Adrian Ricchiuti: “Feci il primo gol alla Juve in Serie B. Loro li avevamo visti soltanto in TV”

Boumsong fa un tocco e manda fuori tempo Kovac, sulla palla arriva Ricchiuti che la tocca due volte col destro e con lo stesso incrocia battendo Buffon. Il Rimini pareggia con la Juventus e lo stadio Romeo Neri esplode come mai era accaduto prima. Quel momento è la sliding doors della carriera del Chico, che in quel momento diventa uno dei calciatori più nominati in Italia e col passare del tempo si farò conoscere per le sue qualità calcistiche.
Adrian arrivò in Italia a 12 anni dopo che la sua famiglia decise di lasciare l'Argentina per la crisi economica e dopo aver fatto le giovanili nella Ternana iniziò un viaggio che lo portò a vestire le maglie di Geno, Carpi, Pistoiese, Livorno e Arezzo fino all'approdo al Rimini. Sulla riviera romagnola il Chico ha trovato la sua dimensione ed è lì che vive tutt'ora, facendo l'allenatore del Faetano nel campionato di San Marino e portando avanti una scuola calcio.
L'argentino ha vissuto anni bellissimi a Catania, dove ha conosciuto la Serie A e si fece apprezzare in una posizione più arretrata rispetto a quella di trequartista a cui era abituato ma con ottimi risultati. A Fanpage.it Adrian Ricchiuti ha raccontato quel gol alla Juventus nel 2006 e il suo legame con Rimini, passando per l'esperienza di Catania e quella nel Campionato Sammarinese, tra campo e panchina.

Cosa fa oggi Adrian Ricchiuti?
“Faccio l’allenatore, o almeno ci provo. È una bella esperienza ma c’è differenza tra allenare i professionisti e i semiprofessionisti perché i ragazzi lavorano, vengono al campo dopo tante ore di lavoro quindi devi fare lo psicologo e il tecnico. Devi saper ascoltare e capire le cose, a volte non puoi chiedere neanche troppo perché il lavoro viene prima di tutto”.
Oltre al Faetano Ricchiiuti ha una scuola calcio: che cos’è la Ricchiuti Scotti Football Club?
“È la scuola calcio che abbiamo fatto con il mio socio a Rimini e quella è una cosa che è partita da settembre. Abbiamo quattro categorie più i piccolissimi. È una società nuova ma ci stiamo togliendo qualche soddisfazione“.
È stato spettatore della vittoria della Coppa Italia di C del Rimini: che serata è stata?
“È stata una bella serata perché dopo vent’anni sono emozioni forti. È bello vincere ed è un traguardo storico per una società che negli ultimi anni non ha vissuto situazioni felici. Sono storie da tenere strette e godersele quando accadono”.
Ci racconta il suo legame con il Rimini?
“È la città dove sono stato di più e ora mi sono fermato a vivere. Ero sempre in giro e quando nessuno vuole puntare su di te è difficile. A Rimini ho trovato il presidente Bellavista che ha avuto fiducia in me e io devo tutto al club perché mi ha fatto conoscere nel calcio italiano. Lui era molto ambizioso e facemmo un grande campionato finendo quinti in B l’anno che c’erano Juventus, Genoa e Napoli giocando anche bene“.

Inevitabile non ripensare a quel gol alla Juventus nel 2006: cosa pensa ogni volta che lo rivede?
"È stata una soddisfazione enorme per me ma credo per tutti. È una piccola storia che rimarrà per sempre, visto che era la prima partita della Juve in Serie B e sono riuscito a fare gol. Ma chiunque l’avrebbe fatto era lo stesso. C’era grande attesa già durante la settimana, con televisioni da tutto il mondo perché arrivavano dei campioni del mondo e tanti di noi non li avevamo mai visti. Solo in tv. Fu un’emozione incredibile".
Un’altra tappa importantissima per Ricchiuti è stata Catania…
"Sono stati quattro anni fantastici. A Catania sono arrivato da semisconosciuto e sono riuscito a ritagliarmi il mio spazio nella massima serie. È stato un percorso faticoso all’inizio ma pian piano sono riuscito a farmi notare. Solo l’ultimo anno è stato un po’ diverso ma fu una scelta mia di non andare via e lo sapevo che sarebbe andata così, ma i primi tre anni furono favolosi".
Non ha mai segnato moltissimo in Serie A ma ha giocato con grande costanza: mai sotto le 20 presenze tranne l’ultimo anno…
"Appena sono arrivato a Catania non giocavo perché l’allenatore che c’era non mi considerava finché non è arrivato Mihajlovic. Però mi sono sempre allenato con costanza e questa è stata la mia fortuna, perché poi quando sono entrato con Simeone, Giampaolo e Montella non mi hanno fatto più uscire. L’ultimo anno avevo 35 anni e nessuno mi avrebbe più dato spazio in Serie A, così decisi di restare pur sapendo di non essere più dentro il progetto. La Serie A è la Serie A".
Che aria si respirava in uno spogliatoio che poneva Catania in provincia di Buenos Aires?
"(Ride) Il primo anno non è stato facile perché la squadra era ultima con qualche momento di tensione ma piano piano le cose sono andate meglio e l’ambiente è migliorato".
Ricchiuti si è trovato davanti un Simeone agli albori da tecnico prima di diventare il simbolo dell’Atletico Madrid. Che tipo era il Cholo?
"Per lui era la prima esperienza all’estero. Come allenatore nessuno di noi avrebbe pensato che arrivasse così in alto ma l’ha dimostrato con la sua intelligenza, la sua forza e la sua tenacia. Con il passare del tempo è migliorato in tuto e gli auguro tutto il meglio, oltre a quello che ha già fatto in maniera incredibile".
Lei ha giocato e allena nel campionato di San Marino: ci racconta che torneo è?
"È un campionato che ha 4-5 squadre che investono bene per arrivare ai preliminari di Champions ed Europa League mentre le altre hanno un livello più basso. Adesso può giocare solo un sammarinese, rispetto a prima che erano tre, e tanti italiani che giocano in eccellenza, promozione etc vengono qui perché gli stipendi arrivano puntuali e ti permettono di lavorare il giorno. E questo non è poco nel mondo di oggi".
È corretto dire che Ricchiuti ha debuttato in Champions League ed Europa League con La Fiorita di San Marino?
“Con la La Fiorita ho vinto tutto con quella maglia e abbiamo fatto un percorso insieme molto belo. Posso dire che ho fatto il Triplete qui e ho giocato sia in Champions che in Europa League".
C’è un allenatore che più di altri le ha lasciato un’impronta, sia calcistica che di vita?
“A livello caratteriale Mihajlovic e Simeone mi hanno dato tanto ma la verità è che uno prova sempre a rubare qualcosa da tutti. Cerchi di fare il meglio possibile ma fare l’allenatore è difficile. Il risultato è sempre fondamentale perché ti permette di lavorare meglio anche quando magari non tutto funziona mentre se giochi bene e non vinci diventa complicato. Lavorare con 25 teste diverse e provarle a portare tutte dalla tua parte non è semplice, devi essere bravo a gestire quelli che non giocano. Sono tante le situazioni che devi valutare”.
Ricchiuti si trasferì in Italia anche per la vista anche per la crisi economica che c’era in Argentina: quanto è difficile per un ragazzo cambiare completamente vita a quell’età, 12 anni, quando aveva già iniziato a coltivare i propri sogni, sia calcistici che non…
“Cambi completamente vita, io poi sono arrivato in un paesino (Forano) di 2000 abitanti e venivo da una città. Le scelte della famiglia sono state fatte per il nostro bene e fai quello che ti dicono, sperando che vada tutto bene. Io ero in una fase della crescita in cui iniziava a capire le cose della vita e ho rinunciate alle amicizie, ai sogni e a tutto ciò che avevo lì perché speri che tutto possa essere diverso. Accetti perché capisci che può essere meglio per tutti ma non è sempre facile come tutti pensano”.