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De Laurentiis e le maglie del Napoli: “Mi presero in giro. Chiamai Giorgio Armani: non poteva dire no”

Le nuove maglie del Napoli hanno riscosso grande successo fra i tifosi e De Laurentiis spiega com’è nata l’idea di autoprodurle: “Non ero d’accordo ad arricchire Nike, Puma e Adidas”
A cura di Ada Cotugno
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Il Napoli ha lanciato le maglie home e away per la nuova stagione: tricolore sul petto, richiami alla città e uno stile completamente nuovo rispetto al passato che ha conquistato i tifosi tanto da far registrare un sold-out già il primo giorno. Le divise di gioco autoprodotte sotto il marchio di Giorgio Armani hanno cambiato il volto degli azzurri facendogli assumere una dimensione internazionale e Aurelio De Laurentiis ha spiegato cosa c'è dietro questo cambio di rotta.

Intervenuto come ospite al Giffoni Film Festival il patron dei partenopei ha raccontato come è passato dalle maglie della Kappa, alcune molto discusse per lo stile poco appetibile, a quelle che invece produce la sua stessa società sotto la guida della figlia Valentina. Le divise nuove hanno catturato l'attenzione di tanti e le vendite sono schizzate alle stelle come mai prima d'ora, non soltanto per la crescita della squadra ma anche per un cambio di passo dato proprio dalla collaborazione con Emporio Armani.

De Laurentiis spiega perché produce da solo le maglie del Napoli

Dal 2015 al 2021 gli azzurri hanno indossato le divise marchiate Kappa, una collaborazione duratura che però non aveva mai scaldato il cuore dei tifosi. Il punto di rottura è stato il periodo del Covid, come racconta il presidente del Napoli: "Non ero d'accordo ad arricchire Nike, Puma e Adidas. Un giorno quando venne da me il torinese Boglione che mi faceva le maglie. ‘Aurelio c'è il Covid, come faccio a darti questi 7 milioni?', gli ho detto che noi continuavamo a giocare, le maglie si vedono. Gli ho detto ‘Facciamo una cosa, non mi dare nulla, io mi prendo il 90% e tu il 10%'". L'accordo è andato a buon fine, ma poi De Laurentiis si è sentito preso in giro: "Alla fine dell'anno parte la seconda stagione di questo tipo di accordo a febbraio vedo che avevano venduto in America 5 maglie. Ho detto ‘Questi o non sono capaci o mi stanno prendendo in giro. Mi portate il contratto per favore?'. Vedo che all'ultima pagina proprio entro il mese di febbraio potevo dare la disdetta".

La chiamata a Giorgio Armani

A quel punto serviva un cambio di passo decisivo e qui è nata l'idea di non affidarsi a un brand sportivo come fanno tutte le squadre al mondo, ma di prodursi da solo le magliette affiancato da un grande nome: "Chiamo il mio amico Giorgio Armani e gli dico che ho bisogno di fare le maglie per conto mio, ma ho bisogno di abbinare un marchio di credibilità. Mi ha detto ‘Lo faccio solo con la Nazionale, ma a te non posso dire di no, siamo amici'. Così è nata l'idea. Ho chiamato mia figlia che faceva la psicologa e le ho chiesto di occuparsene. Oggi come oggi nella nostra azienda è come se ci fosse un'altra azienda, quella che produce tanta roba. Abbiamo aperto tanti negozi, ieri sul web abbiamo incassato mezzo milione, abbiamo trasformato e cambiato tutto".

Il progetto di De Laurentiis non nasce all'improvviso, ma sfrutta un'idea che ha coltivato da sempre: "Da quando eravamo in Serie C non ho mai abbandonato l'idea che viene dal cinema di avere i diritti d'immagine e chi non me li voleva dare passi lunghi e ben distesi. Quindi perché non li devo sfruttare per promuovere il mio prodotto? Perché devo farmi distribuire da uno che mi usa per poi andare da altre 20 squadre alle quali darà un tozzo di pane e sulle quali lucra? Negherà, dirà che non è vero, ma io ho avuto questa impressione. Poi tra quello che faceva lui e quello che stiamo facendo noi c'è una differenza da 1 a 10″.

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