video suggerito
video suggerito

Giorgio Corona: “Facevo il cameriere e dopo aver perso 11-1 mi presero per un provino. Lì ho capito”

Giorgio Corona racconta a Fanpage.it la sua carriera con la stessa umiltà e passione che lo hanno reso un’icona: ‘Re Giorgio’ tra gol, sacrifici e amore per il calcio.
A cura di Vito Lamorte
1 CONDIVISIONI
Immagine

C’è chi nasce attaccante e chi, come Giorgio Corona, nasce re. In campo lo chiamavano ‘Re Giorgio', non solo per i gol ma per la classe con cui li segnava. Elegante, istintivo e sempre al posto giusto. Dalla Sicilia alla Calabria, da Catania a Messina, fino a Catanzaro, Corona ha attraversato il calcio con la naturalezza di chi vive il pallone come una missione, non come un mestiere. Piede educato, carisma da leader silenzioso e fame eterna per il gol, ha incarnato lo spirito del bomber di provincia: concreto, rispettato, amato.

A distanza di qualche anno dal suo ritiro, a Fanpage.it Giorgio Corona ripercorre la sua storia con la stessa umiltà e passione che lo hanno reso un’icona per chi crede ancora nel calcio fatto di cuore e sudore, raccontando anche la nuova esperienza con  la sua l’Academy a Palermo.

Cosa fa oggi Giorgio Corona?
"Sono a Palermo. Da quando ho smesso di giocare, mi sono dedicato ai ragazzi. All’inizio lavoravo in una scuola calcio per un’altra società, poi, con alcune persone fantastiche, abbiamo deciso di fondare la nostra Academy Corona. L’obiettivo è creare un percorso serio per i giovani, dai primi calci fino agli allievi, dai 4 ai 16 anni".

Che cos’è l’Academy Corona?
"L'obiettivo è quello di far crescere i ragazzi nel modo più genuino possibile. Siamo nei campi di Schillaci, in affitto. A Palermo purtroppo c’è carenza di strutture, ma conosco bene la famiglia Schillaci da anni, sono persone eccezionali. Totò ha costruito tutto con le sue mani, è stato un grande e la sua perdita è stata un dolore enorme".

Giorgio Corona festeggia un gol con la maglia del Catania.
Giorgio Corona festeggia un gol con la maglia del Catania.

Giorgio, è cresciuto nel quartiere Zisa di Palermo: quanto l’ha segnata quel contesto umano e calcistico nei suoi primi passi nel mondo del calcio?
"Tantissimo. Alla Zisa e al Capo si respirava calcio vero. Io ho iniziato a otto anni nella Alberto Amedeo, una piccola società del quartiere. Mio zio era allenatore, quindi il pallone ce l’avevo nel sangue. All’epoca si giocava per puro divertimento, non per diventare qualcuno".

Ha cominciato in Terza Categoria con il Borgo Nuovo e da lì è arrivato fino alla Serie A. Quando hai capito che il calcio poteva diventare la sua vita?
"Sì, quando giocavo a Cinisi. Facevo il cameriere e giocavo. Ho segnato 34 gol in 31 partite. Poi facemmo un’amichevole col Palermo, persa 11-1, ma segnai io. Mi chiamarono per un provino, e lì ho capito che dovevo provarci fino in fondo".

Nell’esperienza a Milazzo ha trovato Pasquale Marino, un allenatore importante per tanti calciatori del Sud: che rapporto aveva con lui e quanto l’ha aiutato a crescere?
"Sì, un allenatore che mi ha aiutato tanto. Arrivai a Milazzo grazie a Nino Barraco, che mi segnalò a Marino dopo che venni messo da parte dal Palermo. In quell’anno feci 19 gol, e da lì in poi ho iniziato a credere davvero nelle mie possibilità".

Ha esordito in Serie A a 32 anni e segnato subito con la maglia del Catania: che emozione è stata arrivare nel grande calcio così tardi ma da protagonista?
"Incredibile. Io ho fatto tutta la gavetta: campi in terra battuta, Terza categoria, Promozione… arrivare in Serie A e segnare è stata la chiusura di un cerchio. Non avevo più vent’anni, ma ho dimostrato che con sacrificio si può arrivare ovunque".

Giorgio Corona durante un’azione con la maglia del Messina.
Giorgio Corona durante un’azione con la maglia del Messina.

Giorgio Corona è un palermitano che ha vestito la maglia di Catania e Messina: le dispiace non aver mai giocato con il Palermo?
"Sì, quello è un rammarico. Sono palermitano e ho giocato ovunque in Sicilia tranne che nel Palermo. Oggi quando vado al Barbera sento i brividi. È una piazza straordinaria, calda, che merita la Serie A".

Anche a Catanzaro il nome di Corona non è passato inosservato…
"È la mia seconda città dove e ho bellissimi ricordi, come il campionato di C1 nel 2003-2004. Devo dire che hp sempre avuto un bel legame con le piazze in cui ho giocato, dalla Juve Stabia al Taranto fino al Mantova e non mi sono mai sottratto alle responsabilità. Ho rispettato la maglia e i tifosi, dando sempre il massimo, anche di fronte alle critiche: oggi, in qualche caso, si dice che criticare può essere controproducente, ma se uno fa male è giusto che qualche critica se la becca. A me, ad esempio, è capitato e mi ha spinto a fare meglio".

L’hanno soprannominato “Re Giorgio”: le piaceva quel nomignolo? Si sentiva un leader in campo o preferiva far parlare i fatti e i gol?
"Sì, ormai ci sono affezionato. Giocavano col mio cognome, Corona, e alla fine è rimasto. Oggi lo porto con orgoglio: rappresenta un percorso, una storia, una passione che non finirà mai".

Corona palla al piede, e la fascia di capitano al braccio, durante la sua esperienza a Catanzaro.
Corona palla al piede, e la fascia di capitano al braccio, durante la sua esperienza a Catanzaro.

Giorgio Corona può essere considerato un bomber di provincia: esistono ancora?
"È difficile. Oggi gli attaccanti veri non ci sono più. Ci sono tanti esterni e seconde punte, a cui vengono richieste cose diverse".

Gli ingaggi dei suoi anni non erano come quelli di oggi ma si ricorda cosa ha fatto con il primo stipendio da calciatore?
"Certo. A Messina prendevo due milioni e sei. Non sono mai stato uno che ha speso per sé, ho sempre cercato di aiutare la mia famiglia. È nel mio carattere. Forse è un difetto, ma rifarei tutto".

Guardando indietro, Giorgio Corona ha qualche rimpianto?
"Nessuno. Ho fatto tutte le categorie, ho conosciuto persone e piazze meravigliose. In un’intervista a Messina dissi che il mio sogno era giocare in Eccellenza, perché era l’unica categoria che non avevo giocato. L’ho fatto con l’Atletico Catania. Posso dire di aver giocato davvero in tutte le categorie. Il calcio mi ha dato da vivere e mi ha insegnato il rispetto. Oggi cerco di trasmettere tutto questo ai ragazzi della mia Academy".

1 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views