Gioco ancora per passione, ma questa è diventata anche la mia professione. Da un lato sono stata fortunata, da un lato sono stata testona. Quando una cosa la faccio voglio farla al meglio. Comunque non è stato facile, perché ho dovuto fare tanti sacrifici, li ha fatti la mia famiglia. Non è stato facile conciliare tutto. Quando giocavo a Brescia e avevo 18 anni lavoravo in un ristorante – albergo tutta la giornata e alla sera andavo a fare l’allenamento. Questo fa capire quanto è cambiato il calcio femminile in quindici anni. Anche se tante società non hanno tanta gente all’altezza. Ma non si può avere tutto subito.
Hai avuto modo di vivere anche l'esperienza del calcio inglese. Ci racconti le differenze con il calcio femminile italiano?
Li sono avanti dieci anni rispetto a noi. Io sono andata in Inghilterra perché volevo imparare l’inglese, giocavo e lavoravo. Ho imparato l’inglese, ok. Ma era super seguito. Ti racconto un episodio. Io sono passata a metà anno dal West Ham al Watford e ho giocato la mia prima partita allo stadio, cosa che qui è da pochi anni che si fa, diciamo dal 2017 in poi succede. In Inghilterra è così da anni. C’è una programmazione diversa, a lungo termine, investimenti importanti, le tv danno spazio al calcio femminile. Non vanno certo di pari passo. Ma una ragazza che gioca in una squadra importante, come il Chelsea, viene riconosciuta per strada.
Venendo all'oggi, tu sei tornata in campo e lo hai fatto da madre, cosa hai provato e perché lo hai voluto fare?
Faccio tutto con uno spirito diverso, spero che un giorno il mio Leonardo capirà: mia mamma quando ero piccolino giocasse nonostante le notti insonni e i tanti problemi fisici. Il corpo cambia e sono costretta a fare i conti anche con quello, serve pazienza. Era un mio obiettivo nella vita essere mamma e avere il mio piccolino allo stadio con me. All’ultima non c’era, ma alla prossima spero che sarà con me sugli spalti.
E c'è anche l'obiettivo di vincere il campionato con il Siena?
Siena è un progetto nuovo, una squadra nuova, è nata quest’anno. Per me è una soluzione perfetta, perché volevo continuare a giocare, il calcio mi mancava, ho apprezzato tanto questa nuova avventura. L’obiettivo della società è arrivare in Serie A, ma intanto abbiamo l’obiettivo di vincere il campionato, cosa che sta nelle nostre corde, io prendo le cose giorno per giorno. Dobbiamo continuare a fare le cose come le stiamo facendo. Le ragazze sono sul pezzo, lo staff è qualificato e la società ci mette tutto a disposizione per fare bene.