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Emre Can racconta il rapporto con Sarri alla Juve: “Non mi hai mai dato una possibilità”

Emre Can, ex centrocampista della Juventus oggi al Borussia Dortmund, ha riavvolto il nastro della sua esperienza in bianconero e ha parlato del rapporto controverso con Maurizio Sarri: “Ho vissuto momenti molto difficili negli ultimi mesi, il nuovo allenatore non mi ha mai dato una buona opportunità”.
A cura di Redazione Sport
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C'è un momento preciso in cui è finita la storia di Emre Can alla Juventus. Una telefonata con Maurizio Sarri, negli ultimi giorni di agosto dello scorso anno. Breve ma intensa: non sarai nella lista UEFA per la Champions League, la sintesi di quella comunicazione. Una bocciatura tecnica in piena regola. È stato l'inizio della fine per l'esperienza del calciatore tedesco nella Juventus. Da lì in poi, appena otto presenze in campionato, scampoli di campionato o poco più, fino alla cessione al Borussia Dortmund durante il calciomercato di gennaio.

Un'esperienza che Emre Can ha raccontato alla Bild, esternando il suo malessere per la sua gestione dall'arrivo di Maurizio Sarri sulla panchina bianconera.

"Ho vissuto momenti molto difficili negli ultimi mesi. La scorsa stagione avevo un ruolo importante nella squadra, abbiamo vinto meritatamente il campionato e ho anche giocato molto bene in Champions League. Il nuovo allenatore non mi ha mai dato una buona opportunità. A Torino comunque sono stato bene e ne sono grato alla Juve. Ora però è un capitolo finito definitivamente".

Emre Can aveva avuto molto più spazio con Massimiliano Allegri, nella sua prima stagione alla Juventus. Si è ritrovato fuori dal giro dei titolari, dopo una buona stagione, ed è stato strano anche solo farsene una ragione. In occasione delle partite di Champions League, il centrocampista tedesco ha così trovato un diversivo molto speciale per non pensare all'esclusione.

"Mi sono creato un diversivo. Ho programmato di visitare strutture sociali nei giorni delle partite, ho fatto visita a bambini in difficoltà. Non è stato facile andarci. Non sapevo se potevo ridere o se dovevo essere triste. Ma i bambini erano molto felici di vedermi, questo mi ha aiutato a vedere le mie preoccupazioni calcistiche in prospettiva".

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